Attenzione mogli! Attenzione mamme! E si torna agli anni Sessanta

È firmata da McCann Worldgroup Italia la nuova campagna 4 Salti in Padella Findus, on air dal 2 ottobre.

Si rivolge alle mamme e mogli italiane, gridando loro, in generale, «Attenzione alla bontà», e in particolare queste tre cose: «Attenzione mogli! Volete uscire a cena? Non proponete mai a vostro marito questo piatto!»; «Attenzione mogli! Vostro marito a cena non dice una parola? Via questo piatto da tavola!»; «Attenzione mamme! Questo piatto trattiene i figli a casa oltre il compimento di 40 anni!». Con tanto di punti esclamativi, perché l’allarme sia più forte.

«È ironica e surreale», fanno sapere dall’agenzia. Ah.

Vediamo.

Ironica perché dice una cosa ma intende l’opposto. Cioè invita le mamme e mogli a non scongelare quei piatti e metterli in tavola, ma vuole invece invogliarle a farlo, tanta e tale è la bontà. Poiché fra i modi in cui funziona l’ironia c’è il capovolgimento, d’accordo, sì, è ironica.

Surreale non direi, non nel senso del surrealismo. Forse nel senso esteso in cui alcuni dicono «surreale» per significare «oltre il reale», «fuori dal reale». La campagna infatti è concepita e disegnata come quelle fra gli anni Cinquanta e Sessanta: font, colori, rappresentazione della donna nel ruolo di casalinga, moglie e mamma che cucina. Essendo fuori dall’oggi, è fuori dal reale.

Tranne che per un dettaglio: i figli a casa fino a 40 anni. Uhm.

Andiamo avanti.

L’ironia, se ben fatta, se la prende con un bersaglio di cui si ride assieme. E per capirla (e riderci su) dobbiamo cogliere e condividere il bersaglio che ha in mente chi la fa.

Ora, di chi vuole che ridiamo la campagna 4 Salti in Padella? Dei mariti che non parlano con le mogli e non le portano fuori? Delle mogli che subiscono la situazione? Dei bamboccioni a casa fino a 40 anni? Di tutti un po’? Uhm.

Dei bamboccioni di questi tempi c’è poco da ridere: restano a casa perché non lavorano e non possono permettersi di andarsene. Altro che 4 Salti in Padella.

Delle mogli che sopportano mariti musoni e pantofolai… mah. Ci sono? Quante sono? Dove? Ah già, non le devo cercare nell’oggi: è surreale.

O forse la campagna ride di un’Italia che nel 2011 è molto più simile agli anni Cinquanta-Sessanta di quanto ci saremmo immaginati? Di un’Italia che vorrebbe tornare agli anni del boom economico ma non può?

Insomma il bersaglio non è chiaro. E quando invece lo è, non c’è niente da ridere, casomai da arrabbiarsi: per il ruolo riservato a mogli, mariti, figli e compagnia bella.

Allora magari l’aggettivo giusto è: nostalgica. Per quell’impressione che ti coglie quando la vedi da lontano. Per quel richiamo alle mamme di una volta. La mamma è sempre la mamma, no?

Ma no, neppure questo va bene: di solito la nostalgia dipinge il passato come un rifugio rassicurante, mentre la campagna 4 Salti non lo fa. Non c’è niente di rassicurante in una mamma (e moglie) che scalda surgelati industriali invece di impastare tagliatelle con le mani.

Inquietante, ecco cos’è. E a tratti pure irritante. Povera Italia. Povera pubblicità.

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47 risposte a “Attenzione mogli! Attenzione mamme! E si torna agli anni Sessanta

  1. Quando vedo questo genere di pubblicità rimango innanzitutto perplesso. Ha senso puntare sulla bontà di un prodotto il cui principale pregio è la rapidità di preparazione? Perché queste pubblicità (come quella storica con i naufraghi che sognano di tornare a casa per mangiare la Simmenthal) mettono al centro dell’attenzione una qualità che notoriamente è falsa, risultando paradossali e assolutamente ridicole? Non sarebbe meglio dire qualcosa tipo “Donne (e uomini) che lavorate, se quando tornate a casa non avete tempo né voglia di cucinare, comprate 4 Salti in Padella (o scatolette di Simmenthal, o…) e in 2 minuti avrete il vostro pranzo/cena”? In fondo si tratta di prodotti che anche nei modi di dire e sentire comuni sono considerati una scorciatoia ad un buon pranzo, parlarne come di una bontà assoluta fa solo ridere (ecco l’unica ragione d’ilarità – certamente non voluta – che ci vedo: l’assoluta ridicolaggine).

  2. Mi sembra che l’abbia presa troppo sul letterale…
    Il messaggio è “sono talmente buone che i figli non vorranno rinunciare alla vostra cucina”, ma qui gioca su vari aspetti.
    Aspetto 1: la pubblicità è rivolta a single e persone in carriera, non alle donne/mamme casalinghe stile anni’50…qua sta l’aspetto “surreale”. La persona che non ha tempo pensa a quel prodotto, che non è affatto un prodotto di cucina casalinga per cui ci vuole tempo e impegno, e si vede paragonato alla cucina delle massaie italiane…quante volte si dice “eh, ma come cucina la mamma…”. E’un messaggio efficace. Si pensa “mangerò bene come se cucinasse mia mamma, invece cucino io un surgelato senza impegno.”.
    Aspetto 2: L’orgoglio della “massaia tipo” è solleticato dall’idea di un marito che preferisce la nostra cucina a quella di un ristorante, o dei figli che rimangono a casa per stare più vicino… non dico che sia un’idea positiva, dico che indubbiamente questo sentimento c’è, è presente nel target di cui stiamo parlando.
    Il messaggio qui è: non è necessario che torniate al servilismo anni ’50…prendete questo prodotto e sarete viste come voi vedevate le vostre mamme ai loro tempi…

    L’ironia invece gioca proprio sul messaggio “volete che i vostri figli vadano via di casa, o che vostro marito vi porti fuori a cena?”… non è una domanda da prendere seriamente! E’una battuta, penso di averla persino sentita varie volte, applicata al contesto quotidiano…
    <>…seguita da risate o sorrisi…solo che nella pubblicità la parte “dovrei smetterla di cucinare così bene” viene sostituita e quindi uguagliata a “dovrei smetterla di presentare i cibi Findus”.
    L’ironia c’è nella battuta originale, diffusissima tra le mamme dei bamboccioni, e nello straniamento di una sostituzione “insolita” tra cucina casalinga e surgelato…

    Il marketing dei surgelati è sempre pieno di questi accostamenti, in questa pubblicità anche l’accostamento con uno stile visuale e vocale anni ’50-60 è visivamente abbastanza efficace.

    PS: <>
    la donna sposata e con famiglia lamenta statisticamente due problemi: l’esser trascurata dal marito, e il peso della dipendenza dei figli. Direi che li hanno presi in pieno.
    La storia del bamboccione che resta a casa perchè non trova nessun lavoro è tutta da discutere, e quella delle donne che non sopportano i mariti pantofolai non l’ho capita…in questa pubblicità “non uscire a cena” è un esempio di trascuratezza coniugale, non va pensata in senso letterale o.O
    <> appunto…è un finto, fortissimo allarme…è ironico proprio per la finzione!

    Può non piacere, come tutto, ma l’analisi di cui sopra non mi ha convinto abbastanza…a meno che sia un’espressione di pensieri personali, legittima, mentre io l’ho fraintesa prendendola per analisi oggettiva.

  3. Qualche settimana fa l’ho vista in TV con mio marito. Io ho sbuffato per il solito clichè. Mio marito ha trovato all’inizio divertente la scena che riportava agli anni ’80 ma ha convenuto sul messaggio; i miei figli – ridendo – mi hanno suggerito di acquistare il prodotto surgelato se intendo sbarazzarmi di loro!
    🙂

  4. Prof. non poteva mancare un post su questa pubblicità, l’ho messa anche io qualche tempo fa sulla sua bacheca facebook proprio perchè mi aveva altamente irritato i nervi !:)

  5. ne abbiamo discusso su un gruppo facebook tempo fa 🙂 per come la vedo io sarebbe una pubblicita’ riuscitissima, per esempio, in UK, dove l’elemento surreale verrebbe colto, ma non in italia, non fino a quando l’assurdo che dovrebbe creare l’atmosfera surreale della situazione non viene messo bene a fuoco

  6. Sarei più indulgente, ma non sono una moglie e una mamma. 🙂
    Mi pare siano in gioco una serie di luoghi comuni, più o meno aderenti alla realtà.

    1. Cucinare spetta alle donne. Abbastanza realistico, ancora. Nonostante non pochi mariti cucinino, il luogo comune resta però forte. Infatti questa pubblicità suonerebbe ben più “surreale” se dicesse: «Attenzione mariti! Volete uscire a cena? Non proponete mai a vostra moglie questo piatto!»; «Attenzione mariti! Vostra moglie a cena non dice una parola? Via questo piatto da tavola!»; «Attenzione padri! Questo piatto trattiene i figli a casa oltre il compimento di 40 anni!» A me, che in famiglia cucino abbastanza, farebbe sorridere.
    A parte il fatto che moglie e figli i Quattro salti in padella me li tirerebbero dietro. 🙂

    2. I mariti sono molto presi dalla buona cucina delle mogli. Forse ormai poco realistico, almeno per i non anziani. In questo senso “surreale”?

    3. I figli amano la buona cucina delle mamme. Abbastanza realistico, per chi ha mamme brave in cucina. Però è esagerato (“surreale”?) che restino in casa fino a 40 anni per questo.

    Si può intendere, dalla grafica anni ’50 e dall’esagerazione dei claim, che questa pubblicità prenda un po’ le distanze da questi luoghi comuni. Ci gioca, ambiguamente.
    Gioco e capovolgimento ironico possono far sorridere. Magari non tanto le donne che patiscono ancora gli svantaggi del punto 1.

  7. Giovanna, la campagna non piace nemmeno a me. Solo un appunto: un conto è “surreale” (evocare immagini fantastiche oltre il reale, che è la corretta accezione), un conto è “surrealista” (inerente il surrealismo).

  8. Quando cito tra virgolette così<< e poi le chiudo, worpress mi cancella il testo credo… mi dispiace, per colpa di questo, il mio commento è perde molto senso 😦

  9. Io l’ho subito archiviata come la solita campagna pubblicitaria italiana, solo estetica, bella grafica, belle immagini, possiamo attaccarle il messaggio che vogliamo tanto a chi importa. A mio giudizio questo genere di pubblicità è indirizzato ad un pubblico attento solo all’aspetto formale e non al contenuto del messaggio. Ma questo è un prodotto di grande distribuzione? Non essendo un prodotto di prima necessità, risponde alle stesse regole della moda?

  10. Trovo interessante riflettere anche sul target in relazione ai principali consumatori del prodotto. Lo stereotipo adottato dalla campagna non aderisce in alcuna misura con i mangiatori di surgelati findus. Mi sembra (esperienza insegna) che non siano le “mamme tradizionali” ad acquistare 4 salti in padella. Quelle casalinghe che subiscono la situazione (per citare il post della prof.) preferiscono (e hanno anche il tempo per) cucinare invece che riscaldare. A chi si rivolge il prodotto 4salti in padella allora? Il dinamismo e il riferimento al dance floor evocato dal brand ci suggeriscono già qualcosa:
    1) Le mamme lavoratrici che non hanno evidentemente il tempo necessario per badare ai fornelli (e quindi presumibilmente non subiscono la situazione) e
    2) proprio quei giovani 30enni/40enni, bamboccioni appena svezzati, che non sono ancora pronti per un’indipendenza alimentare. Tali mezzi-bamboccioni quando possono vanno a casa a gustare specialità fatte in casa, altro che surgelati!
    Da queste premesse, forse l’azienda ha proprio intenzione di far breccia sulle casalinghe tradizionali, ancora non fidelizzate (e spesso scettiche) nei confronti del fast-food fatto in casa. E va da sè che l’atmosfera e lo stile della campagna risveglino un mondo totalmente anacronistico. Quello che è certo è che c’è un paradosso di fondo. Vendere un prodotto del contemporaneo camuffandolo della genuinità di una volta. F
    unzionerà?

  11. condivido ogni parola del post

  12. comunque lo spot l’ha scritto una donna.

  13. Ambigui i sentimenti che mi stimola questa campagna, come ambiguo il senso degli spot.

    Innanzitutto, questa donna quanto è moglie-madre antica?
    Da un lato c’è la rappresentazione di madre devota, che aspetta il marito e serve in tavola, la tipica figura della donna che dedicava le proprie energie alla vita familiare. Dall’altro però l’uso di un piatto surgelato, pronto in 5 minuti, che non le ruba tempo.
    E’ quindi donna moderna che si nasconde dietro lo stereotipo della brava donna di casa?

    Questo spot una cosa la dimostra: non credo che l’Italia sia ancora pronta per emanciparsi, e neppure le italiane. Quando parlo con amiche e parenti, mi senso dire che sono troppo estremista perché pretendo una parità casalinga.

    Questo spot mi suggerisce due idee
    1. nella nostra povera Italia l’unico modo (illusorio) per emanciparsi è continuare a vivere come regine del focolare, ma con scorciatoie che ci alleggeriscono la vita
    2. le donne moderne sono proprio decadute rispetto alle mogli devote del passato. Findus è chiaro: noi per emulare i tempi d’oro possiamo solo usare aiuti surgelati.
    Sì, insomma, nemmeno in cucina abbiamo mantenuto noi la competenza (va be’, prima di Findus ce l’avevano già fatto ampiamente capire Vissani e tutta la combriccola di eccelsi cuochi uomini)

  14. plus1gmt: scusa, ma sulla lingua italiana…ehm. Devoto-Oli: Surreale; agg. = «che evoca e registra le sensazioni del subcosciente al di fuori di ogni controllo esercitato dalla ragione, fuori di ogni preoccupazione estetica o morale». Questo significato, per quanto semplificato, ha origine proprio nel surrealismo. «Surrealista» si riferisce invece alla corrente di pensiero: manifesto surrealista (e non surreale), filosofia surrealista (e non surreale). Mi spiego? 🙂

    Ultima vestale: se invece di usare le parentesi uncinate usassi le doppie virgolette non avresti nessun problema. Le doppie virgolette basse non sono sulla tastiera: le devi inserire come simboli o ricavarle da una combinazione di tasti, che dipende dal computer che hai (Mac o Pc).

    Inoltre esordisci «Mi sembra che l’abbia presa troppo sul letterale…». Se permetti ho interpretato l’ironia della campagna, dunque non ho preso proprio un bel nulla «sul letterale».

    Dici: «la pubblicità è rivolta a single e persone in carriera, non alle donne/mamme casalinghe stile anni’50» Che ne sai? Hai consultato l’agenzia e l’azienda? Conosci le loro indagini di mercato? No. Lo dai per scontato così, a naso, i base ad alcuni tuoi pregiudizi sui 4 Salti in padella? Leggi piuttosto cosa dice Sara sul target, che è un’osservazione interessante.

    Dici: «L’orgoglio della “massaia tipo” è solleticato dall’idea di un marito che preferisce la nostra cucina a quella di un ristorante, o dei figli che rimangono a casa per stare più vicino… non dico che sia un’idea positiva, dico che indubbiamente questo sentimento c’è, è presente nel target di cui stiamo parlando.»

    È ben questo il punto critico: che si faccia ancora leva, nel 2011, su questa idea vecchia come il cucco (che tu stessa «non dici che sia positiva») delle relazioni uomo-donna, anche se vi si costruisce sopra una campagna ironica. Ironia che fra l’altro, dati i numerosi problemi che le donne italiane hanno (disoccupazione, marginalizzazione nella politica e nei ruoli di potere, stipendi più bassi degli uomini, ecc.), mi pare anche di dubbio gusto.

    Mi spiego: se un tuo amico avesse una malattia grave, tu ci faresti dell’ironia? Non credo. Ecco, le donne italiane oggi è come se avessero una malattia grave, per ragioni che abbiamo mille volte discusso su questo blog. Non ti sei accorta di questi problemi? fa’ una ricerca sul blog usando la parola chiave “gender studies” nella casellina del motore di ricerca. Quando le donne italiane staranno meglio, allora la pubblicità ci potrà fare sopra un sacco di fantastica ironia senza che io abbia nulla da ridire.

    Dici: «la donna sposata e con famiglia lamenta statisticamente due problemi: l’esser trascurata dal marito, e il peso della dipendenza dei figli. Direi che li hanno presi in pieno.» Potresti darci in dettaglio i dati statistici a cui fai riferimento? È un campione rappresentativo della popolazione italiana? Con quale metodologia è stato interrogato?

    Per il resto ti contraddici almeno tre volte, ma non voglio infierire. Semplicemente, la prossima volta, evita di «spiegare le battute» a chicchessia, specie se sei tu a fare molta confusione.

    Per capire la complessa figura retorica dell’ironia, ti suggerisco di studiare – come minimo – il libro di Marina Mizzau L’ironia, Feltrinelli, 1984. Non è ristampato, dunque lo trovi in biblioteca. Va letto attentamente, ma è un libro agile, di circa 150 pagine.

    Dopo di che, sono disposta a riparlarne – seriamente – quando vuoi.

    A spermicida: so bene che fra chi ha realizzato la campagna c’è una donna. Ma la mia opinione non cambia.

  15. ups…è meglio se mi pongo in maniera più chiara, perchè capisco tutte le obiezioni da lei fatte.

    Non mi permetterei mai di presentare il mio commento come saggio universitario – ma a dir la verità nemmeno come temino delle medie…
    mi rendo conto che questo blog non è esattamente un blog di sfoghi impulsivi come tanti (qual è stato il mio), ma vuole essere una piattaforma di analisi serie, a cui la mia non si può minimamente accostare.

    Ho solo cercato di esprimere la mia “percezione” della campagna, in quanto parte del pubblico tartassato da quella pubblicità!

    Ho letto con interesse il suo intervento, ma nel leggerlo ho notato come non coincidesse con la mia percezione. (il che non dovrebbe sorprendermi, io sono parte del target medio, lei è una prof di semiotica, comunicazione, marketing…tuttavia volevo intervenire proprio per questa differenza! …per dare il mio punto di vista di lettore/telespettatore donna medio e inconsapevole!)

    Pur essendomi scelta una delle professioni in cui il maschilismo è più feroce e l’unico modo per far carriera, fino a poco fa, era sposare il collega “giusto” o scegliere determinati ambiti considerati femminili, forse grazie a un forte cambiamento che potenzialmente potrebbe avvenire in termini di potere femminile nell’ambiente in cui mi muovo, non sento la marginalizzazione sociale (che subirei io, quindi parlo sempre di percezione personale) come un problema inaffrontabile…
    Quindi, forse, la mia percezione è deformata da questo…

    L’aspetto offensivo della dignità della donna della campagna (non avevo capito, dall’intervento originario, ch’era questo il punto più caldo) non mi ha colpito. Pur dovendo combattere per non essere relegata a soprammobile nella vita lavorativa, pur terrorizzata dalla tendenza degli uomini di vedere le donne cui sono sentilmentalmente legati come “le (future) madri ed educatrici dei miei figli”, pur sconvolta dall’immagine femminile mostrata dai media…a me questa pubblicità non ha comunicato nulla di minaccioso…

    “se un tuo amico avesse una malattia grave, tu ci faresti dell’ironia? Non credo. Ecco, le donne italiane oggi è come se avessero una malattia grave” Che lei ci creda o no, questo commento mi ha fatto riflettere.
    La mia migliore amica ha una malattia gravissima, che le ha sconvolto la vita, per la quale è viva solo grazie a un farmaco che deve prendere quotidianamente, senza la quale morirebbe in poche settimane.
    I primi anni, guai a parlarne. Poi pian piano lei ha scoperto come farvi fronte al meglio. Con gli anni, ha superato il turbamento e non si è più sentita diversa e inferiore. Incredibilmente, ci scherziamo tantissimo. La prima a farlo è lei, la mia “amica con una malattia grave”.
    Mi è venuto spontaneo il parallelismo. Visto che quella pubblicità ha avuto impatto diverso su di noi, pur essendo io e lei entrambe donne (ehm, anche se con culture molto diverse, chiedo venia, e sempre supponendo che io sia consapevole della condizione sociale della donna in Italia, cosa che lei ha diritto di mettere in dubbio), potrebbe essere che io non percepisca i messaggi come quello findus come una minaccia per le donne della mia generazione perchè ho trovato un modo per superare quel genere di minacce nel mio ambiente, così come ha fatto la mia amica, per rimanere sulla metafora da lei usata…ma è un’ipotesi un po’fantasiosa che sto scrivendo di getto, non so come sia il mio stile comunicativo, ma a dispetto di esso, non voglio spiegare grandi verità a nessuno!!!

    “Per il resto ti contraddici almeno tre volte, ma non voglio infierire. Semplicemente, la prossima volta, evita di «spiegare le battute» a chicchessia, specie se sei tu a fare molta confusione.”
    Fa bene a non infierire, non ne vale la pena…anzi, al massimo a me fa piacere se mi spiega dove ho torto! Quando dico che il suo articolo non mi ha convinto, non è una critica, anzi, vuol essere più un invito a spiegarmi ulteriormente il suo punto di vista!

    Ho letto l’intervento di Sara, e, se l’ho capito, ha espresso con parole molto più adeguate quello che pensavo io…ma se lei me lo fa notare così, forse non l’ho proprio capito, o forse sono io che ho espresso malissimo il mio pensiero nel primo intervento.

    Ah, e la spiegazione sull’origine del termine surreale non la conoscevo, grazie 🙂 L’ho sempre usata come viene descritto qua http://it.wikipedia.org/wiki/Umorismo#Umorismo_surreale (sto citando wikipedia, questo sì che è un clichè) 🙂

    Il prenderla un po’ troppo sul letterale era riferito a quella che continuo ancora a ritenere una battuta: «Attenzione mamme! Questo piatto trattiene i figli a casa oltre il compimento di 40 anni!» che a me fa sorridere, SE vuole imitare le battute che ho sentito fare da alcune mamme tipo “ah, è che cucino troppo bene, dovrei cominciare a cucinargli cose immangiabili, vedrai così come si dà da fare…!”.
    Non so analizzare le forme dell’ironia, spero solo che le mie impressioni grezze siano almeno sensate.

    Questo è davvero il massimo dell’appronfondimento a cui posso arrivare, se secondo lei non è il caso che intervenga più perchè per la superficialità sono equiparabile a spam, la accontenterò senza remore! 🙂

    Buonanotte!

  16. Ultima vestale tranquilla: ci siamo capite. Intervenga pure quando le fa piacere. Comunque io imparo sempre dai lettori di questo blog. E anche nel suo caso ho imparato qualcosa.

    Una sola cosa, sul parallelo con la malattia grave.

    Lei dice: «potrebbe essere che io non percepisca i messaggi come quello findus come una minaccia per le donne della mia generazione perchè ho trovato un modo per superare quel genere di minacce nel mio ambiente, così come ha fatto la mia amica, per rimanere sulla metafora da lei usata…».

    Non direi proprio che si tratti di un «superamento». Piuttosto le propongo questa interpretazione: lei è semplicemente abituata a quei cliché, come la sua amica si è abituata alla sua malattia. Ma lei si permette di scherzare sulla malattia solo perché ha constatato che è la sua amica per prima a scherzarci sopra. Il che non risolve la malattia, ma la aiuta ad affrontarla meglio.

    Nel caso dei problemi delle donne italiane, scherzarci sopra non aiuta ad affrontarli meglio perché:

    (1) molte non li notano nemmeno, come lei stessa prima di leggere questo post;
    (2) se non sei consapevole di ciò su cui scherzi, i cliché servono solo a rafforzare l’idea che tutto vada bene così, a darlo per scontato;
    (3) se invece ne sei consapevole e non hai voglia di scherzarci sopra, perché vedi che tutti non ci fanno caso e le cose anche per questo non cambiano, ma ti rendi conto che c’è un manipolo di insipienti che ci scherzano senza capire nemmeno le ragioni per cui sarebbe meglio evitarlo, be’, questa cosa ti fa solo imbestialire.

    E torniamo alla similitudine con la malattia grave: se la sua amica non fosse lei per prima ad aver accettato di scherzare sulla malattia, lei non si permetterebbe mai di farlo, giusto? Se vedesse che scherzarci sopra la fa soffrire, men che meno, giusto?

    Ebbene, è da almeno quattro anni che le donne italiane stanno gridando al mondo (proteste in rete, denunce allo Iap, manifestazioni Se non ora quando, e mille altre iniziative) che non ne possono più di questi scherzetti, come non ne possono più di una «normalità» in cui non lavorano, se lavorano prendono meno degli uomini loro pari, non accedono a posti di potere, non… un sacco di altre cose. Ma buona parte della pubblicità continua imperterrita a proporre cliché stracotti senza minimamente rendersi conto che l’aria è cambiata. E allora?

  17. Meno pippe mentali.

  18. Questa pubblicità è completamente sbagliata sotto tutti gli aspetti, frutto di pubblicitari assolutamente ignoranti a livello tecnico-creativo.
    Inoltre si fonda su principi cultural-ideologici perturbanti.
    Sono totalmente d’accordo con Giovanna Cosenza, al riguardo.

  19. Io però credo che funzionerà. Eccome
    In Italia, le donne continuano a essere quelle che cucinano, anche quando lavorano e sono molto in carriera, non saranno tutte – la mia esperienza non farà statistica: ma io sono figlia di una alta dirigente pubblica, che ci aveva tutte amiche alte dirigenti pubbliche, e ahò cucinavano. Io e mia sorella e le nostre amiche, non dirigenti eh:) ma si lavora tutte, se cucina uguale. A prescindere dal piacere – si a me piace moltissimo e per me i salti in padella sono vicini a satana – a tutte le donne ammogliate e mamme o anche conviventi, cucinare piace perchè permette loro di mantenere un contatto con il vecchio ruolo anche sganciandosi e andando altrove e lavorando. Salvano capre e cavoli. E quando non hanno il tempo di cucinare e fanno cose non gustose, si sentono irrimediabilmente in colpa. Per una madre sana giovanna, dover lavorare e vedere i figli piccoli solo alle sette di sera è un problema sospetto persino auspicabile. Compensa coilli manicaretti. Quindi la pubblicità funziona perchè sono queste le donne che ne ridono, sono loro il target sono loro che vanno a fare la spesa, e che sentono che qualcuno ha toccato un nervo scoperto.
    Sul tema del cibo, progresso e mercato – forse possono entrare in una confliuttualità. Fai na bella pubblicità progressista, ma allo stato attuale delle cose avbrà pure il lodevole scopo di promuovere una modificazione dei costumi, ma il committente teme che se vende de meno. Non sono in grado di capire se ha ragione o ha torto, ma non credo che sia corretto liquidare come stupido il suo timore.

  20. A prescindere dalla pubblicità che sia giusta o sbagliata, come abbiamo avuto modo di leggere dai vari commenti, (e desidero solo sottolineare che per me sia assolutamente errata), vorrei se mi è concesso spostare l’attenzione su due argomenti correlati.

    Il primo è: sarebbe interessante analizzare non tanto la pubblicità, quanto i risultati in termini di vendita che questa porterà a Findus. Ed è su questo aspetto che penso ci sarà molto più da riflettere, perché in base a come è stato recepito il messaggio pubblicitario che si avrà l’effettiva risposta se la campagna sia stata con-vincente o meno.
    Ma sono proprio i risultati che mi terrorizzano… perché, se Findus avrà incrementato le vendite di “sti benedetti surgelati”, solo allora sarà bene fare delle SERIE considerazioni sullo status della donna in Italia. Non credete?

    Secondo: personalmente penso che lo status della donna sia molto dovuto anche alla donna stessa, o a quella una gran parte di donne che vivono “piacevolmente” la loro condizione perché si vedono realizzate nel ruolo di donna-mamma-moglie (e ce ne sono davvero tante)!
    O, peggio, da molte donne che pur andando contro certi stereotipi, di fatto fanno ben poco per cambiare la situazione. E qui mi spiego.

    Io sono una donna che lavora, sono mamma di un figlio meraviglioso e ho un marito altrettanto meraviglioso. Le mie amiche sono letteralmente invidiose. Mio marito è di origine calabrese, in famiglia erano 5: una sola donna e 4 maschi. Mio marito, in casa, fa praticamente tutto, di sua spontanea volontà (e ammetto anche che è decisamente più bravo di me nelle faccende domestiche, nel cucinare e tutto il resto). Suo padre e sua madre hanno tirato su una famiglia nell’ottica: “siamo una famiglia, appunto, per cui tutti dobbiamo contribuire; vostra madre è vostra madre, non la vostra serva!”
    Sante parole. C’era il rispetto umano.
    Così anche io e mio marito, educhiamo nostro figlio in quest’ottica. Anche dai piccoli gesti quotidiani come chiudere sempre l’asse, tirare lo sciacquone, non schizzare…. ahahah, piccole faccende domestiche; fino a cose più serie come rispettare le donne, mai violenza, ecc… mio figlio ha solo 11 anni, ma sono sicura che crescerà e prenderà sempre più coscienza di questo.
    Nel mio piccolo, quindi, faccio, agisco, penso, in modo coerente.

    Ma sapendo che, proprio per gli stereotipi propinatici, sia quasi sempre la donna ad educare i figli, ci ritroviamo con troppe le donne che, pur lamentandosi, siano poi le prime a “predicare bene e a razzolare male”.
    Donne che con il loro marito, e ancor peggio con i loro figli maschi, si mettono al loro servizio! Ed è questo che, sinceramente, mi fa rabbia.
    Perché siamo donne contro donne.
    Non siamo tutte uguali e non tutte la pensano come noi; sono ancora molte quelle contente di essere mamme, donne casalinghe, mogliettine perfette…
    Iniziamo noi mamme, voi insegnanti e chiunque abbia a che fare con i bambini e ragazzi a seminare i giusti valori, non solo a parole ma anche nei fatti.
    Contribuiamo tutti per un futuro davvero migliore.

  21. Giovanna, intendevo proprio quello, probabilmente ho equivocato quello che sostenevi tu 🙂

  22. zauberei: è qui, scusate, l’aspetto, x me, triste della situazione!
    Un conto è cucinare per piacere, per hobby; un conto, invece, cucinare per dovere “cucinare piace perchè permette loro di mantenere un contatto con il vecchio ruolo”, o cucinare per “amore” “Compensa coilli manicaretti”!!

    Ma santa polenta! Non è così che si compensa… e poi ci lamentiamo che in famiglia non c’è dialogo;! è certo, che se il padre rincasa alla buon’ora e la madre è sempre affaccendata in manicaretti, dove sta il dialogo genitori-figli, marito-moglie? scusate ma non è così che si cresce un “sano” futuro.
    E mi vien voglia di dire quasi: brava Findus, finalmente una pubblicità come si deve! Così io che desidero che i ragazzi facciano presto la loro vita fuori di casa, non acquisterò i tuoi prodotti surgelati che, cmq, mi chiudono in casa.
    Mio figlio mi ha chiesto se quella pubblicità è fatta, invece, per i ristoranti e le pizzerie 😉

  23. Che non debba essere così consolata è affermazione temo di cui ai pubblicitari non importi una sega, e se lo dici alle madri men che mai. Non è una cosa che si liquida in questo modo. Dar da mangiare ha per molte una simbolica potente, che ha anche a che fare con l’allattamento etc,non te la cavi in du balletti de oh tempora oh mores.

  24. Io sicuramente non sono il target della pubblicità, dato che a me piace cucinare e ho la fortuna di avere tempo per farlo (non ne serve così tanto, poi, se lo si sa fare).
    Però, quando ho visto la pubblicità dedicata alle “mamme”, la prima cosa che mi ha colpito è la sua illogicità. Pubblicizzi un prodotto il cui punto di forza dovrebbe essere la facilità di preparazione, e poi descrivi una situaizone in cui i figli restano dalla mamma perché non sono capaci di prepararlo da soli?! Che senso ha?
    Io avrei fatto esattamente il contrario, avrei fatto una pubblicità in cui finalmente il figlio va a vivere da solo, perché tanto con i surgelati può avere anche a casa propria la cucina della mamma (che sarebbe altrettanto falsa, ma almeno andrebbe secondo la logica del prodotto).
    Questo al di là delle considerazioni sul sessismo, peraltro più che giustificate.

  25. Giovanna Cosenza, “inquietante” e “irritante” sono concetti soggettivi; la parolina magica è “reazionaria”. Dovresti imparare a usarla un po’ di più 🙂

  26. Nel nostro contesto questa pubblicità è offensiva e sessista 😦 perchè l’italia è un paese vergognosamente maschilista e il messaggio è pericoloso.

  27. Ho provato a considerare attentamente i pareri di chi apprezza questa pubblicità, per capire se la mia era stata soltanto una reazione emotiva legata all’impegno contro il sessismo e la diffusione degli stereotipi. Ho lasciato sedimentare la reazione iniziale di rabbia e fastidio per quel vedere le donne (sentirmi come donna) associate ai ruoli tradizionali: mogli! Mamme! La violenza che ci ho sentito all’inizio, però, mi si è solo confermata.
    Quel che è cambiato è la riflessione sul target. Ho pensato al paradosso del messaggio, e mi sono detta che si perde come tale se il target sono dei single, soprattutto, forse, uomini, ma non solo. Quel che non si perde è il giocare con lo stereotipo, che è ancor più fastidioso se penso che stiano cavalcando l’onda delle proteste delle donne (un po’ come Toscani, anche se a un livello diverso): sarebbe stata notata allo stesso modo questa pubblicità qualche anno fa? Non credo. Oggi invece fa discutere noi qui, e si fa notare grazie a un’aumentata consapevolezza della questione di genere. Ma come sfrutta l’attualità del tema, questa pubblicità? Mettendo lo stereotipo in dubbio? Neanche per sogno, rafforzandolo semmai. Perché chi compra il prodotto lo vorrebbe come fatto dalla mamma o dalla moglie, mica si sogna di pensare che in fondo cucinare può essere un piacere anche per un padre, un marito, una o un single. No, la cucina è e sarà sempre, in questo paese, il regno della moglie e della mamma. Delle donne che faticano a trovare un lavoro, che non hanno servizi che le sostengono se vogliono dire un doppio sì, che non vedono traccia di sostegno politico alla famiglia. Trovo l’ironia di questa pubblicità una presa in giro alle donne, nella consapevolezza che, con il sessismo e la misoginia in circolazione, clienti, purtroppo, ce ne saranno, anche se io mi auguro davvero sempre di meno.

  28. Scusa il doppio post, pensiero aggiuntivo. Anche nel caso delle donne con famiglia come target, il messaggio mi sembra discutibile – per come lo leggo io, chiaro: meglio adattarsi a ricoprire il ruolo con uno stratagemma che lo renda più tollerabile (l’acquisto di un piatto pronto), piuttosto che lottare per qualche cambiamento sostanziale.

  29. La mia omonima ha perfettamente espresso il fastidio che ho provato io nel vedere ingabbiata la figura femminile negli unici due ruoli a quanto pare accettabili per lei: moglie o madre. E chi non è né moglie né madre ma magari semplicemente single oppure – a maggior ragione – si occupa di qualcuno pur non essendone né la moglie né la madre né la compagna, cosa diventa? Paria? Questa pubblicità suggerisce di sì. Non fossi così salutista e avessi avuto la fregola di provarli, i piatti pronti, questa pubblicità me li ha mandati di traverso del tutto.

  30. al di là del fastidio (soggettivo) va fatto notare che ce ne sono un fottio di pubblicità in cui il ruolo della donna è costretto nell’ambito casalingo in maniera più o meno vincolante e reazionaria. qui il lato deleterio è da individuare nel richiamo agli anni sessanta/settanta, arredamento della cucina e aspetto della cuoca/casalinga/madre, ma anche cinquanta, il padre anziano, poi il passato ridicolizzato che s’innesta in un presente artificiale, tutto ciò e altro crea la pozione mortale: al vecchio stereotipo si da una spolveratina aggiungendo il nuovo: la sciura ad esempio ha sempre la bocca spalancata come se il godimento dello spadellare fosse pari a quello di una scopata; le scritte “attenzione mamme!” fanno molto ventennio fascista; insomma è un concentrato di orrore al quale mi viene da rispondere con questo (Griffin):

  31. Sì, Luz, d’accordo, e il paradosso per me è di dare l’illusione di uscire da una prigione, da una gabbia, mentre si invita in realtà a restarci, e a godersela pure! La rappresentazione della donna è terrificante nello spot televisivo, una strega/schiava radiosa della peggior specie. Istigazione alla (auto)misoginia femminile?
    PS Ho fatto una piccola indagine: l’hanno notata molte donne che conosco, non è piaciuta a nessuna.

  32. giacinto scelsi (fake)

    @ giovanna, io avrei dei seri dubbi, seguo questo blog e ho letto anche più volte alcuni commenti prima di commentare a mia volta.

    Il primo dubbio riguarda l’idea stessa che si ha della pubblicità e dei suoi effetti. Dai commenti pare che si pensi che esista una massa di ipnotizzati. Chiedersi se la pubblicità funzionerà che significa?
    Intanto, quand’anche le vendite di questo prodotto saranno buone, non c’è possibilità di sapere quanto sarà merito dello spot, in ogni senso. Poi: davvero qualcuno si immagina una persona che vede lo spot e compra il prodotto? I surgelati hanno sempre funzionato per la praticità, ma se riescono anche a convincere per il gusto buon per loro; la pubblicità serve solo a mantenere l’attenzione ( ehi gente, ci siamo! ). La gente poi il prodotto lo mangia, se non è buono e non fa al caso non lo ricompra.

    Sulla pubblicità: come primo livello è rivolta alle casalinghe ( ce ne sono di due tipi: quelle che lavorano solo a casa e quelle che lavorano anche fuori ), ma potenzialmente a chiunque. L’ironia si esaurisce nel messaggio, non sta ironizzando sulle donne, ma sul prodotto. Anch’io la trovo irritante, ma è da un punto di vista filmico, come è irritante l’arrotino, come è irritante la pubblicità. Gli spot non irritanti sono quelli che si mascherano da non spot e ci riescono.

  33. Oh! Mio Dio! Perché non mi ha avvertito nessuno! (stewe griffin qua sopra).

  34. Oh, santo Dio. Hanno ammazzato il post-modernismo e non me l’ha detto nessuno?
    Perchè mentre trovo la campagna incredibilmente moderna, sono le reazioni qui che trovo “reazionarie” e terribilmente datate. Mamma mia.

  35. Diciamo che l’attaccarsi a motivi così futili e (devo dire) abbastanza ricercati mi fa sorridere. Con tanti di quei problemi reali di cui ci si dovrebbe preoccupare (come la situazione economica,sociale e politica dell’italia) ci si perde sempre in “quisquilie”. Son d’accordo che molte pubblicità nascondono messaggi subliminali di qualunque genere. Posso capire l’indignazione quando ci viene presentata la pubblicità della saratoga x esempio (dove per sponsorizzare una silicone impermeabile hanno fatto ricorso all’incipit di un film soft-porno), ma giungere alla conclusione che la pubblicità dei 4 salti in padella possa essere sessista o proporre messaggi del tipo “donne dovete stare a casa a cucinare ai vostri mariti che quando tornano dal lavoro non vogliono manco guardarvi in faccia” oppure “avete 40 anni e state a casa con vostra madre che vi cucina perchè non siete in grado manco di cambiare una lampadina” è davvero squallida. Voglio dire, smettetela di credere di combattere campagne femministe contro il maschilismo moderno. Vivo nel mondo della pubblicità,dell’informazione e del marketing da tempo ormai,ne conosco abbastanza bene i trucchi.Non credo ci sia bisogno di fare tutta questa caciara. Neanche si stesse parlando della pubblicità di Oliviero Toscani dove si vede un culo con dei jeans sopra e la scritta “chi mi ama mi segua”. Suvvia, siamo seri per piacere. E cerchiamo di fare più attenzione ai problemi reali, di guardare meno tv e di farsi meno pippe mentali.
    N.B. Mi sono preso la premura di guardare la tv solo x avere il piacere di vedere questo scandaloso “advertisement”. Ho sorriso, e ancor più ho sorriso quando mi è stato proposto questo topic. Il presidente del consiglio va a puttane, istiga alla prostituzione minorile, è indagato per vari reati; l’Italia è presa per il culo in ogni parte del mondo, noi ragazzi facciamo fatica a trovare una collocazione lavorativa in questo paese sempre più allo sbando e voi vi inventate l’ago nel pagliaio per dire che lo stile anni sessanta (con locandina, abiti di scena e speaker) della pubblicità della findus è surreale e ironica ma in senso lato. Ma per piacere…

  36. Gentile Livio Basoli, suvvia non disperi: per fortuna è rimasto lei, assieme a questa campagna, a essere «incredibilmente moderno» e «post-modernista». Mamma mia, mica poco!

  37. Gentile Mado86: grazie per averci dato uno splendido saggio di «benaltrismo», che è l’atteggiamento di chi, di fronte a qualunque riflessione, sostiene che si tratti sempre di quisquilie, visto che i problemi del mondo sono «ben altri».

    In ogni caso, la rassicuro: su questo blog trattiamo tutti i giorni anche «ben altri» problemi (politica, crisi, piazze, precariato, uh, quanta roba!). Se ne ha voglia, può darci un’occhiata. Se non ne ha voglia, non lo faccia, però non dica che di «ben altro» non ci occupiamo.

    Quanto alla «caciara» mi sembra che nel suo solo commento ce ne sia una buona dose. Se proprio riteneva che «non si dovesse fare caciara» su questa campagna, poteva astenersi dal commentare. Come lei sa, visto che conosce tutti i trucchi, una volta che ci si infila dentro una caciara, si contribuisce ad alimentarla e dunque il giochetto di dire che «non bisognava farla», «non ne valeva la pena» non si può più giocare. Bisogna giocarne un altro.

    Grazie per essere passato: un rappresentante del benaltrismo – che per giunta «vive da tempo nel mondo della pubblicità, del marketing e dell’informazione» – in effetti stavolta ci mancava. 🙂

  38. Non capisco solo una cosa: perché per fare un qualsiasi commento (spesso quando questo esprime un pensiero contrario), ci si debba sempre infilare una raffica di parolacce… come come dire: non so cosa scrivere, riempio con le parolacce.
    Penso che per esprimere la propria opinione, giusta o errata che sia; positiva o negativa che sia, basti sapersi esprimere correttamente…. la lingua italiana pullula di verbi, aggettivi, sinonimi e contrari che arricchiscono i nostri pensieri. Mi vien da pensare che sotto sotto, il discorso sia vuoto di idee e si parli per frasi fatte 😉

  39. Eh, Giovanna, interessante il livore e la concitazione che solleva l’occuparsi di certe quisquilie… si vede che davvero in Italia la “mamma” non si tocca.

  40. Ammetto la mia ignoranza in quanto non conoscevo il termine “benaltrismo” e soprattutto ammetto di aver capito che non ho capito un’acca di questo topic perché, rileggendo il tutto, mi resta un vuoto logico nel vostro ragionamento. E siccome che ho usato tante di quelle parolacce che magari finirò nel girone dei violenti all’inferno (o forse in quello degli eretici se mi si accusasse anche di blasfemia), credete sia corretto riportare un peccatore sulla retta via cercando di “meglio esplicare” il vostro punto di vista che, da comunicatore e amante dei linguaggi in generale, sembra (a quanto lor signore sostengono) mi lascia ancora perplesso?

    Quoto:”Non capisco solo una cosa: perché per fare un qualsiasi commento (spesso quando questo esprime un pensiero contrario), ci si debba sempre infilare una raffica di parolacce… come come dire: non so cosa scrivere, riempio con le parolacce.”

    Io sarò anche stato scurrile, non posso negarlo, ma mi piacerebbe tanto sapere se lei, signora Consolata, è sempre così diligente dal non pronunciare mai tali amenità. Se io soffro di “benaltrismo” (che sembra più un termine Orwelliano se me lo concedono, come in 1984) voi soffrite di “perbenismo” (che, scusatemi, non credo sia poi tanto meglio).

    D’altronde, per quanta “concitazione” abbia suscitato in me questo argomento,vorrei capire meglio cos’ha questo spot che vi irrita così tanto, perché ancora non mi è ben chiaro. Forse perché non sono un bamboccione di 40 anni? O forse perché affrontando quest’oggi l’argomento con altre donne di generazioni diverse (per cercare di capire che cosa è stato detto di così cattivo da questo cavolo di spot) non sembra aver colpito così profondamente il loro orgoglio? Fatto sta, che dal basso della mia ignoranza e dal basso dei miei 25 anni, forse mi rendo conto che certe cose meritano più indifferenza, che non discussione. Perché la discussione porta ad una conclusione, di solito, in cui le parti cercano di venirsi incontro, mentre l’indifferenza lascia credere alla presunzione di essere nella ragione e ai poveri babbioni come me (ops, scusatemi per la volgarità) di continuare a perseverare nell’ignoranza…

  41. Mado86, la tua posizione è ideologicamente confusa: mi citi la storica immagine primi anni Settanta di Toscani che se vogliamo si pone come provocazione alla Chiesa e alla società perbenista e sessuofobica che in quegli anni si stava tentando di colpire a favore di un processo di liberazione sessuale (ovviamente il processo s’è interrotto durante gli anni ottanta, ma questa è un’altra storia)? In altre parole tu intervieni criticando un atteggiamento analitico che nulla ha di “reattivo” (perché al Sig. Basoli qualcun altro dovrebbe spiegare che dove c’è analisi non c’è mai “reazione”, vero è invece il contrario) è facendolo ti scopri vecchio conservatore che si scandalizza di fronte ad un culone firmato Jesus, indicando questo, semmai, come obiettivo da attaccare? Ragazzi! Siam mica qui a raddrizzar banane! Diamoci una mossa per dio. Altrimenti viva berlusca e le sue troiette.

  42. Non desidero invadere il blog di Giovanna, ma Mado86 merita una mia risposta: la trovate qui http://unicamente.me/

  43. Questa pubblicità però dice una cosa vera: cucinare continuamente quella robaccia può davvero nuocere alla vita famigliare (oltre che al fegato).

  44. Mi scuso se mi ripeterò, ma ho letto nella rete delle discussioni con post biblici e non ho tempo di leggere tutto, qui compreso, dove Giovanna Cosenza dice sostanzialmente cose che condivido. MI piace l’aria vintage dei cartelloni sparsi in città, mi piacciono i colori e mi divertono ugualmente gli spot televisivi, però mi fanno arrabbiare. Mi annoia l’ipocrisia travestita da ironia, dove non vedo novità nel modo in cui vengono presentate le donne, sempre incatenate ai soliti cliché ( o moglie o puttana) e soprattutto mi spaventa -in un momento di crisi sociale così profonda- il messaggio che può passare: Mogli! Non c’è lavoro, tornate a fare le casalinghe!

  45. Alla faccia che commenti! Ma ci pensate la notte? Io ci vedo solo uno spot che si rifà al famoso telefilm Vita da strega e che oltretutto ha una musica anche molto simile.

  46. personalmente sono d’accordo con Consolata quando dice:
    “Ma sapendo che, proprio per gli stereotipi propinatici, sia quasi sempre la donna ad educare i figli, ci ritroviamo con troppe le donne che, pur lamentandosi, siano poi le prime a “predicare bene e a razzolare male”.
    Donne che con il loro marito, e ancor peggio con i loro figli maschi, si mettono al loro servizio! Ed è questo che, sinceramente, mi fa rabbia.
    Perché siamo donne contro donne.
    Non siamo tutte uguali e non tutte la pensano come noi; sono ancora molte quelle contente di essere mamme, donne casalinghe, mogliettine perfette…
    Iniziamo noi mamme, voi insegnanti e chiunque abbia a che fare con i bambini e ragazzi a seminare i giusti valori, non solo a parole ma anche nei fatti. Contribuiamo tutti per un futuro davvero migliore.”

    infatti. siamo diverse, siamo donne, sorelle, amiche…amanti, mogli, madri…ognuna a proprio modo. Ognuna secondo ciò che desidera.

    Ora, io sono convinta di una cosa e non so se è questo che intendeva dire Consolata, però è chiaro che se si continuano a propinare questo genere di pubblicità è chiaro che stando agli studi di marketing queste pubblicità funzionano….quanto, come?

    certamente il mondo pubblicitario ha le sue responsabilità ma anche noi come consumatori abbiamo le nostre. Così come le abbiamo come elettori e come cittadini di questo paese….essere responsabili significa saper rispondere delle nostre azioni e affermazioni.

    ma noi donne? eh? noi donne cosa facciamo per cambiare la situazione nel concreto? cosa abbiamo fatto? e cosa intendiamo fare?

    Perché per certi versi io sono d’accordo con Mado86…. ma per motivi diversi: credo che parlarne sia inutile. Uno dei peggiori difetti di questo paese é che la maggiorparte delle persone purtroppo parla, punta il dito…invece di guardarsi dentro e chiedersi oltre a “se non ora quando” “se non io chi?” e sfortunatamente le parole sono armi affilate nei loro campi di battaglia ma lasciano il tempo che trovano nel mondo dei fatti.

    Chiediamoci perché si fanno queste pubblicità…chiediamoci perché queste pubblicità rispondono ancora ad un determinato immaginario collettivo, perché propone sempre gli stessi stantii cliché, perché la donna è immaginata ancora come madre e moglie…e puttana. Forse perché nonostante tutto molte di noi continuano a vedersi ed adeguarsi in questo cliché (e basta andare a vedere i profili di facebook per rendersene conto).

    Perché personalmente a me questa pubblicità non ha fatto alcun effetto mentre quella del gratta e vinci mi fa imbestialire…però mi rendo conto che “vincere facile” è comunque, esattamente come la donna moglie, madre, puttana, lo specchio di questa nostra società.

    🙂

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