Il discorso di Obama sull’uccisione di Bin Laden

Il discorso che Barack Obama ha pronunciato due notti fa per annunciare l’uccisione di Osama Bin Laden è perfetto nella sua semplicità, perché applica alcune regole elementari per la costruzione di storie che stanno alla base di molte fiabe antiche, regole che la semiotica e la narratologia esplicitarono fin dalla metà del secolo scorso. Sono le stesse, per intenderci, che si ritrovano in molti best seller e film statunitensi di successo. In questo tipo di narrativa il giovane Jon Favreau, direttore dello staff di speechwriting della White House, dà sempre il meglio di sé. Cercherò di evidenziare in breve la struttura fondamentale del discorso.

C’era una volta una mancanza, che cominciò in un luminoso – ma subito buio – giorno di settembre:

«It was nearly 10 years ago that a bright September day was darkened by the worst attack on the American people in our history.»

Una mancanza che si percepisce in alcune immagini potenti: un posto vuoto a tavola, l’assenza di una madre o un padre, il mancato abbraccio di un bambino:

«And yet we know that the worst images are those that were unseen to the world. The empty seat at the dinner table. Children who were forced to grow up without their mother or their father. Parents who would never know the feeling of their child’s embrace. Nearly 3,000 citizens taken from us, leaving a gaping hole in our hearts.»

Arriva un eroe, che però non è un singolo, ma la collettività, addirittura la «famiglia» degli «American people»:

«On September 11, 2001, in our time of grief, the American people came together. We offered our neighbors a hand, and we offered the wounded our blood. We reaffirmed our ties to each other, and our love of community and country. On that day, no matter where we came from, what God we prayed to, or what race or ethnicity we were, we were united as one American family

L’eroe cerca il nemico che ha causato la mancanza, scopre chi è, gli fa guerra:

«We quickly learned that the 9/11 attacks were carried out by al-Qaida – an organization headed by Osama bin Laden, which had openly declared war on the United States and was committed to killing innocents in our country and around the globe. And so we went to war against al-Qaida to protect our citizens, our friends, and our allies.»

Una guerra lunga dieci anni e dolorosa, una guerra in cui però la famiglia americana non è mai stata sola, perché ha avuto al suo fianco diversi aiutanti, «instancabili ed eroici»: innanzi tutto i militari e i professionisti del controterrorismo, e poi, nel mondo, diversi «amici» e «alleati»:

«Over the last 10 years, thanks to the tireless and heroic work of our military and our counterterrorism professionals, we’ve made great strides in that effort. […] And around the globe, we worked with our friends and allies to capture or kill scores of al-Qaida terrorists, including several who were a part of the 9/11 plot.»

Finalmente, nell’agosto 2010, i primi segnali di una possibile vittoria. Dopo tanta fatica, quasi Obama non ci crede:

«Then, last August, after years of painstaking work by our intelligence community, I was briefed on a possible lead to bin Laden. It was far from certain, and it took many months to run this thread to ground.»

Invece è vero, e Obama autorizza l’azione:

«And finally, last week, I determined that we had enough intelligence to take action, and authorized an operation to get Osama bin Laden and bring him to justice.»

Un’azione necessaria perché Osama Bin Laden era un leader e un simbolo:

«For over two decades, bin Laden has been al-Qaida’s leader and symbol, and has continued to plot attacks against our country and our friends and allies. The death of bin Laden marks the most significant achievement to date in our nation’s effort to defeat al-Qaeda.»

Ma non era il simbolo dell’Islam – precisa Obama – non un leader musulmano, ma un «assassino di massa di musulmani»:

«As we do, we must also reaffirm that the United States is not – and never will be – at war with Islam. I’ve made clear, just as President Bush did shortly after 9/11, that our war is not against Islam. Bin Laden was not a Muslim leader; he was a mass murderer of Muslims. Indeed, al-Qaida has slaughtered scores of Muslims in many countries, including our own. So his demise should be welcomed by all who believe in peace and human dignity.»

E si badi bene: gli americani non hanno mai voluto la guerra, anzi, l’hanno sofferta e ne conoscono i costi, gli enormi sacrifici:

«The American people did not choose this fight. It came to our shores, and started with the senseless slaughter of our citizens. After nearly 10 years of service, struggle, and sacrifice, we know well the costs of war

Dunque stanotte abbiamo vinto, dice Obama. Certo, l’obiettivo di rendere il nostro paese e il mondo più sicuri non è ancora del tutto raggiunto e dobbiamo stare all’erta.

Ma abbiamo vinto perché «l’11 settembre prevalse il senso di unità». E ciò testimonia la «grandezza del nostro paese e la determinazione degli americani»:

«And tonight, let us think back to the sense of unity that prevailed on 9/11. I know that it has, at times, frayed. Yet today’s achievement is a testament to the greatness of our country and the determination of the American people.»

Non solo: questa vittoria testimonia che «l’America può fare qualunque cosa ci mettiamo in mente di fare», che sia cercare la prosperità e l’uguaglianza per la nostra gente, o esportare i nostri valori e rendere il mondo più sicuro:

«The cause of securing our country is not complete. But tonight, we are once again reminded that America can do whatever we set our mind to. That is the story of our history, whether it’s the pursuit of prosperity for our people, or the struggle for equality for all our citizens; our commitment to stand up for our values abroad, and our sacrifices to make the world a safer place.»

Infine ricordiamolo: «Possiamo fare tutte queste cose non perché siamo ricchi o potenti, ma semplicemente per quello che siamo: una nazione, benedetta da Dio (e intende il Dio di qualunque religione), una e indivisibile, con libertà e giustizia per tutti»:

«Let us remember that we can do these things not just because of wealth or power, but because of who we are: one nation, under God, indivisible, with liberty and justice for all. Thank you. May God bless you. And may God bless the United States of America.»

Dio benedica l’America, dunque. E anche Jon Favreau.

42 risposte a “Il discorso di Obama sull’uccisione di Bin Laden

  1. Sono sempre più spaventata proprio dal fatto che l’America possa fare qualunque cosa che gli americano si mettano in mente di fare!
    Sono europea, sarà per questo che considero best seller e film usa esattamente delle fiabe lontane dalla vita reale, comprendo sempre di più il perché Wodoy Allen non sia apprezzato in USA quanto invece in Europa…
    Personalmente ho trovato assurdo, antidemocratico e pericoloso festeggiare la morte, anche se di Osama Bin Laden.
    Grazie per l’analisi, molto interessante.

  2. C’è tuttavia una fondamentale differenza tra le fiabe antiche da una parte e i best seller e film statunitensi di successo dall’altra.
    Le prime si concludono, bontà loro. I secondi invece non si accontentato e avvertono il bisogno di produrre la parte 2, la 3 e la 4….
    La struttura rimane immutata – siamo sempre a Propp, vuoi mettere il gusto della tradizione? – ma al termine il disagio nel lettore/spettatore sarà la certezza del ritorno dell’identico nei sequels a venire.
    Sappiamo ovviamente il nome dell’Eroe. Chi sarà invece il prossimo Antagonista a ottenere il privilegio di occupare la casellina vuota di Bin Laden, scusate, il vuoto tratteggiato nel testo di Jon Favreau riciclabile per nuovi happy end?
    La domanda non sarà comunque inattesa. Avremo modo di scoprirlo, vista la ormai certa futura rielezione dell’uomo nero che con teatrale mossa da far west ha fatto fuori l’altro uomo nero, occultamento del cadavere compreso in fretta e furia.
    Altrimenti poi cosa resta agli scettici (per non dire ai complottisti) da parlare tra loro in attesa della prossima puntata?
    Quel che è certo è che con una mossa e un testo del genere , Obama potrà fare una parziale buona azione dopo un totale evitabile disastro: il ritiro delle truppe dall’Afghaniastan.
    Del resto i comnicatori lo sanno benissimo: ci vuole un gran testo trasforma una ritirata in un trionfo. Naturalemente non per tutti.
    Solo per chi creade alle fiabe.
    Mission accomplished.
    That’s all folks!

  3. Un post molto interessante, grazie. Favreau e’ uno che “ne sa” 😉

  4. Direi che, dal punto di vista delle strategie narrative, non ci sono molte differenze con Bush (e con la retorica presidenziale statunitense). Le differenze forse si situano più a livello discorsivo (in senso greimasiano), che ne dici?

  5. Sì, Francesco, concordo. Sta lì la grandezza di Jon: le immagini, le passioni e altre cosucce così… 😉

  6. Le fiabe, anche quelle dei best seller e dei film di Hollywood non sono mai del tutto lontane dalla vita reale. Comunque io sono onnivoro: le mie passioni cinematografiche vanno da Tarantino ad Allen
    I festeggiamenti per la morte di Bin Laden non mi hanno scandalizzato, umanamente li capisco (se ammazzassero Delfo Zorzi, che ora fa la bella vita in Giappone, non mi metterei a piangere anche se avrei preferito vederlo in galera), ma condivido quanto scrive Pino Arlacchi oggi su L’Unità
    http://www.unita.it/mondo/osama-era-gia-stato-sconfitto-i-di-pino-arlacchi-i-1.289186
    Molto interessante anche l’intervista a Loretta Napoleoni sempre su l’Unità di oggi, purtroppo non riesco a linkarvela.
    Una cosa mi colpisce: due protagonisti della lotta contro l’URSS “atea e materialista”, uno è beato l’altro si è rivoltato contro chi lo aiutava ad ammazzare i comunisti ed è stato fatto fuori. La vita è strana.

  7. Quasi quasi Giovanna, mando il mio Cv a Obama. Scommettiamo che potrei far meglio di questo Favreau anche io? Ci sono sceneggiatori sopravvalutati nella storia del cinema, che hanno brillato quando merito era tutto dell’attore.
    Questo testo è perfetto perché c’è Mr. flap-eared Obama a parlare, che ha un timbro di voce e una percezione dell’andamento della frase che rimedia, e sottolineo rimedia, anche alla piattezza ritmica dei periodi scritti dal nostro Jon.
    Mi dirai che è la squadra che vince, che il bravo ghost writer fa risaltare i pregi e nascondere i difetti del suo oratore. Potrebbe essere stato scritto Bush quel discorso. Ma Bush era un attore amatoriale da oratorio mentre Obama è n artista. Reagan fu un attore che divenne Presidente: Obama ha saltato la gavetta.
    Non vale ciò che disse Marziale, che “i versi che reciti son miei ma se li reciti male son tuoi”.
    Vale l’opposto: “i versi che reciti son miei ma se li reciti bene son tuoi”.

  8. Un discorso strutturato più per gli americani che per il mondo.
    Se la Merkel usasse la stessa retorica le elezioni le perderebbe.
    Un commentino sul secondo discorso, quello sulla “gioia” manifestata dagli americani, però, ora occorre, cara prof.: come spiegare che non è stata festeggiata la morte di un uomo, buttato in mare a dispetto di ogni pietas (beh, Virgilio là a scuola non si legge), ma quella di un simbolo?

  9. Sarebbe proprio il caso di dire “Bel discorso, Mister President!” Anche questo fa parte del Grande Rito dei Vittoriosi, un po’ come ci hanno abituati a vedere i discorsi dei diplomandi. Roba da AmeriKa, insomma!

    In ricambio ti lascio il link di Vongole & Merluzzi che dice la sua proprio in merito a questo argomento, Osama si, Osama no! …

    http://vongolemerluzzi.wordpress.com/2011/05/02/maramao/

  10. Il discorso è esemplare. Ma su questo gli americani sono dei veri professionisti. Anche il film più idiota, chessò “THOR”, è sempre un prodotto “perfetto”. Obama ed i suoi in questo non fanno eccezione. Anche Bush Jr., che pure era molto meno efficace di Obama nella comunicazione, ha fatto dei “bei” discorsi. Qualcuno se li ricorda?

    In Europa, UK esclusa, i “bei” discorsi lasciano il tempo che trovano. Inclusi quelli di Obama. Ci siamo ammazzati l’un l’altro per 500 anni, sai com’è, alla fine le parole magari lasciano una bella impressione, ma non è che servono a far cambiare idea alle persone. Un Tedesco è sempre un mangiacrauti in Francia, un francesce è sempre una “rana” in UK, e gli Italiani sono sempre dei buffi punti interrogativi nel resto d’Europa (però si mangia bene da noi x cui ci perdonano quasi tutto…).

    In quanto a discorsi, Obama ne aveva fatto uno pure meglio (si può dire?) qualche sera fa alla cena dei corrispondenti (White House Correspondents Association dinner), dove, da vero mattatore, ha oscurato lo speaker ufficiale, un comico consumato come Mayers.

    VEDI:
    http://www.huffingtonpost.com/2009/05/09/full-video-obamas-white-h_n_201264.html

    Pur comprendendo l’analisi che Giovanna ha fatto, non sono così entusiasta. Nell’insieme Obama ha voluto chiudere un lutto lungo 10 anni e dire alla sua nazione ed al mondo che si volta pagina. Guardando la borsa, l’unico indicatore serio del successo di un discorso, non mi pare ci sia riuscito.

    Quindi discorso “bello” ma non efficace.

    Cordialità

    FZ

  11. Non so se ci siano altri post sulla retorica di Obama (retorica nel senso dell’arte degli antichi), ora spulcerò il blog, ma mi è venuto immediatamente in mente un aspetto dal punto di vista tecnico, incredibile.
    Sul sito del New York Times, esattamente qui http://elections.nytimes.com/2008/results/president/speeches/obama-victory-speech.html si possono cercare le parole del discorso. Cercando ‘yes we can’ che era il mantra della vittoriosa campagna elettorale di allora, vengono evidenziate sulla timeline del discorso delle tacche blu. Si noterà subito con con quale geometrica precisione il discorso sia concepito (Favreau) e con che capacità sia interpretata (Obama). Un esempio di climax perfetto.

  12. Ugo, perfettamente d’accordo su tutto ciò che hai scritto nel tuo ultimo commento. È lo staff, certo. Ma sono anche equilibri fra testo, performance e contesto della performance.

    Fra l’altro Obama ha più volte detto che scelse Favreau perché si sentiva che quasi gli leggesse il cervello, da quanto erano in sintonia sempre su tutto. Insomma, mettiamola come vogliamo, ma Jon – a indovinare i pensieri di Obama o fingere di farlo – è sicuramente un ragazzo sveglio eh 😉

    Se ti senti di leggere il cervello di Obama, be’, manda il tuo cv: yes you can! 🙂

  13. “l discorso è esemplare. Ma su questo gli americani sono dei veri professionisti. Anche il film più idiota, chessò “THOR”, è sempre un prodotto “perfetto”
    Filippo Z.

    Non ho visto Thor, ma questo è vero: persino il cinema trash USA è meglio del nostro, basta confrontare American Pie con un qualsiasi cinepanettone nostrano, e un talento comico come Eugene Levy con Massimo Boldi.

  14. Splendida analisi! Grazie

  15. Secondo me c’è un motivo profondamente razionale per cui una storia ben costruita – come quella del discorso di Obama – tende a essere persuasiva.

    Se un’analisi di una vicenda umana, personale o storico-politica, è una buona analisi, ed è anche un’analisi utile per agire, allora PUO’ prendere la forma di una storia ben costruita.

    Le analisi che non stanno in piedi o sono irrilevanti per l’azione, si stenta a dargli quella forma narrativa lì.
    E’ un possibile test per scartare spiegazioni e discorsi inutili. Da suggerire, per scendere nel cortiletto di casa nostra, a Bersani.

    Quello che sto cercando di dire è che una buona storia non è solo un artificio retorico. E’ anche un’indicazione che chi la racconta potrebbe avere idee chiare e costruttive al riguardo. Diversamente da chi non è in grado di raccontarla, una buona storia.

    Poi naturalmente ci sono anche pessime idee che pure possono assumere una forma narrativa efficace. Il test della “buona storia” boccia una parte delle cose cattive, non tutte.
    Anche Osama Bin Laden raccontava una storia abbastanza ben costruita. Sotto l’aspetto della forma narrativa.

  16. Grazie per gli spunti di riflessione. Concordo con chi fa notare che il discorso e` preparato per un pubblico USA. Quello del Cairo era diverso, a causa del contesto. Osama come Provenzano, arrestati o uccisi quando ormai nella loro parabola discendente. Chissa`se Osama e`stato ucciso perche`non parlasse oppure solo per offire il giustiziato all`opinione publica USA. Sarebbe stato interessante capire le radici del suo “male”, come scritto giusto 50 anni fa per Eichmann. Adesso aspettiamo con ansia il prossimo nemico, probabilmente il colesterolo. 😦

  17. mi sembra che ci sia una forte continuità tra John Wayne, Ronald Reagan, Bush padre e figlio e Obama (almeno nella retorica). Del resto, Favreau è stato un grande ammiratore di Peggy Noonan, sua musa e ispiratrice, che scriveva i discorsi di Reagan. Ricordo quando Bush figlio diceva alla televisione, parlando di Obama: “We’ll smoke him out!” E Obama ha finito il suo lavoro. (Sembra.)

    Sembra sempre più difficile individuare differenze nette tra democratici e repubblicani, un po’ lo stesso di quello che succede anche qui da noi.

  18. Ben, concordo in pieno con la tua interpretazione del raccontare storie. Grazie!

    Filippo, ricordo bene molti discorsi di Bush, ci ho scritto pure un saggio uscito nel 2007, assieme ad Andrea Tramontana, quando ancora era un dottorando. Non sono d’accordo con te nel considerare il “chiudere un lutto lungo 10 anni” come una ragione di scarso entusiasmo: che la favola di Obama sia riuscita a lenire almeno in parte il dolore del lutto dell’11 settembre è dimostrato dalle scene di giubilo nelle strade, con le bandiere, i clacson sparati e la gente festante per le strade di Washington e New York. Non è poco.

    Né sono d’accordo sul tuo collegare troppo strettamente, Filippo, il discorso di Obama ai movimenti di borsa, che si basano su ben altri canali e mezzi che i 9 minuti circa di quel discorso.

    Grazie a tutti per i contributi, gli apprezzamenti e… i ringraziamenti. 🙂

  19. Tanto per ampliare il confronto tra Italia e USA con riferimenti a Favreau… http://www.youtube.com/watch?v=-66K_cI4OPU

  20. Bravissima Giovanna, se sei d’accordo riprenderei il tuo intervento sul mio blog.

  21. Osama bin laden

    Anamnesi (baldo)
    Osama bin laden.

    Animale sbandò.
    Islamabad, neon,
    Band Maison! Alè.
    Obama snida nel
    bidè nona salma,
    malsana. Bidone?
    Esamino blanda
    salma. Danno… Bei
    salami! Bendano
    lembo di ananas.
    Banana mi dolse…
    Osama bin laden:
    nobile masnada,
    base mondana. Il
    bandana: lesso. Mi
    mandano le “basi”,
    né ambo sandali.
    Manna? Bel Dio sa
    l’ansia, ambendo
    in me. Basandola,
    la mano sbendai:
    balsami ne dona.
    Malanno di base.
    dna nobile (!); asma,
    mandibola, sane;
    ma dannosa bile.
    Mai Nobel sa dna
    Anselmo Bandai…
    Bando l’amnesia,
    saniamo bel dna.
    Amen. Alba sondi
    Nobel: “ si ama dna!”
    (Ma anelo dna bis…)

    Dna salma in boe.
    Banni ode salma
    anomala. Bis? End!

  22. Bandana: lesso. Mi
    mandano le basi.

    fantastico!

  23. Il discorso è esemplare. Ma su questo gli americani sono dei veri professionisti. Anche il film più idiota, chessò “THOR”, è sempre un prodotto “perfetto”. Obama ed i suoi in questo non fanno eccezione. Anche Bush Jr., che pure era molto meno efficace di Obama nella comunicazione, ha fatto dei “bei” discorsi. Qualcuno se li ricorda?

    http://kanooneiranian.blogspot.com/

  24. Alcune considerazioni:
    1)Obama ha raccontato una storia molto bella, ma piena di buchi. La cosa richiederebbe delle considerazioni storico/politiche che qui tralascerei.
    2)Nel discorso prima dice di voler consegnare OBL alla giustizia. Poi di catturarlo o ucciderlo e poi, a uccisione avvenuta, che giustizia è stata fatta. Ne consegue che uccidere OBL, senza processo, equivale a giustizia.
    3)Non spiega perché OBL è stato ucciso e non catturato. Una dimenticanza?
    4)Ho sentito il discorso in inglese, ma la mia comprensione non è delle migliori. Spero di non sbagliarmi, ma mi sembra che non abbia detto “we win”, come dici tu, Giovanna. Ha detto qualcosa come “Questo è un passo importante.” Insomma, la storia continuerà e nessun lieto fine, al massimo un “fine primo tempo”.

  25. Credo, ilcomizietto, che non siano “buchi”.
    Obama ha proprio voluto far capire che l’hanno catturato e poi ammazzato, senza indugiare in nessun ragionamento legale. “Alla texana”, come alcuni hanno commentato.
    Infatti, ha scandito chiaramente: “DOPO un conflitto a fuoco, [i militari americani] l’hanno ucciso e hanno preso possesso del suo corpo”. “After a firefight, they killed Osama bin Laden and took custody of his body”. “After”, non “During” o “In” o “In the course of”.
    E’ una semplificazione barbarica, d’accordo. La mia neo-corteccia dà un giudizio negativo, ma la parte più primitiva ed emotiva del mio cervello condivide e approva.
    Piaccia o non piaccia, a me non piace tanto, in politica, come in amore, conta più la seconda.

  26. Forse, spesso, per i più, conta più la seconda.

  27. Anche Mussolini, con la sua Claretta Petacci, è stato catturato e poi ammazzato, per decisione di Sandro Pertini e pochi altri.
    Pertini ha rivendicato più volte la sua decisione, anche a distanza di molti anni. Il suo prestigio non ne ha risentito.

  28. Harry Truman, coi gerarchi nazisti, e George W. Bush, con Saddam Hussein, hanno preferito un processo legale. Pertini e Obama, una giustizia sommaria.
    Che cosa è stato meglio? (Domanda non retorica)

  29. Comizietto: sui buchi, concordo con Ben. E poi i buchi nelle storie ci sono sempre. Impossibile raccontare una storia senza buchi. Certo, dipende dai buchi…

    Quanto al “vincere”, hai ragione: non parla mai di vittoria esplicita, ma parla di “compimento” e raggiungimento degli obiettivi. Ho un po’ forzato la traduzione, lo so. Obama e Jon Favreau sono stati più bravi di me, perché più cauti. Parlare di vittoria sarebbe stato sbagliato, non c’è nessuna vittoria letteralmente intesa. Cosa si vince quando si ammazza un uomo?

    Ma il senso di happy end è nel discorso talmente forte – nonostante le espressioni caute e il fatto che si dica esplicitamente che la guardia va ancora tenuta alta – che mi sono sentita autorizzata a forzare un po’ la traduzione. Perché la sensazione complessiva mi pareva comunque quella dell'”abbiamo vinto”. Grazie per avermi fatto riflettere su questo punto.

  30. “America can do whatever we set our mind to”. It sounds like a threat to me.

  31. Grande attore!!!
    clap clap clap
    propongo la candidatura al premio oscar

  32. Ciao, vorrei porre queste domande:

    Esiste etica nella comunicazione politica?
    La persuasione è etica?
    La comunicazione politica è uguale alla comunicazione commerciale?

  33. ho fatto un wordle del discorso di Obama inserendo il testo integrale (poco meno di 1400 parole) e limitandomi a unire le parole BinLaden, AlQaeda e StatiUniti, che altrimenti sarebbero venute fuori scomposte. Il risultato visualizza le ‘parole chiave’ – più sono grandi, più ricorrono. Si può vedere qui:
    http://www.wordle.net/show/wrdl/3563371/ObamaSpeech

  34. Pingback: Di-scor-so! Di-scor-so! Di-scor-so! « è tutto vero

  35. Nella foga generale di trovare vere foto, nessuno ha trovato incongruenze sul RIFUGIO di Bin Laden? Leggete qui…

    http://calabrescia.wordpress.com/2011/05/04/il-rifugio-di-osama/

  36. Pingback: Il mio consiglio a Obama sulle foto di Bin Laden « Mono Local Garage

  37. sono ferma e non so che parole scrivere!! ah si ! non che mi interessi molto il discorso di barack perchè un buon sociologo qualunque potrebbe mettere insieme le parole giuste per l’occasione ma a me a toccato la frase “ora il mondo puo stare un po piu’ tranquillo” che ho letto sui giornali. nello stesso tempo vedo gente che scende per strada a festeggiare e cantare per la morte( sarà vera?) di un nemico. mi fa pensare che il livello di coscienza di queste persone e così piccolo che avrei paura di fronteggirle anche solo per un parcheggio!!!!!!!!!!!!!1

  38. il Washington Post ha usato il wordle per visualizzare le reazioni dei lettori (ognuno ha inviato una sola parola) all’uccisione di Bin Laden. qui

    Justice, Finally, Relief – e, in mezzo, “Obama”.

  39. p.s. anzi, si legge:
    Justice, Finally, Relief – Fantastic Obama, wow

  40. mi chiedevo solo se un giovane ragazzo/a dell’81 potrebbe essere anche in Italia il capo “speechwriting” per uno dei nostri politici.

  41. nathi,
    “speechwriting” come si traduce in italiano?
    “romanziere”?

  42. Pingback: Le parole dell’assenza | Il blog del mestiere di scrivere

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