Come il “non comunicatore” Bersani è riuscito a comunicare

Finisco il discorso di ieri con qualche osservazione sulla comunicazione di Bersani alle primarie. Molti a dire il vero l’hanno chiamata “non comunicazione” o “anti-comunicazione”; molti, anche in questi giorni, hanno ribadito quanto Bersani sia “negato” in comunicazione. D’altra parte, solo un anno fa se ne usciva con affermazioni del tipo «La comunicazione sta alla politica come la finanza sta all’economia». Dove comunicazione e finanza sono cattive, politica ed economia buone. E tutti giù a dirgli – inclusa me – che “non si può non comunicare”, che non è vero che la comunicazione è fuffa e la politica sostanza, che comunicazione (in senso alto) e politica (in senso alto) coincidono dal V secolo a.C, che se continui così, caro Bersani, ti fai fregare dal primo “bravo comunicatore” che passa, come ha fatto la sinistra con Berlusconi. A un certo punto però…

A un certo punto qualcosa è cambiato. Pare che Bersani e il suo staff abbiano fatto clic. Pare che la scossa elettrica del “bravo comunicatore” Renzi abbia fatto bene al “non comunicatore”. In tre punti:

1. La personalizzazione: «Se ti candidi per governare l’Italia, devi raccontare anche qualcosa di te. Appuntamento alle 11 a #Bettola», scrive Bersani su Twitter il 14 ottobre 2012. Dopo aver ripetuto per tre anni di essere contrario a ogni personalismo in politica, dopo aver ripetuto cose come «Bersani non conta, contano il Pd e l’Italia», d’improvviso cede alla leva centrale della comunicazione politica contemporanea: la personalizzazione. Vedi: Bersani #pb2013. La svolta personalizzante.

2. Il sorriso. Per tre anni Bersani si è presentato soprattutto con la faccia scura e il broncio. Anche quando al Pd le cose andavano bene (vedi Lo sforzo di Bersani sul referendum). In queste primarie, invece, d’improvviso s’è messo a sorridere. O addirittura a ridere. Quando parlo dell’importanza del sorriso in politica molti sorridono, appunto, come se fosse fuffa. Preferiscono non pensare, evidentemente, che il sorriso altrui fregherà più loro di altri, visto che si ostinano a non rendersene conto. Contenti loro. Bersani invece l’ha finalmente capito e ben gliene incoglie, perché il sorriso favorisce stati d’animo di fiducia, indulgenza, benevolenza (favorisce, non determina). Il che vale quando è autentico (puoi anche simularlo, ma ci riesci solo se sei un attore bravo), non quando è simulato in malo modo. Vedi: Perché i politici di sinistra dovrebbero sorridere di più.

bersani che ride

3. Le emozioni. Per tre anni la comunicazione di Bersani ha trascurato le emozioni, in due sensi: ne ha parlato poco e ne ha espresse poche, se non negative (preoccupazione, rabbia). Ma le emozioni sono una leva fondamentale della comunicazione (tutta, non solo politica). Lo hanno spiegato molto bene studiosi americani come Drew Westen e George Lakoff. In queste primarie, invece, abbiamo percepito le emozioni di Bersani quasi tutti i giorni: da Bettola al salotto di Bruno Vespa, fino al discorso di domenica sera, che chiude, guarda caso, parlando proprio di emozioni (soprattutto positive): «Questo viaggio lo facciamo assieme. Si governa con un popolo, mettiamoci forza, mettiamoci energia, e mettiamoci anche un po’ di allegria, che è un tratto del nostro popolo, siamo italiani, no? E un po’ di convinzione, un po’ di tranquillità e un po’ di serenità, non bisogna agitarsi, non bisogna intimorirsi, bisogna essere tranquilli e forti, e decisi [con gesto della mano di taglio]. Grazie a tutti.»

Insomma, il “non comunicatore” è diventato un “bravo comunicatore”? Ci andrei piano: al momento pare più uno studente alle prime armi, che però mostra di impegnarsi. Di imperfezioni le sue performance trasudano. Le stesse imperfezioni che in queste primarie gli hanno conferito quell’effetto di autenticità che gli ha guadagnato consensi e simpatie, specie in contrasto con la confezione patinata di Renzi. Ma di qui in avanti la comunicazione di Bersani sarà tutta da studiare e riverificare in relazione a fatti, programmi e futuri avversari: Grillo anzitutto, e chissà chi di centrodestra. Con Monti che aleggia intorno.

Questo articolo è uscito oggi anche sul Fatto Quotidiano.

14 risposte a “Come il “non comunicatore” Bersani è riuscito a comunicare

  1. Basta solo che dica qualcosa di sinistra e lo voto. 🙂

  2. Stavo aspettando questo intervento.
    Sono rimasto molto colpito devo dire dal discorso del Bersani dopo aver vinto le primarie: l’ho trovato addirittura un bel discorso! Non è stato noioso, cupo e arcigno come ci ha abituati; è stato anzi simpatico (in senso stretto), autoironico, ma non per questo ha tralasciato di parlare di argomenti seri e di parlarne con serietà. Ed è risultato addirittura coinvolgente, con quel pizzichino di retorica che però non stona, tanta quanta ne basta per tenere vivo l’interesse.
    Sembrava quasi che il PD si fosse finalmente dotato di un leader!

  3. Sono d’accordo. In questi ultimi mesi Bersani, continuando a tenersi molto sul vago, ha comunicato assai bene, anche meglio di Renzi, apparendo più autentico. Per le ragioni identificate nel post.
    Ho visto e rivisto i 3 dibattiti Obama-Romney. A me il dibattito Bersani-Renzi su Rai 1 è sembrato di qualità migliore, contenuti a parte: più genuini, ironici e auto-ironici, i due italiani. 🙂

  4. anch’io sono d’accordo, considerato anche che ci ho messo molto del mio in queste primarie… credo che sia proprio quell’aura hand-made che contribuisce ad avvicinare Bersani a chi ascolta, le imperfezioni “umanizzano” la comunicazione, mentre il patinato e gli effetti speciali possono allontanare… ma è anche questione di target (sostiene Lapalisse): Bersani ha detto le cose che il “popolo” del PD e di una gran parte della sinistra aspettava di sentire

  5. Mentre non sono molto d’accordo sull’analisi della comunicazione di Renzi, che trovo un po’ parziale, trovo che l’evidenziazione di questi punti dell’evoluzione di Bersani sia molto acuta.

    Trovo anche che, dal dibattito su RAI1, sia emersa anche una simpatia personale fra i due.

    Bersani è un anti-berlusconi… ma paradossalmente ha in parte ripercorso la stessa strada, a parte le promesse mirabolanti: le foto della sua famiglia di Bettola si contrappongono alla monografia sulla “Famiglia italiana” di Berlusconi.

    Altra osservazione: le famose metafore, rese popolari da Crozza e giustamente valorizzate da Bersani nel momento della sua massima sfida (per ora), sono una variante dei detti popolari caratteristici di Di Pietro. Nel discorso della vittoria Bersani ha persino detto “ve lo dico in Bersanese…” mutuando il “ve lo dico in Dipietrese…” 🙂

    Insomma, in comunicazione, nulla è inventato al 100%.

  6. Sarà che io sono di fondo un anarcoide che si accontenterebbe di una socialdemocrazia nordeuropea anni “60, ma tutto questa attenzione sui bravi comunicatori in politica in fondo non mi appassiona. Sarei più interessato ai contenuti estesi, magari formulati da un comitato anonimo, ma nero su bianco, insomma un progetto per il futuro da soppesare. È invece mi tocca appassionarmi controvoglia a due personaggi mediocri. Mediocri se confrontati con la complessità e i problemi reali che pretendono di essere in grado di risolvere. Perché questi cinque signori si sono candidati nientepopodimeno a governare il Paese, quindi il tema è da chi vogliono essere governati quanti (io no) hanno partecipato alla kermesse delle primarie. È vero, Renzi ha sbagliato innanzi tutto partito, ma anche Bersani non è che lo ha centrato. Avrei voluto sentire, da chi intende governare anche me, esprimere un’idea non tanto più o meno di sinistra o di destra, quanto un’idea di d’avanti. Secondo me fra Renzi e Bersani ha vinto Penati, e la polverini e formigoni e i ladruncoli e i ladroni più o meno occulti o tollerati. Hanno vinto Fassino e la “sua” banca, ha vinto una idea di progresso datata ottocento, ha vinto un Monti, certamente realista (come Marchionne, prima disgustosamente osannato, poi…) ma assolutamente privo di ogni fantasia e di capacità progettuale. Quindi nessuna idea di futuro, cari miei. E, se questo è stato uno degli anni peggiori dal dopoguerra, quello prossimo, che inizia fra meno di un mese, sarà mooolto peggiore, anche grazie a un certo modo di intendere la politica e il dibattito, si fa per dire, politico.
    Ovviamente le analisi di Giovanna sono sempre puntuali e in gran parte condivise, ed è la ragione di queste incursioni sul suo blog utile a riflettere e a comprendere meglio.

  7. Guydebord, la comunicazione È sostanza. Non esiste la realtà senza la comunicazione. Ovvero, esiste (forse) ma non siamo in grado né di comprenderla fino in fondo né di rappresentarla in modo “oggettivo”. Quando un presunto pragmatico dice “Fatti, non parole” usa le parole per rappresentare concetti astratti.

  8. @ Gianni Lombardi
    Giovanna Cosenza ci ha spiegato, in modo chiaro, chi ha vinto. Ci ha detto anche perché ha vinto. Ciò che le primarie non mi hanno detto è per (fare) cosa. La sostanza della comunicazione è stata rivolta ad aspetti marginali in rapporto alla reale posta in gioco. Forse, fra i perdenti, chi ha avuto meno voti è stato quello che ha detto di più circa le sue intenzioni per il futuro. Il vincitore Bersani non ha chiarito con chi intende governare, per fare cosa, con quali priorità. Sicuramente i tempi e il mezzo tv non sono i più adatti, ma anche la bozza, ballerina e cangiante, di programma non dice molto di più. Quindi si è trattato di un voto sulla fiducia moloto più simile a un “chi vuoi eliminare” del grande fratello. Posso non essere soddisfatto di questa sostanza molto poco sostanziosa, riempita di apparenze, di presenza della cravatta o meno, di maniche rimboccate e volti più o meno sorridenti? In fondo stiamo parlando di chi intende governarci per i prossimi difficilissimi anni. Non ci è bastato il grande imbonitore? Non ci è bastato l’uomo del Loden? O sono io che non sa ascoltare?

  9. Caro Guydebord,
    anch’io la pensavo come te, fino a quando non ho visto che, se si presentano programmi precisi, gli elettori preferiscono generalmente i peggiori, anche contrari ai loro interessi (non immediati). Oppure preferiscono vaghe promesse a programmi operativi.

    Questa può essere una ragione per cui qualche politico serio, anche intenzionato a fare qualcosa di buono, non lo dice.
    Ad esempio, nel suo discorso di accettazione Bersani ha detto ha in serbo qualche sorpresa per quando sarà al governo.
    Sebbene abbia una fiducia molto limitata in Bersani, confesso di sperare che sia qualcosa che approverei (nell’interesse dei più). Cioè molto probabilmente qualcosa che almeno il 90% degli italiani non vorrebbe.
    Quindi, se è così, zitto Bersani, per carità. 🙂

  10. Un veloce commento sul cosa di Bersani.
    A me sembra abbastanza chiaro cosa voglia fare: un po’.
    Vuole fare un po’ qua e un po’ là, un po’ lì e un po’ qui.
    Mettere mano un po’ a tutto, con interventi che sposteranno il tutto un po’ a sinistra. Sverdeggiare un po’ il loden e macchiarlo un po’ di rosso, vabbè, forse il rosso è eccessivo, diciamo rossetto.
    In termini più eleganti, cercare di gestire la crisi e uscirne, all’interno del paradigma dominante, “semplicemente” adottando misure e soluzioni di centrosinistra.
    Resta un vago programma? Certamente. Ma è tutto quello che può offrire il PD ora (e che sta offrendo da anni, da quando esiste – e probabilmente anche da prima).
    Al singolo elettore la decisione se questo è un po’ tanto, un po’ poco o se è almeno sufficiente.

    PS. Un po’… ci ho giocato sulla formula, è vero, ma è quella che usa con una certa costanza Bersani. Temo, anzi, che rischi di diventare un suo tic linguistico (come il “ma anche” di Veltroni).

  11. @ Guydabord: Sì, puoi “non essere soddisfatto di questa sostanza molto poco sostanziosa, riempita di apparenze, di presenza della cravatta o meno, di maniche rimboccate e volti più o meno sorridenti”.

    MA: dire che la comunicazione è sostanza, non vuol mica dire che si può risolvere tutto con la comunicazione (come, appunto, pensava Berlusconi quando semplicemente negava la crisi e ci diceva che per risolverla bastava “pensare positivamente”).

    Però è sbagliato anche commettere l’errore opposto, come quelli che fanno l’equazione Comunicazione=Berlusconi+Aria Fritta+Destra. È un’equazione totalmente sbagliata, anti-moderna e pure anti-democratica, perché premia status quo, apparati e nomenklature.

  12. Carissimo Ben,
    le tue parole (“…zitto, Bersani, per carità”) sono troppo pessimistiche e ciniche, sterilmente provocatorie.
    C’è pure la possibilità di persuadere molti elettori con un programma lungimirante che sia nel loro interesse, anche se non nel loro interesse più immediato.
    E’ molto difficile, te lo concedo, ma qualche volta può avere senso provarci.

  13. Una piccola nota a margine. Commento di Giovanna alla comunicazione di Bersani: 12 interventi. Commento alla comunicazione di Renzi: 68 interventi.
    Certo, il commento a Renzi era quasi “just in time”, quello a Bersani è apparso il giorno dopo. Certo, forse un giorno diventa un tempo anche lungo nel mondo dei mass media di oggi.
    Ecco, anche concedendo a questa obiezione, resta una certa disparità numerica: ennesima riprova che, girala come vuoi, ma la polemica tende ad avere più seguito e tende ad appassionare di più?

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