Archivi del giorno: lunedì, 2 luglio 2012

Ancora sul paragone fra politica e calcio

Sono reduce da un intervento alla trasmissione «Tutta la città ne parla» di Radio3, dove mi hanno chiamata a parlare del paragone fra politica e calcio, su cui avevo scritto venerdì scorso.

Colgo l’occasione per chiarire anche qui, come ho fatto in radio, che manifestare insofferenza per l’abuso di metafore calcistiche nel parlare di politica ed economia non implica, da parte mia, nessuna forma di snobismo: so bene che il calcio è una passione molto trasversale in Italia su cui c’è poco da alzare il sopracciglio, pena non capire un bel nulla del paese in cui viviamo; so bene che i campionati europei e mondiali inchiodano alla partita anche persone che normalmente non si interessano di calcio, e che per questo possono fare utilissime iniezioni di coesione a una società che stenta a riconoscersi in simboli condivisi; non penso infine ci sia proprio niente di male nell’entusiasmarsi, per qualche sera, per i destini di una squadra di calcio.

Balotelli-Monti

La mia insofferenza riguardava solo i media e l’abuso che hanno fatto del parallelo fra calcio e politica. Non tanto e non solo perché «il troppo stroppia» e questo vale sempre, anche per i giornali e la tv; ma perché cavalcare l’onda della passione collettiva per vendere copie e ottenere ascolti è un trucchetto banale che da un lato indica scarsa fantasia, dall’altro – cosa ben peggiore – può implicare, come è successo in molti casi, gravi imprecisioni e lacune nel raccontare la complessità di ciò che di fatto accade, in politica ed economia come nel calcio.

Che la situazione della squadra italiana non fosse così semplice è stato dimostrato dalla sconfitta finale. Che nemmeno la situazione politico-economica italiana ed europea lo sia, lo constateremo nei prossimi giorni.

Sono anch’io una iettatrice (nel mio piccolo), come è stato detto (e scritto) di Monti allo stadio? Non diciamo fesserie.

Detto questo, voglio riproporre anche qui il parallelo fra politica e calcio (giusto per dimostrare che non ho la puzza sotto il naso), ma voglio usarlo a buon fine, diciamo, e cioè per trarne spunti positivi e propositivi. Gli azzurri hanno perso, ok, ma questo non significa che abbiano «fatto schifo», né che, per somiglianza, «facciano schifo» la politica, l’economia e tutta la società italiana. In altre parole, cerchiamo di non passare dal trionfalismo al disfattismo. Teniamo buono, cioè, almeno un pizzico dell’entusiasmo con cui si è inneggiato ai due Mario (Monti e Balotelli), teniamolo buono per caricarci, consolidarci, non sentirci sempre l’ultima ruota del carro, come italiani, e fare meglio. Nel calcio e fuori.

È buon senso, lo so. Ma pare che di buon senso ultimamente ci sia bisogno.