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Donne. «Ci vogliono perfette come Barbie, ma non troppo: se no, diventiamo una minaccia»

Ieri è uscita sul Fatto Quotidiano Extra un’intervista che mi ha fatto Elisabetta Ambrosi, che ringrazio. Abbiamo parlato di donne e politica, stereotipi di genere, comunicazione di massa, pubblicità, disuguaglianze nell’accesso al lavoro e nella partecipazione all’economia del Paese, diritti e altro. Con un passaggio su Barbie di Greta Gerwig. Puoi scaricare o leggere qui di seguito l’intervista.

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Le obiezioni che BarbieMovie sta suscitando dicono più cose su di noi che sul film o sulla bambola

1 minuto

Ieri Milena Vesco e io abbiamo fatto una diretta su Instagram, per riflettere sulle principali obiezioni e critiche che il film Barbie ha suscitato finora. Perché lo abbiamo fatto?

Perché credo che il film sia molto interessante, non solo dal punto di vista cinematografico, per la splendida sceneggiatura di Greta Gerwig e Noah Baumbach, le fantastiche scenografie e altro che lascio a chi è più esperto/a di me commentare, ma come magistrale operazione di marketing da parte d Mattel, e soprattutto come specchio della nostra società, delle relazioni fra uomini e donne, della condizione femminile nel mondo occidentale, fortemente condizionato dalla comunicazione di massa, dalla spinta a consumare, fare soldi e competere, dall’ossessione per l’apparenza e l’immagine. Penso dunque che i fastidi e le antipatie che il film suscita, molto più degli entusiasmi, ci dicano molto su

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La nuova Barbie: viva la diversità. Saranno capaci di andare oltre?

The evolution of Barbie

Che Barbie stesse cambiando l’avevamo già notato cinque anni fa. Un po’ alla volta, quasi con timore, Mattel è arrivata a valorizzare la diversità nei corpi femminili (alti, bassi, rotondi, magri), nel colore della pelle (bianca, bianchissima, nera, nerissima), nel tipo e colore di capelli (ricci, lisci, lunghi, corti, neri, rossi, biondi), nei lineamenti del viso (occhi grandi e piccoli, occidentali e orientali, bocche carnose e non, zigomi alti e non). Bene. Finalmente. Ce l’hanno fatta. Il prossimo passo dovrebbe Continua a leggere

GoldieBlox contro Barbie e il rosa per bambine: la guerra continua

GoldieBlox e la macchina di Rube Goldberg

Abbiamo discusso all’inizio di luglio (QUI e QUI) il caso di GoldieBlox, un’azienda americana specializzata in giochi di costruzioni per l’infanzia, che ha lanciato una linea di costruzioni per bambine, annunciando di voler sostituire il pink con il gold e dichiarando guerra alle Barbie. L’idea di marketing è buona, e immaginavo che prima o poi qualche azienda ci sarebbe arrivata: partire dal rosa e dagli stereotipi (i tutù, le coroncine da principessa e altre leziosità tipiche del marketing per bambine), citandoli e con ciò riproponendoli, ma per invitarci a Continua a leggere

GoldieBlox contro Pink & Barbie: il pezzo di storia che mancava

GoldieBlox

Dopo aver scritto “Dagli Usa la guerra contro le Barbie e il rosa per bambine”, ho appreso da Floriana Grasso e da Supermambanana (grazie a entrambe) che mi mancava un pezzo importante della storia che ha portato GoldieBlox a produrre giocattoli di costruzioni per bambine. Il caso infatti  nasce da un crowd funding di successo (non lo sapevo), che rende tutto molto più vivo e interessante dal punto di vista dell’uso della rete per avviare un progetto di business innovativo. Poco cambia, però, Continua a leggere

Dagli Usa la guerra contro le Barbie e il rosa per bambine

GoldieBlox 1

La GoldieBlox, un’azienda americana specializzata in giochi di costruzioni per l’infanzia – ha lanciato qualche giorno fa, nell’ambito di Toys R Us (i giocattoli siamo noi), una linea di costruzioni per bambine, annunciando di voler sostituire il pink con il gold e dichiarando guerra alle Barbie (cito dal loro canale YouTube): Continua a leggere

La Barbie assassina di Greenpeace

Ieri Renata mi ha segnalato l’ultima campagna internazionale di Greenpeace, contro la Mattel: pare che l’azienda contribuisca alla deforestazione dell’Indonesia, perché trae la carta per il packaging dei giocattoli dalla foresta pluviale indonesiana.

Foreste e torbiere ricche di carbonio, specie animali come la tigre e l’orango rischiano l’estinzione per le confezioni di Barbie, Ken e del variegato mondo di accessori che li accompagna.

Peccato che Greenpeace, per attirare l’attenzione sul problema, si sia inventata la «breaking news» di Ken che decide di mollare la fidanzata («Barbie, it’s over!») dopo aver scoperto che è una serial killer, una feroce assassina di oranghi, tigri e foreste.

Peccato che sia tutta colpa di Barbie, insomma, quando invece è pure per incartare Ken che si distruggono le foreste indonesiane. E peccato che Ken sia rappresentato come un gay isterico e un po’ scemo, perché ora Greenpeace può essere accusata di doppio sessismo: contro le donne e contro i gay.

Avrebbero potuto pareggiare la partita, mostrandoli entrambi assassini. Avrebbero potuto rompere gli stereotipi. Invece no: caricatura di gay e caricatura di donna assassina. Strano, per Greenpeace: di solito sono comunicatori più astuti.

Lo spot italiano:

Lo spot inglese:

Il videopost di Renata, che accusa Greenpeace di sessismo: