Qualche conclusione dall’indagine ALL

Mi pare utile confrontare i commenti al post di ieri con le conclusioni che gli stessi curatori della parte italiana di ALL hanno tratto dal loro lavoro. Ecco una sintesi, che ho rielaborato da questo documento pdf (a sua volta sintetico) di Vittoria Gallina.

Per ulteriori approfondimenti, leggiti il libro Letteratismo e abilità per la vita, Roma: Armando, 2006.

I risultati della indagine ALL mettono in evidenza che:

1) la popolazione adulta italiana, presa nel suo complesso, non ha un grado di letteratismo (literacy) adeguato alle esigenze delle società complesse;

2) intervenire su questo deficit è una priorità per il Paese;

3) l’istruzione è molto importante per garantire lo sviluppo di competenze di literacy, ma non è il solo fattore determinante: il letteratismo si sviluppa e si consolida con processi molto diversi, e solo alcuni di questi riguardano i sistemi formali di istruzione;

4) una strategia di espansione graduale del sistema scolastico non è sufficiente a colmare il deficit di competenze che si evidenzia nel mercato del lavoro e nella società attuale: dovrà passare molto tempo prima che si possano sentire gli effetti dell’incremento della scolarità dei giovani di oggi;

5) interventi efficaci e strategie adeguate vanno costruiti valorizzando meccanismi e processi attraverso i quali gli adulti mantengono e aggiornano abilità e competenze: apprendimento sul lavoro, esperienze di vita, iniziative e attività personali;

6) le competenze/abilità alfabetiche funzionali, come i muscoli, si mantengono con l’esercizio e l’uso continuo: la scuola ha un ruolo insostituibile nel costruire le basi, ma solo l’uso continuo nelle attività quotidiane mantiene livelli adeguati di competenza;

7) promuovere il lifelong learning significa mettere i cittadini in condizione di accedere agli ambienti in cui si promuove apprendimento: a casa, sul lavoro, nella comunità sociale;

8 ) accrescere i finanziamenti per l’educazione degli adulti è una scelta necessaria, ma bisogna anche motivare gli adulti alla partecipazione: apprendere in età adulta è un atto volontario, una scelta che dovrà coinvolgere strati di popolazione che oggi non sono motivati o non si sentono sostenuti in questi percorsi;

9) la formazione sul lavoro tende a essere rivolta a persone che si trovano già a un certo livello di competenza: il rischio è che non si raggiungano quelli che hanno maggior bisogno;

10) si dovranno sperimentare strategie per aumentare la partecipazione ad attività formative di persone con livelli molto bassi di competenza che nel nostro Paese superano il 40% della popolazione.

11) … Continua tu.

6 risposte a “Qualche conclusione dall’indagine ALL

  1. Dal mio punto di vista, l’elemento che l’indagine non considera – il fatto che, per certi ruoli, basta “un buon paio di stivali di gomma” – è quello in assoluto più importante e.. imprescindibile.

    L’esempio di Michele Smargiassi a riguardo è perfetto: perché, come responsabile delle risorse umane, dovrei cercare un pozzo di literacy per mandarlo a trattare con i miei uomini al lavoro in cantiere?

    Così, senza perdermi ad esprimere altri leciti dubbi analoghi (che sì potrebbero fioccare, vero?) mi domando, e domando, proprio quanto sensato possa essere, di fatto, guardare al problema dell'”illetteratismo” da una posizione di “letterati”.

    D’accordo, ci piace la buona scrittura e la buona oratoria, cerchiamo di servircene e ne riconosciamo l’utilità. Diamo il valore che diamo al saper far di conto. Operiamo il più possibile in aderenza alla luce del pensiero logico-scientifico. E probabilmente davvero siamo “letterati” da 3 in su lungo la nostra scala ALL.
    Ma cosa ha di più un “letterato” di un “illetterato”? Un “illetterato”, a conti fatti, davvero ci riconosce qualcosa? Quanto e quale vantaggio porta con sé di preciso il fatto di sapersi muovere da “letterato”? Cosa dovrebbe scorgere e desiderare per sé questo “illetterato”?

    E’ qui che, per me, entrano in gioco “gli stivali di gomma” di Smargiassi!
    Quanto ha senso investire sul dare modi alla formazione (e ovviamente ce ne sono tantissimi, anche a volersi fermare ai 10 punti esposti sopra), se prima non investiamo sul dare valore a questa stessa formazione?

    Io noto, soprattutto nel settore della comunicazione e del marketing, ma anche in ambito più generale, una grande e giustificata rincorsa all’efficacia. Scrivere efficace, parlare efficace, comunicare efficace, anche sorridere e vestire e sedurre efficace!
    E l’efficacia qui si misura tutta in termini di risultati.

    Quanto è penalizzato rispetto ai nostri amatissimi risultati un “illetterato”?

    Vi faccio il primo esempio che mi viene in testa.
    Quanto è stato penalizzato Rutelli, nel diventare Ministro della Cultura, dalla sua (indelicata?) conoscenza dell’inglese? Parliamo di Ministeri, gente, mica pizza e fichi.
    E poi davvero possiamo raccontarci che è così essenziale che i nostri corposi 1-2 ALL-levels facciano il salto? O magari sì, raccontiamocelo pure. Ma imparare a raccontarlo a loro?

    Quanto sarà penalizzato un “illetterato” rispetto ai nostri amatissimi risultati misura-di-tutto? C’è da continuare a domandarselo.
    Forse abbastanza da giustificare una campagna all'”illetteratismo” – che appunto l'”illetterato” bisognoso sia disponibile a cogliere – di questa o di qualsiasi portata?

    🙂 Perché.. se l'”illetteratismo” non è poi così inefficace, sulla base di quale presuntuosa convinzione possiamo pensare di doverlo ridurre? di poterlo ridurre?

    Allora il mio 11esimo punto è: trovare vie di fatto per dare un effettivo plus al “letteratismo”.
    Senza penalizzazione abbastanza grande, non c’è abbastanza spinta a dotarsi di altro oltre “gli stivali di gomma”.

    Di esperimenti praticabili ne avrei in mente tanti, ma qui mi limito a esporne uno.
    Ho in testa l’università che tu hai tirato in ballo nel post precedente. E allora vediamo.
    Cosa può fare l’università per il “letteratismo” secondo me?
    Io credo che l’università italiana abbia un grosso bisogno e un più grosso dovere – stando anche ai sondaggi poco lusinghieri emersi – di imparare a relazionarsi con persone, che possano e sappiano essere esaminate nella totalità ed armonia delle loro conoscenze, capacità e competenze.
    Se, come docente, do un votone ad uno studente che non sa dove sta di casa la punteggiatura o la sintassi (in una facoltà umanistica) o un votone ad uno studente che non sa di preciso qual è il senso di un’equazione o della rappresentazione cartesiana (in una facoltà scientifica) sono corresponsabile del loro “illetteratismo” e del fatto che non sapranno farsene un problema e anche della possibilità che presteranno in qualche caso un discutibile servizio alla nostra comunità. O qua c’è qualcuno chiunque che possa dimostrarmi che ci sono vere buone case senza fondamenta? 😛 Finché, come docente, mi limito a valorizzare un ripetitore automatico, per il semplice fatto che sta ripetendo automaticamente, mi sto accontentando di lasciare un giovane con i suoi stivaletti di gomma e fiero di quelli, gli sto insegnando che porta risultati e quindi che è efficace.
    Senza entusiasmo formativo e senza la sfida coraggiosamente proposta e saggiamente gestita della vera meritocrazia, l’università o chi per essa continuerà a sfornare più pezzi di carta che laureati.
    Non sarebbe tantissimissimissimo cominciare a restituire un po’ di dignità alla literacy proprio da qui?

    (A PARTE: Sto studiando il tuo corso di scrittura efficace, mille e grazie per la condivisione qui! :))

  2. Come studente vorrei subito precisare una cosa, che non considero in alcun modo l’unica causa di questo illitteratismo, ma che forse contribuisce ampiamente a esso: mi riferisco ai corsi di memoria che vengono frequentemente attivati da alcuni gruppi di persone, con l’intenzione di migliorare le capacità mnemoniche degli studenti e la loro velocità nello studio. Io riconosco i miei limiti, tuttavia rispondo sempre di no quando cercano di “intortarmi” per strada. Bene, non m’interessa nulla che chi ha studiato meno di me prenda un voto più alto all’esame. Non me ne può fregar di meno! So che ci sono delle cose che mi paicciono di più e altre che mi piacciono di meno, così come anche delle cose più facili da comprendere e altre più difficili. L’importante è interessarsi, perchè quando sei interessato a qualcosa la fai sempre bene. Quest’interesse è per me spesso legato a particolari motivazioni, quasi sempre personali: all’esame mi piace fare una bella performance, una bella figura; e io sono uno di quelli che se non studia non parla.
    Io non mi fido tantissimo di questi test, proprio come non mi piacciono i test di ammissione ad un particolare livello della lingua inglese, in cui si devono riempire gli spazi vuoti con le parole distribuite da qualche parte nella pagina o nella schermata del pc, se questi contengono argomenti e tematiche lontani alle mie esperienze. Per quanto riguarda il lessico, invece, non riesco a ricordare la denotazione di alcune parole che incontro durante la preparazione dei diversi esami. No, sono convinto che dipende dai test che vengono somministrati e dalle domande che vengono poste a particolari gruppi di persone in particolari momenti. E’ anche vero che ci sono categorie di professionisti che possono accontentarsi di un italiano sufficiente per poter andare avanti nella vita e nel lavoro, così come ci sono quelli che forse non raggiungono neanche la sufficienza. In poche parole non sono sorpreso dal fatto che per molti la laurea è più una questione di prestigio familiare che di crescita personale.

    Sono confuso. Non scrivo più nulla perchè ho paura di sbagliare e di dire cattiverie. La lettura e lo studio non hanno mai fatto male nessuno, penso! C’è chi legge di più e chi legge di meno; c’è chi studia di più e chi studia di meno. Se non s’impara a studiare non s’impara neanche a diventare lettori, per come posso vederla io.
    Sarei proprio curioso di sapere se io raggiungo il terzo livello.
    Grazie, francesco

  3. Se diamo un valore (anche) alla preparazione formale, perché non ci comportiamo di conseguenza? E se non gliene diamo poi granché, di valore, a cosa servono tutte queste statistiche e tanto scomporsi?

    Mi sono alzata con capacità di sintesi.. 🙂 e urgenza di fissare questo appunto come è. Perciò domando scusa se già ri-appaio, ma essere luuunga mi rende sempre tanto infelice e bramosetta di riparare! 😀 😛

  4. OK, forse il mio post di ieri è ancora nella fase pre-writing.

    Sono piuttosto preoccupato per gli adulti, che contano tantissimo nelle nostre vite. Cosa fare per loro? Si, il problema è proprio questo per me, sempre che domani o più tardi io non cambia idea!
    E se i test fossero stati somministrati da uomini eruditi ultrasessantenni?

  5. Per una qualche associazione distorta mi è venuto in mente il discorso della “raccolta differenziata”. Ho notato che i più giovani (ad esempio i miei coetani che superano la ventina di anni, e ancor più quelli più piccoli) fanno meno fatica a pensare prima di gettare qualcosa, e scatta in loro il meccanismo della differenziazione: la plastica da una parte, la carta dall’altra, l’organico da un’altra ancora…
    Noto invece ad esempio che per quanto io mi sforza a chiedere a mia mamma di creare almeno due differenti bidoni in casa lei si ostini a non farlo ritenendo la cosa poco importante (pur sapendo che non è così).
    Tutto questo per arrivare a dire che cosa? Noi siamo stati sensibilizzati maggiormente riguardo a questa questione e, soprattutto dopo gli ultimi fatti, tendiamo ad essere più sensibili all’argomento. Mentre per quanto riguarda mia mamma è la pigrizia che prevale, è una cosa che non ha mai fatto nella vita, che considera in qualche modo una perdida di tempo, e non ha voglia di iniziare adesso!
    Tutto questo forse troppo lungo preambolo per dire cosa?! Che per me lo stesso discorso vale per quello che viene qui sottolineato nei punti 5 e 6: bisogna tenere in allenamento le nostre capacità. Se non siamo stati abituati fin dalla scuola (che quindi ricopre un ruolo sempre fondamentale) a farlo, ad esempio a leggere libri o riviste, a tenerci aggiornati su ciò che ci circonda, ad essere curiosi del mondo e a costruire le nostre proprie opinioni, è improbabile che una volta adulti ciò ci venga spontaneo. Non avendo tempo perchè occupati col lavoro la famiglia etc…sicuramente nei pochi momenti liberi prevarrà quella stessa pigrizia che spinge mia mamma a fregarsene della raccolta differenziata!
    Non so se si è capito il punto, ma ritenendomi molto pigra e restia a fare tutto ciò che può “mantenere aggiornate le mie capacità e competenze”, penso che sicuramente la maggiorparte della colpa sia mia, ma che una qualche forma di intervento dall’esterno si possa fare, in tempi dovuti.

  6. Scusate il mio silenzio ma ho avuto giorni di fuoco.
    E poi, francamente, i vostri interventi sono talmente densi che non basta leggerli, bisogna… studiarli!
    Insomma, per rispondere in modo che non sia un banale “Grazie dei contributi, ci sentiamo”, mi sa che li stampo e ci penso al weekend.
    Grazie dei contributi, intanto.
    😉

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