Tu non sei un figo, sei solo un deficiente

Qualche giorno fa Valentina mi ha segnalato un video, chiedendomi un’opinione perché lei era perplessa.

È uno spot contro il cyberbullismo (quella forma di bullismo che usa soprattutto strumenti elettronici, dal cellulare a facebook), realizzato nell’ambito del progetto «La rete siamo noi» promosso da Corecom E-R, Difensore Civico Regionale, Provincia di Bologna e Istituzione Minguzzi.

Poiché nell’affrontare temi che riguardano l’educazione e i problemi dei minori credo non si possa mai prescindere dal parere di psicologi e psicoterapeuti esperti, ho consultato l’amica e collega Maria Cristina Ortu, responsabile e docente del CESIPc di Padova, nella cui professionalità e sensibilità personale ho la massima fiducia, che ha confermato e arricchito le mie impressioni iniziali.

Il punto di forza del video è l’attenzione alle conseguenze: una delle ragioni per cui i ragazzini possono diventare violenti è che non riescono ad anticipare – neanche lontanamente – le conseguenze che il loro comportamento avrà sulla vittima, sul mondo che li circonda, su loro stessi.

Lo spot fa benissimo, dunque, a parlare subito di conseguenze e a riprendere il tema anche alla fine.

Il problema, però, è che si limita a parlarne, ma non le mostra. Il video è infatti tutto concentrato sul maschio adolescente che appare, sì, pentito, ma di fatto racconta diversi dettagli sul suo comportamento da bullo, sul suo accerchiare la ragazza, isolarla, mostrarne le foto su internet.

Troppa insistenza e dettagli fanno del bullo un eroe da imitare. Un eroe negativo, certo, ma pur sempre un eroe.

Insomma, contrariamente alle migliori intenzioni dei promotori, lo spot rischia di produrre esattamente l’effetto contrario: invece di allontanare i maschi preadolescenti e adolescenti dal cyberbullismo, lo suggerisce come una possibile strada per compensare eventuali malesseri, soddisfare desideri di ribellione o anche solo attirare l’attenzione su di sé.

E la frase «Tu non sei un figo, sei solo un deficiente» certo non basta, da sola, come deterrente: per convincere qualcuno di qualcosa, le immagini e i comportamenti hanno sempre la meglio sulle parole. Con gli adulti e a maggior ragione coi ragazzini. Nella vita come negli spot.

11 risposte a “Tu non sei un figo, sei solo un deficiente

  1. concordo con la tua analisi: tutto lo spost è incentrato sulla spiegazione delle “gesta” del bullo, sulla sua rabbia, e alla conseguenze è rimasto uno spazio troppo esiguo: l'”autocritica” del ragazzo è mosttata in una sola frase, verso la fine, che passa quasi inosservata. tra l’altro, non si capisce nemmeno quali siano le conseguenze: lei lo ha denunciato ma poi? è in prigione? in un centro di rieducazione? a casa? anche la frase «Tu non sei un figo, sei solo un deficiente», detta dal ragazzo con rabbia nei confronti della ragazza secondo me non ha l’effetto voluto, ma anzi, rafforza l’idea che il ragazzo ce l’abbia ancora con lei.

  2. Grazie, Giovanna, per avermi aiutata a capire qualcosa di più su quel video.
    Io lo avevo trovato un po’ “artefatto” soprattutto per via del linguaggio, che mi sembra poco adatto al target del video stesso. Il testo è tutto al passato remoto, e ci sono anche frasi come “tu lo sai che dopo i 14 anni la legge ti ritiene responsabile delle tue azioni?”, o vocaboli come “artefice”, che sembrano dette da un professore, più che da un ragazzo. Se io fossi un cyberbullo, dubito che questo spot mi farebbe cambiare comportamento.

  3. Era molto meglio lo stile di quella pubblicità (non italiana) che faceva vedere le conseguenze di un incidente stradale. Lì si colpiva nel segno davvero. Hai voglia di sentirti figo nel causare la morte della gente in quella maniera.

  4. Intanto garantisco gratitudine et devozione eterna per la frase li che non si pole prescindere su queste questioni da psicologi e psicoterapeuti. Dio te ne renderà merito:)

    Poi si concordo. Secondo me c’è proprio la mancanza di un passaggio logico, cioè emotivo. Per tutto lo spot il protagonista è un figo e anche piuttosto credibile (ha lo sguardo sicuro di se, mentre parla si sente ancora nel giusto, si autogiustifica – chi lo ascolta gli sta dietro) e alla fine lei gli dice che è un deficiente. Siccome lei non si vede mai, siccome l’imbarazzo del ragazzo tra la leggerezza dei gesti iniziale e lo sconforto che provoca non si vede – lo slogan finale non ha proprio ragione di essere. Non si capisce mica perchè è deficiente insomma. Solo perchè rischia colla legge?
    Ma se l’etica è solo questo si salvi chi può.

  5. intanto una cosa, il cyberbullo non è sempre cyberbullo. Lo può diventare perché arrabbiato, ferito, insicuro, cattivo. In questo spot questa parte è bene espressa, anche troppo. Quasi si legittima il fatto che una persona ferita debba vendicarsi. Alla fine la ragazza rimane comunque sola, l’amico la lascia, quindi il bullo riesce nel suo intento. Non sappiamo niente di come lei ha vissuto questi momenti, del suo diritto di lasciare e mettersi con chi le pare, senza subire ritorsioni meschine. Ma lui perché si pente? Non si è messo nei suoi panni, non si è calmato e reso conto che l’amore viene e va, che ognuno è libero di vivere i propri sentimenti. Ha ricevuto un sms e gli ha dato fastidio essere chiamato deficiente. Insomma su questo spot c’è da lavorare ancora un bel po’.

  6. Mah, il messaggio sembra soprattutto: occhio a come vi comportate che dopo i 14 anni ci sono conseguenze.
    Le uniche immagini mostrate della ragazza sono quelle sexy e quelle in cui bacia “l’altro”, scelta che mi sembra davvero fuori luogo.

    No, decisamente poco efficace, se non dannoso.

  7. Iniziamo a pensare di rivolgerci a persone vere, che non hanno bisogno di una telecamera che oscilla in continuazione.
    Zio caro, sembra di guardare Moulin Rouge.

  8. eppoi, quel ragazzo figo lo è sul serio. sguardo alla raoul bova, cuorinfranto, quella là che si mette col suo amico, porello…c’è da capirlo, no?
    ecco, l’eroismo: il ragazzo che ha fatto una ragazzata per amore. eppoi, se quella non avesse fatto le foto un po’ osée, lui con cosa avrebbe potuto tormentarla?
    ennò, bocciato.

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  10. Interessante il punto sull’eroe negativo, ma cosa suggeriresti per non cadere in questa trappola della comunicazione? Non so, ad esempio vederlo trascinare via dai carabinieri in lacrime?

  11. Mah, aggiungerei anche che dare a qualcuno del deficiente è espressivo, ma è pur sempre una comunicazione che rischia di diventare replicabile, quindi è un’argomentazione autofaga che rischia di trasformarsi in un boomerang.
    Provate a chiedere agli insegnanti se possono dare dei deficienti ai loro alunni, magari anche quelli che si sono comportati da bulli con i coetanei, e sentite da ora le grida di disperazione e lo stridore di denti.

    Per rispondere a universitype direi che si potrebbe mostrare il cyberbullo da solo, giustamente emarginato più di prima dai coetanei: in questo modo si ostracizza il comportamento negativo senza opporgli violenza, ma girando le carte in tavola, e si mostra una conseguenza che, nell’adolescenza, spaventa più della prigione.

    Andrea

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