Stupro di gruppo, titoli di giornale e nervi scoperti

La settimana scorsa la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza con cui ha esteso alla violenza di gruppo ciò che nel 2010 la Corte Costituzionale – con la sentenza 265/2010 – aveva già fissato per i reati di violenza sessuale compiuti da singoli e per gli atti sessuali su minori, dichiarando incostituzionale la legge del 2009 sulla violenza sessuale.

Corte di Cassazione

Sommando la sentenza della Cassazione a quella della Corte Costituzionale 265/2010, emerge che, contrariamente a quanto diceva la legge del 2009, il carcere preventivo non è obbligatorio per i reati di violenza sessuale (che sia di gruppo, individuale o su minori), esattamente come non lo è per tutti gli altri reati (tranne quelli di mafia e criminalità organizzata), ma il giudice è tenuto a valutare, caso per caso, misure cautelari alternative come gli arresti domiciliari, l’obbligo di dimorare in un certo comune, e così via. A meno che non ci sia il rischio (come dice l’articolo 274 del Codice penale) che l’indagato commetta altri reati gravi, si dia alla fuga o cerchi di inquinare le prove.

Ora, per quanto i media abbiano spesso chiarito che la questione riguarda il carcere come «misura cautelare», e cioè prima della condanna, e non la pena comminata dopo la sentenza definitiva (vedi ad esempio QUI e QUI), e per quanto la Corte di Cassazione abbia pubblicato una precisazione che spiega le ragioni della sentenza nel caso specifico, le polemiche dei giorni scorsi sui media e sui social network si sono, come spesso accade, scatenate più per una lettura frettolosa dei titoli che per reali approfondimenti del caso.

Se a questo aggiungiamo la rapidità e superficialità con cui si scrivono e leggono i microtesti che circolano su Facebook e Twitter, la frittata e fatta: tutti parlano e litigano, ma su cosa di preciso? E perché?

È colpa dei giornali, che producono titoli fuorvianti? Un po’ sì, perché titoli come «La Cassazione e lo stupro di gruppo, il carcere non è più obbligatorio», o «La Cassazione: per lo stupro di gruppo il carcere è facoltativo»,  fanno davvero pensare che lo stupro di gruppo sia stato depenalizzato da una Cassazione all’improvviso impazzita. In effetti si possono pensare titoli più corretti, ma mettiamoci il cuore in pace: la riduzione e semplificazione che stanno dietro a un titolo possono dare risultati aberranti anche se il/la titolista ha le migliori intenzioni, perché crede di aver scritto giusto e invece il giusto era solo nella sua testa. O era solo implicito, a fronte di altri dieci impliciti che portano da tutt’altra parte.

È colpa dei social media? In parte sì, perché i testi brevi e brevissimi che circolano su Facebook e Twitter derivano da processi cognitivi di astrazione e semplificazione analoghi a quelli che portano ai titoli giornalistici. Ma non solo: di microtesto in microtesto, di riduzione in riduzione, si fa un po’ come nel gioco del bisbigliarsi veloce una parola da un orecchio all’altro: la parola che arriva all’ultimo della catena è completamente diversa da quella sussurrata dal primo. Nel gioco la distorsione fa sorridere. Quando si parla di cose gravi come lo stupro, bisogna starci molto attenti.

È colpa delle donne e degli uomini che se la sono presa con la Cassazione senza essersi studiati le sentenze? Ecco, su questo ci andrei ancor più cauta: lo stupro è un tema doloroso, a volte purtroppo anche tragico. Le donne italiane, negli ultimi anni, si sono spesso sentite poco ascoltate, come se i problemi di disoccupazione, emarginazione e discriminazione che le fanno soffrire nella quotidianità fossero solo nella testa delle neofemministe e non nella realtà economica e sociale del nostro paese. C’è allora da stupirsi se, alla lettura di certi titoli e microtesti sui social media, molte/i siano scattate/i come per un riflesso condizionato? Direi proprio di no.

E aggiungo: non solo non c’è da stupirsi né scandalizzarsi, ma è un bene che molte/i siano scattati. Lo stupro è un problema grave della nostra società (come di molte altre), che va ben oltre gli stupri in strada, che accade nelle case prima ancora che fuori, accade senza che sia denunciato, accade e accade ancora. Lo stupro è un problema culturale, prima che giuridico. E poiché le sentenze della Cassazione e della Corte Costituzionale hanno demandato la decisione sul carcere preventivo alle valutazioni dei giudici caso per caso, è bene che questi giudici sappiano e sentano tutti i giorni che la società in cui vivono e lavorano è attentissima a ciò che fanno, pronta a scattare. E magari qualcuno può sbagliare a leggere questa o quella sentenza, ma poco importa: i giuristi preciseranno e le persone capiranno, ma continueranno a stare attente, discutere e, se il caso, criticare e arrabbiarsi. L’importante è che l’attenzione sul tema sia sempre alta. Da parte dei media, dei social media e di tutti. E non solo in occasione di una sentenza.

Su questo tema vedi anche: Lorella Zanardo «Uomini che odiano le donne?», Loredana Lipperini «Guardare la luna, e anche il dito», Femminismo a Sud «Troppo silenzio degli uomini: la violenza sessuale è maschile!».

PS: questo articolo è uscito oggi anche sul Fatto Quotidiano.

42 risposte a “Stupro di gruppo, titoli di giornale e nervi scoperti

  1. Discutere e tenere alta l’attenzione è senz’altro un bene, ma dopo essersi informati: credo che l’emotività non sia mai una buona consigliera. Molte e molti si sono limitati a leggere i titoli dei giornali e questo non va bene (in questo come in nessun altro caso) mentre per esprimere un’opinione bisogna leggere, studiare e informarsi (del resto tu stessa spieghi bene la cosa nell’incipit del tuo post).
    Per quanto riguarda il caso specifico, la spiegazione migliore l’ho letta da una donna, la quale appunto non si era limitata a leggere i titoli dei giornali ma era andata a fondo della cosa e vedo che diverse donne rifiutano di mettere il nastro perchè è una semplificazione indebita. Ciò non toglie, ripeto, che occorra tenere alta l’attenzione su queste tematiche, ma a ragion veduta.

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  3. Mi permetto di dissentire in modo totale da questa visione. Usare la ragione prima della pancia è, per questi temi dolorosi, l’ABC per non diventare come chi si vuole accusare.

    Sai cosa succede a chi va in carcere accusato (non condannato) di stupro? Succede che deve essere messo in isolamento per non essere violentato a sua volta (do per scontato che le forze di polizia siano sempre integerrime). C’è chi giudica al posto dei giudici e applica la pena a suo insindacabile giudizio.

    Con questi toni isterici si delegittimano i giudici, incapaci di capire il fenomeno criminale e le sue implicazioni sociali; non si crede più alla rieducazione di chi sbaglia; si delegittima la Corte Costituzionale, e quindi la Costituzione, che in questo caso non è base comune del vivere civile in uno Stato. Lo stato di diritto non c’è più.

    Queste sono le logiche conseguenze di questi toni.

    Lasciamo stare i giornali, in balia del mercato in cui la pancia fa guadagnare prima della ragione (non credo proprio che non si potesse mettere un titolo decente). Lasciamo stare i socialcosi, governati dall’entropia, ma gli avvocati e chi si propone come educatore (Zanardo, per es., perché ho letto il suo post, la seguo da tanto e la stimo) dovrebbe stare molto alla larga da certi toni. Invece nel post della Zanardo esce fuori una sfiducia nelle istituzioni e una rabbia nei confronti dei colpevoli (anche presunti) smisurata.

    Il problema è grave e serio ed è giusto parlarne. Mai, dico mai, chi vuole affrontare queste cose seriamente, deve dare l’impressione che si possa agire in modo diverso dalla legalità. Se le leggi sono inadeguate si cambino, ma non se ne facciano delle personali. Non esistono scorciatoie.

  4. Le tua posizione “correttina” risulta pesantemente reazionaria. Non a caso posizioni come queste trovano la piena approvazione da tutti i fronti conservatori, cattolici e misogino-maschilisti. Imho dovreste andare dallo psicoanalista, e solo dopo riprendere a trattare questo genere di tematiche. E non è una provocazione. Lo penso seriamente. Detto questo mi autosospendo dal presente blog per protesta.

  5. Pingback: Sentenza stupro di gruppo « Mauro Poggi

  6. Io sono d’accordo con donmo e il comizietto; su questi temi, proprio perché delicati ed emotivamente fortissimi, occorre fermarsi e usare il cervello, documentarsi. Se no si fa il gioco di chi è poi pronto ad accusare le donne e chi le sostiene. Io posso dirti che nei giorni scorsi mi son trovata la mia home page di fb piena di vignette e status di “amici di fb” che con toni scandalizzati denunciavano questa sentenza (cose tipo: “per lo stupro c’è lo sconto comitiva” ecc.); non avevo letto i giornali in quei giorni se non velocemente i titoli, tuttavia mi son ben guardata dal condividere o avallare quegli status poiché mi sembrava impossibile che la Cassazione fosse ammattita. E infatti approfondendo si è scoperto che non era così. Se mi fossi lasciata trasportare dall’onda emotiva mettendomi anch’io a condividere quegli status o a scrivere post indignati nel mio blog, oggi a parte che mi vergognerei per la figuraccia ma soprattutto sentirei minata la mia credibilità; e questo vale a maggior ragione per soggetti collettivi (es. le donne).

  7. Comizietto, Ilaria, Donmo, non ho detto che non bisogna usare la testa, ma quando mai? Ho scritto ciò che ho scritto perché i media funzionano così e i social media pure. Da questi meccanismi non si esce: l’alternativa è parlarne solo in pochi o NON parlarne. Allora mi sono detta: il parlino bene o male purché parlino, deve funzionare solo per i marchi commerciali? No, che valga anche per i temi sociali.

    Se l’alternativa è parlarne fra pochi, parlarne fra snob, o non parlarne per nulla «perché una legge non si semplifica in un titolo né nei 140 caratteri di un post su Twitter», «perché i problemi sono ben altri», «perché le donne devono essere ineccepibili, sennò prestano il fianco a critiche e finiscono nella caccia alle streghe»… meglio il «parlino bene o male purché parlino».

    Così l’attenzione resta alta, si discute del problema e tutti stanno attenti a ciò che fanno. E non parlo partendo da nessunissimo pregiudizio contro la magistratura: con me sono d’accordo molti colleghi e amici avvocati e magistrati, credimi. Ne ho parlato con loro prima di scriverne, non faccio mai le cose a caso…

    Grazie per la cura e attenzione che mettete sempre quando commentate su questo blog.

  8. Lo stupro è un reato orrendo ma vigono i valori costituzionali e direi sacrosanti della presunzione di innocente e della pari dignità dei cittadini….alla corte costituzionale e alla cassazione è risultato chiaramente anticostituzionale obbligare un giudice a disporre per legge la carcerazione preventiva….un conto è potere un conto è dovere….in ogni caso lo stupro non si combatte con misure di questo tipo, queste sono solo leggi-spot assolutamente inutili che il governo fa per farsi pubblicità prima e dire è colpa dei giudici dopo. Le varie associazioni di donne indignate ovviamente sono di una superficialità imbarazzante. Non credo ci sia un solo cittadino degno di questo nome che possa discutere sul disvalore della violenza sessuale…..ma i problemi come dice giustamente giovanna sono culturali in primis…e si affrontano davvero solo con politiche complesse e ragionate, con l’eterna emergenza.

  9. Sullo stesso tema c’è anche un film dell’88 (bruttino e senza pretese dal punto di vista cinematografico) con Jodie Foster. nei panni della vittima di una violenza di gruppo.
    http://it.wikipedia.org/wiki/Sotto_accusa

  10. “Lo stupro è un reato orrendo ma vigono i valori costituzionali e direi sacrosanti della presunzione di innocente e della pari dignità dei cittadini…” E’ vero. Verissimo ..però: nel caso dei reati presunti di mafia il carcere preventivo è obbligatorio. Nel 2006 ci sono stati 108 omicidi per mano della criminalità organizzata. Nel 2008 109 femminicidi. La lotta alla violenza sulle donne dovrebbe essere assunta con la stessa intensità e lo stesso allarme della lotta contro la criminalità organizzata perchè provoca uguali vittime ed è estesa e frutto di mentalità distorta secondo meccanismi culturali molto simili. E allora? Perchè il reato di mafia prevede la deroga costituzionale e la violenza a una donna no? Non so..o chiedo..valuto..rifletto…

  11. giovanna, mila.
    i reati di mafia sono gli unici che prevedono questa che, tecnicamente, è un’eresia giuridica.
    un’eresia perchè stiamo parlando di persone che sono solo accusate di un crimine, per quanto orrendo e che è giustificata nel caso della mafia (ma non tutti sono d’accordo) perchè l’associazionismo mafioso è di per sè qualcosa di permanente e non episodico e se ci sono gravi indizi di colpevolezza l’unica misura cautelare utile a prevenire reiterazione del reato, pericolo di fuga o inquinamento della prova è la carcerazione.
    ma per un reato ordinario, per quanto odioso, le regole devono essere certe e valere per tutti e le regole dicono che in carcere prima del processo ci si sta solo se sussiste una delle tre condizioni di cui sopra e se il carcere è l’unico modo per evitarlo.
    anna maria franzoni, ad esempio, ha atteso a piede libero la condanna definitiva, per un reato gravissimo, semplicemente perchè non sussistevano quelle condizioni.
    il comandante schettino è ora ai domiciliari perchè è una misura che è stata ritenuta sufficiente, evidentemente con la sussitenza di almeno una delle condizioni per la custodia cautelare, e anche ii suoi reati non sono da poco.
    questo per dire che la custodia cautelare è cosa ben diversa dalla pena e che chi ha fatto quella legge non ha tenuto conto della nostra costituzione.
    ricordo che questa sentenza dice solo che la custodia cautelare in carcere non è obbligatoria, non che non sia ancora possibile e utile, quindi può benissimo accadere che sia la misura adottata in casi come questi.
    il vero problema è altro, è garantire alle donne tutela e giustizia col processo, garantire pene più severe ai colpevoli.
    poi, parlarne va sempre bene, ed è vero.
    ma si può anche parlare delle cose per come stanno veramente, come ha fatto mila, perchè solo così si affrontano i problemi reali.
    saluti
    gp giampi

  12. @Giovanna, ho troppo stima della tua intelligenza (lo sai) per pensare che tu possa indurre a non usare la testa. Credo sia un problema di focus: tu lo hai incentrato sul tener desta l’attenzione, io e altri sulla necessità di informarsi, tutto qua, ma non sono affatto posizioni inconciliabili.
    @Mila, la tua domanda merita assoluto rispetto e personalmente non ho una risposta (anche se personalmente sarei forse portato a pensare che ci vorrebbe una deroga anche per il reato di violenza sessuale come per i reati di mafia) ma in giro si leggono aberrazioni dl tipo: “La violenza sessuale di gruppo non è più reato”, cose frutto di ignoranza, appunto.

  13. Giovanna scrive: “Se l’alternativa è parlarne fra pochi, parlarne fra snob, o non parlarne per nulla «perché una legge non si semplifica in un titolo né nei 140 caratteri di un post su Twitter»…meglio il «parlino bene o male purché parlino».”
    A me sembra un falso dilemma. Si può non parlarne affatto, parlarne dicendo cose false, parlarne dicendo cose vere, parlarne freddamente, parlarne emotivamente, ecc. ecc.

    Perché non si potrebbe, ad esempio, parlarne, anche in modo emotivo, senza dire sciocchezze?

    Ad esempio:

    “Cassazione: niente obbligo di carcere preventivo per gli accusati di stupro di gruppo. Ma per gli accusati di mafia, l’obbligo c’è. Giusto?!?” (138 caratteri).

    Ok, non è facile. Ma sforzarsi un po’?

  14. Ben, infatti: io stessa ho linkato due articoli (uno su Repubblica e uno sul Fatto Quotidiano) che approfondivano la materia. Di questi il pezzo sul Fatto Quotidiano aveva un titolo niente affatto fuorviante (il titolo di quello su Repubblica invece…ehm). Ma girando in rete potremmo trovare altri 10 esempi di titoli e articoli buoni. Come pure altri 10 esempi di titoli e articoli cattivi.

    Dunque? La mia opinione è che parlarne a un pubblico vasto e generico implica sempre, nella comunicazione di massa, stimolare anche un polverone di fraintendimenti, polemiche e spazzatura. Ecco perché l’ho messa in termini di alternativa fra parlarne e non.

    Trovami un esempio di comunicazione di massa, anche la migliore, che non si porti dietro anche un bel po’ di spazzatura. Di massa, eh: o televisione o testate giornalistiche molto seguite on line e off line. Vietato citare conversazioni di nicchia, fra esperti o analoghi.

  15. Giovanna, so bene che non hai detto di non usare la testa, altrimenti non sarei qui. E conosco anche bene la tua sensibilità per l’uso della ragione. 🙂

    E’ che proprio non concordo col parlare di certi argomenti “ad ogni costo”. Il prezzo che si paga parlandone alla piffero è quello di alimentare o creare dei mostri che ragionano esattamente come chi si vuol combattere. Certo, parlarne correttamente (che non vuol dire fare a meno delle emozioni) è più difficile, ed ancor più difficile fare certi discorsi coinvolgendo le masse. Ma l’alternativa non è fra parlarne o non parlarne (o parlarne fra pochi); è fra parlarne in modo corretto e avere dei risultati e parlarne alla piffero e non sortire nulla o, peggio, favorendo la creazione di nuovi sceriffi fai da te.

  16. Giovanna,
    sei sicura che fra il non parlarne e il parlarne scorrettamente, sia sempre meglio la seconda?
    Detesto generalmente le terze vie 😉 ma in questo caso faccio un’eccezione. Propongo:
    Delle cose importanti conviene parlare, ma dicendo meno stupidaggini possibile.

    Sono sicuro che su questo siamo d’accordo. 🙂

  17. Probabilmente l’articolista non bada che tutto questo accade in Italia, cioè in una Repubblica parlamentare divisa nelle diverse funzioni istituzionali. Quella della Giustizia, che viene amministrata in ossequio alle leggi predisposte dal Parlamento eletto dal Popolo sovrano. Questo è il sistema circolare nel quale Popolo, Parlamento e Giustizia non interferiscono nei rispettivi poteri/prerogative. Sostenere dalle colonne di un giornale libero e democratico che è bene che i magistrati (quando emettono sentenze, prendono decisioni, si dedicano alle loro funzioni istituzionali) sappiano che il popolo è attentissimo a questo o a quel tipo di reato, è un po’ tentare di influenzare l’operato della Magistratura, ergendosi a rappresentante dell’opinione pubblica su una questione talmente ovvia che non andrebbe sprecato neppure una riga per ribadirla: la violenza sessuale (che annovera in sè comportamenti delittuosi dalla “toccatina” allo stupro) è un reato aberrante e va severamente punito. Chi potrebbe dirsi in disaccordo? Men che mai un magistrato, posto che nell’esercizio delle sue funzioni egli possa (ma non può) esprimere giudizi morali o politici su una norma di legge o addirittura applicarla secondo una personale visione filosofica del mondo, della morale, della religione, ecc. Questo non è il mestiere del magistrato. Egli applica la legge, anche quella che non condivide e se non lo fa la infrange. Dunque, il monito, casomai , andrebbe rivolto al legislatore affinché definisca misure normative sempre più attente alle esigenze delle vittima dei reati ( a quelle della violenza sessuale in particolare) non soltanto nella fase “repressiva” , quando il misfatto è stato commesso, ma durante il normale svolgersi delle relazioni sociali e familiari. Questo dovrebbe richiedere al legislatore (e non alla magistratura) un giornalismo che avesse a cuore le vittime almeno un po’ di più di quanto tenga alla diffusione del “bel pezzo” e della propria opinione ed al proselitismo che ne consegue. E’ bene ricordare che più dell’80% delle violenze sessuali viene perpetrato in famiglia e fra conoscenze e frequentazioni di prossimità (fonte associazioni delle vittima della violenza sessuale). Di queste si stima vengano denunciate meno del 10% . Ma i media e l’opinione pubblica in genere, preferiscono puntare dito ed attenzione sul “mostro” di turno, assecondando certo l’innato ma assolutamente erroneo, senso di autoassoluzione individuale e collettivo, per allontanare da sè quella orribile possibilità che sta dentro l”umano stesso, dalle viscere del suo nucleo associativo più intimo e primitivo. Dunque non del “mostro” occasionale ci si dovrebbe preoccupare quanto del normale-perverso che oscilla in ogni essere umano. Ecco dunque l’importanza centrale della funzione preventiva non della pena ma dell’educazione che si snodi tra comunicazione e formazione di cittadini consapevoli, genitori e formatori. Il sistema di informazione sembra invece prediligere il messaggio più comodo che maggiori consensi attiri, quello cioè che punta sul sistema immaginifico dell'”altro- cattivo” su cui si scaricano non solo le personali frustrazioni ma soprattutto la perversione che sta dentro e non fuori la società così detta “normale”.

  18. vorrei sottolineare un altro punto, al di là del merito.
    quando è uscita la sentenza della Corte Costituzionale, nessuno ha detto bau.
    eppure è quello il momento in cui il principio di diritto (condivisibile o meno che sia) si è affermato.
    non so, è come se venisse promulgata una legge che commina una multa a chi si veste di rosso e nessuno fiata.
    poi, quando un giudice è costretto a confermare la multa al tizio che si è vestito di rosso, succede il finimondo.
    perchè in italia l’attenzione mediatica è solo sulle conseguenze pratiche, cioè quando le cose ci toccano, e mai sulle premesse?

  19. Non sono convinto che la superficialità con cui i giornali hanno titolato sul fatto sia così involontaria.
    Sull’intenzione di alcune testate di far crescere un sentimento anti-giudici con titoli sensazionalistici per giustificare l’imboscata parlamentare sulla responsabilità civile dei giudici è un sospetto più che fondato.
    Direi che l’inettitudine di alcuni giornalisti è complementare alla maliziosità di altri.

    Resta il fatto che chi stupra è un porco. E non me ne vogliano i maiali, creature squisite sotto forma di prosciutto.

  20. Io credo anche che una parte della motivazione sia stato nel corto circuito: Corte di Cassazione + stupro, perché anche quando leggiamo testi complessi o lunghi la nostra testa funziona come il generatore automatico di titoli, prende le parole che t saltano più all’ occhio e lascia al contesto e alla tua esperienza precedente il fare dei collegamenti. Ora a me con questa combinazione di parole viene in mente la famosa sentenza della Corte di Cassazione, lo stupro e i jeans attillati quale prova indiretta di consenso allo stupro (scusate, mi vengono gli ossimori stasera). Quindi prima di fare un passo indietro e chiedermi giustamente, e come molti già dicono qui sopra: ma la cassazione non può essere impazzita, mi viene in mente il precedente per cui in parecchi hanno dovuto pensare che se la cassazione non era impazzita era però pesantemente maschilista e senile.
    E allora faccio subito a capire male.

  21. @comizietto
    credo si sbagli: qs il mio post http://www.ilcorpodelledonne.com nessun tono accusatorio. Forse si riferiva ai commenti. Però intervengo dall’amica Giovanna Cosenza per affermare che non credo più che questo tema vada affrontato solo ” con la testa”. Trovo ormai doloroso assistere alle giustificazioni di donne di tutto rispetto che per accedere ai consessi maschili, devono affermare la loro capacità di sapere giudicare razionalmente ” come un uomo”. Non mi sto rivolgendo all’autrice del blog, ma in generale ad una corrente di donne, e lo dico con vera partecipazione non con tono di scontro.
    Io voglio essere vulnerabile. Lo sono e ho deciso di non rintuzzare questa capacità di farsi investire dalla vita. I miei scritti, il mio documentario, il blog nascono dalla mia possibilità di essere vulnerabile. Con la testa e l’anima insieme deciderò. Da troppo tempo noi donne priviamo il mondo del sentimento, della com-passione che deriva dalla vulnerabilità. Ne rivendico la dignità più alta.
    Mi spiace comizietto che lei non l’abbia colta.
    Lo stupro nel racconto di Marla:
    “Io credo si parli devvaro poco, anzi per niente, di cosa rappresenta lo stupro per una donna. Gestisco una comunità di malati psichiatrici, su sette donne ricoverate, sei hanno subito violenza sessuale e per tutte è stato questo l’evento scatenante dei loro disturbi psichici. Bambine e ragazze normalissime che dopo aver subito questo abominio hanno sviluppato gravi forme di schizofrenia. Non si parla mai di come un evento traumatico di questo tipo possa portare una donna all’annullamento totale di se.
    Una di loro è stata stuprata all’età di nove anni da due sconosciuti mentre lei era per strada per portare il latte alla nonna. I parenti la descrivono come una bimba meravigliosa, attenta, curiosa, la prima della classe. Dopo quel fatto non ha mai avuto il ciclo mestruale, le si è bloccato lo sviluppo e sono iniziati i suoi malesseri psichici.
    Un’altra è stata ripetutamente seviziata dal padre sin dalla tenera età e questa signora oggi all’età di 60 anni è capace di ripetere in modo ossessivo solo una frase, non dice mai altro “No, Pietro non lo voglio, non lo voglio!!!”. Pietro era suo padre. Persino nel cuore della notte urla quella frase terrorizzata e non esistono parole per tranquillizarla, la sua mente è rimasta bloccata lì come se il resto della sua vita non l’avesse mai vissuta, come se il tempo non fosse mai passato.
    Un’altra ancora ha subito uno stupro di gruppo all’età di 30 anni circa, è tuttora oggi un alcolista e soffre di una grave forma di depressione.
    Non si parla mai di quante sono quelle che addirittura scelgono di togliersi la vita, non si parla mai del fatto che sul territorio siano scarsissimi i centri di sostegno per queste donne.
    Non si dice mai nulla e non è vergognoso, ma molto di più.
    Credo sia un crimine paragonabile all’omicidio, è un crimine che andrebbe punito con l’ergastolo, un crimine in cui non dovrebbero esistere attenuanti e giustificazioni di sorta.”
    CHe il mondo non privi queste donne della nostra vulnerabilità

  22. Lorella Zanardo, lei scrive nel suo blog: “Non vorremmo passasse il messaggio che sulla pena si può trattare, si può trovare un accomodamento. Sicuramente non è con questi presupposti che la Cassazione rimette al giudice la possibilità di misure alternative, anche per i responsabili dello stupro di gruppo. Ma non siamo così certe che si valuti, fino in fondo, l’impatto che tali misure possono avere sulle donne e soprattutto sugli uomini. Le une si sentiranno ancora una volta più esposte, gli altri meno colpevoli.”
    D’accordo, l’impatto è quello. Lei ipotizza che la Cassazione non ne abbia tenuto conto. E’ probabile. Sta allora sostenendo che il carcere preventivo per gli accusati dei reati più odiosi è una misura opportuna per intimorire i possibili criminali e rassicurare le possibili vittime?
    E’ una “eresia giuridica”, ha scritto gp giampi. E’ vero, almeno per chi dà grande valore ai diritti umani. Il carcere preventivo è ovviamente una violazione di tali diritti.
    Ma la sua posizione qual è? Sospendere i diritti umani per gli accusati di reati orribili, a scopo di deterrenza?
    Personalmente non sono drasticamente contrario, perché non do un valore assoluto ai diritti umani. Se lei è favorevole, nel caso degli accusati di stupro di gruppo, perché semplicemente non lo dice?
    O pensa che la Cassazione dovesse, nel negare l’obbligo della carcerazione preventiva, ribadire l’orrore dello stupro?
    Mi creda, non sono domande retoriche. E’ che proprio non capisco. E le assicuro che sono anch’io molto vulnerabile su questo tema.

  23. Ci sguazzano i maschi sulla faccenda dei diritti umani, dei diritti costituzionali, della cultura antifascista…ci provocano: voi che proponete? che dobbiamo andare tutti in galera perché siamo tutti potenziali stupratori?
    Signori, siete voi a stuprare, trovatela voi la soluzione al vostro problema, siete voi che giocate con le leggi e… a nascondino quando ci uccidete (sono malato) ci stuprate (non si deve fare ma ho avuto la madre rigida) ci perseguitate (senza di te non vivo).
    Uomini: provvedete ai vostri isitinti, fatevi voi le leggi ma CONTENETEVI. E semttela di creareci problemi senza soluzioni (apparenti).
    Donne: difendendiamoci. E impariamo a difenderci l’un l’altra.
    Sono stufa, non più arrabbiata, ma stufa.

  24. Voglio domandare agli uomini, anche se so che nessuno di loro mi risponderà, se i reati di mafia sono più gravi dello stupro e perché.Prego astenersi quei signori che vorrano dire che non si risolvono i problemi paragonando ciò che non è paragonalbile. Ma le leggi le fanno gli uomini, sempre e come mai siamo arrivati tutti al punto di dover fare paragoni del genere? Ma ci vogliamo andare al cuore del propblema o ci piace cantarcela e suonarcela?
    Non sono più arrabbiata, lo giuro ma ho un difetto grande: penso.

  25. @ben
    vede Ben che NON è qs il punto. Il punto è che sul mio blog c’è un post che inzia così “IO VORREI CHE AD OCCUPARSI DELLO STUPRO E DELL’ORRORE CHE NE SEGUE FOSSERO GLI UOMINI…… Uomini che sono tanti. Io vorrei potere ancora amare un uomo, guardarlo negli occhi e sapere che è dalla mia, dalla nostra parte. Vorrei la generosità verso di noi che noi donne dimostriamo da sempre verso mariti e figli e mondo. Vorrei che Gad Lerner, sensibile al tema rispetto verso le donne, facesse una puntata dell’Infedele sullo stupro e gli ospiti fossero uomini. Vorrei che i lettori rinunciassero alla loro domenica come facciamo noi, e si unissero per scrivere un comunicato d’amore verso di noi e chiedessero rispetto e leggi efficaci. Questo vorrei. E lo vorrei presto. Sarebbe un dono meraviglioso che mi/ci riempirebbe di speranza sul futuro. Farsi carico, fatevi carico, vi prego.”

    Da un paio di anni non accetto piu inviti a dibattiti sullo stupro, sa perchè? Non mi riguardano. Per anni ho discusso con passione e coinvolgimento di un problema che non mi riguarda. Riguarda voi.
    Quindi la mia domanda è : perchè dopo uno dei tanti stupri che leggiamo quotidianamente sui giornali lei e altri non cogliete l’occasione per parlare di STUPRO dal punto di vista maschile? Non mi interessa torvare un colpevole. Ma una soluzione sì.E la soluzione o almeno la spiegazione la potete trovare solo voi. Fatevi carico. In una scuola mi è capitato di assostere un dibattito dove eraè questa no i maschi, 17enni, che discutevano di qs tema. Le ragazze ascoltavano.
    Tutto il mio lavoro di innlazmento del livello di ocnsapevolezza mira al dialogo, venga ad un dibattit per accertarsene. Però io vi invito a pensare perchè qs verve che mettete in qs querelle, non la dirottate sul chiedervi PERCHE’ di questi stupri. Fareste un gran favore a tutte e a tutti.

  26. @giovanna , lorella
    Mi dispiace che sia così difficile comunicare su questo tema. Troppe incomprensioni e fraintendimenti. Purtroppo il tema richiederebbe qualcosa di più di un post su un blog e i relativi commenti. Spero, un giorno, di dare testimonianza diretta di quello che vedo e così essere più chiaro.

  27. vivian,
    rispondo.

    La carcerazione preventiva è una barbarie cui si ricorre eccezionalmente, quando è molto probabile che l’accusato continui nel suo crimine.
    Un mafioso sotto accusa può continuare più facilmente la sua (presunta) attività di mafioso: gli basta inviare comunicazioni. Per uno stupratore sotto accusa è meno facile, anche se non impossibile, continuare la sua (presunta) attività di stupratore.
    Lo stupro è grave quanto l’omicidio mafioso, ma la carcerazione preventiva non dipende solo dalla gravità del reato. Dipende anche dalla probabilità della sua reiterazione da parte della persona accusata (e non ancora condannata).

    Personalmente, non essendo io un paladino dei diritti umani, non sono contrario al carcere preventivo in entrambi i casi, pur sapendo che questo comporta la galera preventiva per non poche persone che al processo risulteranno innocenti.

    Soluzione? Pene severe, esemplari e senza sconti (per buona condotta). Processi rapidi. Per lo stupro come per i reati altrettanto gravi, come l’omicidio.
    E campagne educative come quelle di Lorella Zanardo e tante altre.

    E’ vero, come maschi potremmo contribuire di più, usando la nostra esperienza per discutere su come reprimere la nostra frequente tendenza alla sopraffazione sessuale.
    Soprattutto, reprimendola. Forse non pochi di noi già lo fanno. 🙂

  28. @comizietto
    è vero ha ragione. ai dibatitti è tutto piu chiaro e diretto, e psesso finiamo avendo ottenuto una relazione.
    Però resta il fatto che vorrei un luogo, dove gli uomini parlino di qs tema. tra uomini

  29. Lorella Zanardo,
    il mio punto era un altro e non era irrilevante.
    Il punto che lei pone ora — i maschi si facciano carico — è giustissimo. Ha ragione, dovrebbe spettare principalmente a noi occuparcene.
    Credo che in molti lo facciamo già in tanti modi, reprimendo la nostra tendenza alla sopraffazione sessuale — istintiva e/o culturale che sia — ed educando i nostri figli a qualcosa di meglio.
    Ha ragione, sarebbe anche utile che anche noi maschi producessimo dal nostro punto di vista qualche onesto “Il corpo delle donne” e “Il corpo degli uomini”, in accordo coi valori sostenuti da lei, che qualsiasi maschio civile sottoscrive.
    Comincio a farlo qui, sulla base della mia esperienza.

    1. Come guardare le donne. Direi a me stesso e agli altri maschi: guardiamo con desiderio SOLO la donna con cui abbiamo già, o stiamo reciprocamente avviando, una relazione erotica. In tutti gli altri casi, reprimersi totalmente. Lo sguardo è la prima cosa, ma seguono a ruota gli apprezzamenti sul corpo, inclusi forse i complimenti sulla bellezza (tipo “sei bellissima”) — su questo almeno sentire il parere delle interessate. Ma per prudenza evitare anche questo.
    Per molti maschi, me incluso, non è facile.
    Un documentario sugli sguardi maschili, tipo quello denunciato e documentato da Giovanna qualche giorno fa a proposito di Sanremo, sarebbe utilissimo. Vederci allo specchio, e vederci così poco belli, sarebbe forse potentemente educativo. Scatterebbe forse la reazione “non vorrei avere anch’io uno sguardo così”.
    Tutto questo non reprime l’erotismo, ma lo limita a dove è reciproco.

    2. Seduzione e sesso (posso usare un linguaggio maschile, dato che mi rivolgo a maschi?). Se ti sembra che lei ci stia, ma poi dice no, anche debolmente, fermati subito. Non importa se davvero ci stava e ha cambiato idea, o se ti stava provocando per poi tirarsi indietro e fare valere il suo potere su di te. Non importa. Fermati come davanti a un bambino che attraversa sulle strisce. Se non ti fermi, è uno stupro. Non valgono attenuanti.

    Aggiungo, per onestà, che nella mia vita non sono stato affatto impeccabile, né riguardo a 1 né riguardo a 2. 😦
    Per non restare comodamente coperto dal mio nick, consento a Giovanna di dare privatamente la mia e-mail, che contiene le mie generalità, a chi gliela chieda.

  30. icittadiniprimaditutto

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  31. stiamo parlando di cose diverse.
    nessuno mette in dubbio la gravità dello stupro come reato, ma il luogo dove si decide della gravità dei reati e quindi delle loro conseguenze è il processo penale.
    quindi parlare di gravità dello stupro, dei racconti di chi è stato/a stuprato/a (si stuprano anche gli uomini, per inciso) è completamente fuori tema.
    l’unico tema in questione, almeno in relazione alla sentenza della cassazione, ovviamente, è quale misura cautelare possa essere applicata a chi ha commesso uno stupro di gruppo.
    la risposta prima della Corte Costituzionale e poi della Cassazione è che non può essere obbligatoria la custodia cautelare in carcere, ma che la stessa può essere COMUNQUE disposta, oppure possono essere disposte misure alternative, a seconda del caso concreto.
    non c’è nulla in questa decisione che possa minimamente incidere sulla valutazione della gravità dello stupro, nulla che possa offendere chi è stato stuprato, nulla che possa rendere più o meno difficile ottenere giustizia.
    nulla.
    l’unica ottica è: possono gli accusati reiterare il reato? possono inquinare le prove? possono darsi alla fuga? se si, il giudice deciderà quale misura cautelare applicare, compreso e non escluso il carcere.
    poi ci sarà il processo e gli accusati potranno diventare rei.
    in questo momento sono solo persone con gravi indizi a carico e per questo la comunità si CAUTELA con misure interdittive più o meno gravi, ma lo scopo non è la punizione, solo la cautela.
    cautela che funziona nello stesso modo anche per l’accusa di omicidio.
    quanto alla mafia è evidente che a volte neppure il carcere è cautela sufficiente, quindi è stata considerata cautela minima, sempre in presenza di gravi indizi di colpevolezza.
    poi una precisazione personale, parlando adesso di altro, cioè dello stupro.
    non mi piace affatto il tono di lorella che invita gli uomini a parlare di stupro perchè è un problema “loro”, non mi piace il tono di chi divide fra uomini e donne, insinuando quasi che in fondo anche gli uomini che non stuprano sono colpevoli per quelli che lo fanno, come se fosse un problema di genere.
    è esattamente l’altra faccia di quella medaglia che dice che “insomma signorina se si fosse vestita un pò di più magari non la stupravano”.
    io rifiuto l’uno e l’altro, lo stupro esula dal mio essere persona, tanto quanto esula qualsiasi forma di sopraffazione o convincimento di carattere sessuale e non ho nulla a che vedere con chi invece convive con queste pulsioni.
    cominciamo a considerarci tutti “persone”, esseri umani, e a stigmatizzare i comportamenti e non i generi.

  32. Notevole Ben, davvero. Su una cosa non sono con te totalmente: la necessità di reprimere. Reprimere spetta alla legge, agli uomini e alle donne secondo me spetta comprendere e comprendere in radice. Ad esempio cercare di capire perché ci si arresterebbe davanti a un bambino sulle strisce e non davanti a una donna che si sta per stuprare.

  33. @ben
    grazie apprezzo moltissimo. Io vorrei mi creda ma non posso entrare in questa che consdiero ” cosa da uomini”.
    Nelle scuole emerge un dato angosciante, io posso solo riferire non intervenire sarebbe eccesso di maternage, credo.
    !6 e 17 enni che si alzano e chiedono” scusi qual’è la differenza tra porno e erotismo? io sono cresciuto con le immagini porno e adesso non capisco se c’è una differenza”. CI vogliono gli uomini adulti che fanno da ponte per i ragazzini verso l’età adulta.
    “10 ho 16 anni, neanche il motorino. adesso in tv e in politica è pieno di signori che hanno l’età dei miei nonni e se la fanno con quelle della mia età. E io secondo lei che possibilita ho?”
    Poi riceviamo decine di mail di ragazzini pornodipendenti angosciatissimi. Gli psicologi ci diono che è un allarme. Veri gridi di dolore. Tutti proprio tutti ci dicono che l’interesse moroboso gli è cominciato da piccoli davanti ” alle immagini della tv, in particolare italia1 anche il tg avevo 11 anni e una volta mi è venuto duro davanti a studio aperto, c’era una con il seno di fuori. ero a tavola con i miei e morivo di vergogna”.
    Soli. sono soli. Adulti maschi troppo occupati. Chi ha oggi 40 o piu anni almeno una parte della vita l’ha passata senza i media imperanti che propongono sesso e mercificazione. Sesso poteva voelre dire un giornaletto di nascosto. Ora è 24 ore al giorno. Di questo non si parla. Delle gallery doe i ragazzini smembrano i corpi delle donne e li catalogano: nipple, upskirt. e i commneti alle immagini? li avete letti? solo sopraffazione e violenza. zero erotismo. Perchè eros, come mi ha detto MAssimo 17 anni in garfagnana, è relazione, èe qui c’è solo solitudine.
    C’è molto da rivedere, da ripensare, Il ruolo nostro, della politica. di cosa si deve occupare la politica? la tv e cosda trasmette è politica?

  34. No, non è l’altra faccia della “signorina” provocante e non ci aiuta cominciare a disperdere l’arogomento con frasi del tipo “anche le donne stuprano”. Qui stiamo parlando di condotta maschile, poi parleremo di quella femminile, ma il fenomeno non va stritolato dentro atteggiamenti difensivi e accusatori. Capisco che non è facile rischiare di sentirsi accusati come genere ma restiamo concentrati sul problema, pena, ancora una volta un niente quanto a comprensione del fenomeno. Fenomeno: qualcosa che tende a ripetersi, con dei dati statistici, un costume quasi.
    E sulla reiterazione. Se si guarda come un fenomeno cosa si vede? che c’è un soggetto, il maschio, che reitera da sempre e ovunqe e una, la donna che subisce, il debole che subisce, il bambino che viene prima sbattuto sulla neve e poi lanciato nel fiume al grido: io sono dio. Capite?
    Non voglio nessuno in galera innocente, non voglio un intero genere in galera, voglio che quel genere si fermi, che rinunci alla violenza. Avete visto il cardinale che prova un’arma potentissima? Il cardinale. Che prova un fucile o non so che diavolo sia ma è un’arma.
    p.s. grazie Ben

  35. donatella,
    dico “reprimere” (cioè reprimersi) perché penso che quei comportamenti abbiano una base istintiva, biologica, che mantiene una sua forza latente nonostante qualsiasi educazione.
    D’accordo sul comprendere, che aiuta molto, ma temo che non basti, che occorra proprio, in certi momenti, un’autodisciplina repressiva.
    Per intenderci, come succede nel mantenersi in dieta, almeno per quelli che hanno sempre appetito, avendo una soglia fisiologica di sazietà troppo alta. Passatemi il paragone fra due cose molto diverse.

    Certo, quanto più uno è stato e si è educato, tanto meno ha bisogno di reprimersi.
    Se mi sbaglio dando troppo peso alla biologia, e basta la conoscenza di sé, tanto meglio. 🙂

  36. Sì, avevo capito Ben. E’ che purtroppo ciò che viene soffocato, lo vedo in me stessa, tende a uscire fuori distorto e quasi incomprensibile, difficile, cioè, da far risalire alle sue proprie cause e la causa qui mi pare sia una malattia della relazione. Si chede la Butler in un testo che consiglio e che dopo citerò: come faremo a coltivare l’aggressività a scopi non violenti? Le risponde Cavarero facendo riferimento alla Klein, che occorre fare ricorso all’orizzonte della dipendenza sfatando l’ideale settecentesco dell’autonomia (Zanardo ci aiuta con il termine vulnerabilità). Semplifico ma il succo ho capito essere questo: se non mi riconosco come soggetto dipendente coltiverò la paura e la paura mi porterà nella dimensione della difesa e quindi della necessità dell’offesa, della guerra, della violenza, dello stupro come atto di guerra (già simbolizzato, già smascherato da molte pensatrici e pensatori).
    Cavarero infatti scrive: “(…) la categoria della dipendenza è centrale per un’etica della relazione, ossia voglio sostenere che il sé, esposto e vulnerabile (…) è costituito da una dipendenza dall’altro che opera non solo nell’infanzia, ma sempre e ogni volta di nuovo”.
    Il testo, pubblicato in Democrazia e Diritto anni or sono è “Condizione umana contro “natura” ed è un dialogo fra Judith Butler e Adriana Cavarero. Illuminante.

  37. Grazie Lorella: come sempre la tua intelligenza emotiva, la tua umanità e profondità danno ben altra luce alle questioni. Grazie Vivian, grazie Ben, grazie Donatella, grazie gp, grazie comizietto, anche se non riesci a proseguire (e lo capisco: è difficilissimo), grazie a tutti. E grazie anche a chi legge questo splendido confronto e tace, come mi sento di tacere io in questo momento.

  38. “Lo sguardo è la prima cosa, ma seguono a ruota gli apprezzamenti sul corpo, inclusi forse i complimenti sulla bellezza (tipo “sei bellissima”)” Ben

    fammi capire: se sono con un’amica o una conoscente con cui non ho relazioni erotiche, mi devo trattenere dal dirle che la trovo bella? Mi pare eccessivo. Ciò che come maschi dobbiamo dire a noi stessi e ai nostri cogenere è che il sesso va vissuto solo se c’è consenso reciproco (meglio ancora sarebbe se c’è anche coinvolgimento emotivo) perchè ottenere con la forza bruta, con la violenza ciò che dovrebbe essere un dono non ti rende “potente” nè tantomeno virile, ti degrada ad uno stato bestiale, forse anche peggio che bestiale,

  39. Grazie a te Giovanna, di cuore. Ho taciuto anch’io in questi giorni, salve qualche rapido intervento qua e là ma senza riuscire ad entrare realmente nel problema. Avevo pensato di chiederti di disambiguare questa informazione insieme puntuale e confusiva che stava circolando e sono stata molto felice di questo post. E’ proprio qui da te che ho trovato gli spunti giusti (per me) per dire qualcosa. Mi sono chiesta cos’era a confondermi e se realmente fossi confusa e non, invece, disarmata dall’inoppugnabilità della tesi secondo la quale aspettarsi giustizia vuol dire auspicare il carcere preventivo per chi non è ancora condannato. Mi faceva ostacolo, profondamente, l’idea che una denuncia, ancora una volta, non bastasse e una denuncia femminile per di più, per vedere stigmatizzato a dovere un delitto che si ripete, si ripete, si ripete. Di fronte a un soggetto sempre più sconfitto, le donne, che si vedono replicare che anche loro sono violente, che i bambini sono stati sempre oggetto di delitti e di abbandoni e che delle madri “snaturate” se ne hanno esempi a non finire. Girare sui blog in questi giorni è terribile. Eppure il bandolo che sembra esserci stato sottratto, questa volta, credo che lo ritroveremo e lo ritroveremo insieme a uomini come Ben e come tanti altri, sempre di più, che non solo hanno capito ciò che c’è da capire ma stanno prendendo con noi la parola decisiva. Non voglio trionfalisticamente pensare che siamo alla soluzione, penso che siamo dolorosamente al punto e non più da sole, un punto di partenza, quella ri-partenza di cui ci ha avvertite Virginia Woolf quando dice che la razza umana sembra caratterizzarsi da un eterno ricominciare. Ho bisogno di credere che stiamo ri-cominciando da un punto guadagnato che dobbiamo saldamente tenere in mano. Saldamente stavolta, ne va di tutti.

  40. Paolo 1984: “se sono con un’amica o una conoscente con cui non ho relazioni erotiche, mi devo trattenere dal dirle che la trovo bella?”
    Forse no, forse a volte, per questo avevo scritto “forse”.
    A (molti di) noi la bellezza femminile piace smodatamente, e alcune amiche e colleghe apprezzano pure. Ma siamo sicuri che la nostra insistenza sul loro aspetto sia sempre così gradita?
    Metterei un tetto: massimo cinque “sei bellissima” per ogni “sei bellissimo”. 🙂

  41. Pingback: Andare oltre la sentenza della Cassazione

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