I discorsi di Berlusconi, Monti e Napolitano: vince Napolitano

Ieri sera attorno alle 21.00 abbiamo assistito, nel giro di pochi minuti, ai discorsi di tre presidenti: Berlusconi, Presidente del consiglio uscente, Monti, Presidente entrante, e Napolitano, Presidente della Repubblica.

BERLUSCONI

Il discorso di Berlusconi è stato, a detta di tutti, uno dei migliori degli ultimi mesi, tanto da poter essere accostato – come lui stesso ha fatto – a quello della discesa in campo nel 1994. Sono d’accordo, ma solo per quel che riguarda i contenuti strettamente intesi, e cioè senza minimamente tenere conto né del contesto, né della storia degli ultimi anni e mesi, né della performance. Il che però è impossibile, in politica come in qualunque ambito.

Il contesto e la storia recente rendono buona parte del discorso non credibile. Dice di aver «raggiunto molti degli obiettivi che ci eravamo prefissi fin dal 1994», ma non è così. Dice di voler «modernizzare l’Italia, riformando la sua architettura istituzionale, il suo sistema giudiziario, il suo regime fiscale», e di voler «liberare il nostro paese dagli egoismi e dalle incrostazioni ideologiche e corporative che gli impediscono di sviluppare tutte le sue meravigliose qualità e potenzialità», ma sono anni che lui e il suo partito si sono dimostrati troppo lontani da questi obiettivi perché oggi queste parole non suonino vuote.

Nella performance Berlusconi appare teso, stanco, provato: ha gli occhi fissi dell’animale impaurito che gli abbiamo visto diverse volte negli ultimi anni (vedi La faccia di Fini e Berlusconi). A un certo punto, verso la fine, sembra gli manchi pure il fiato: «Non mi attendo… [pausa lunghissima e respiro affannoso mentre scuote impercettibilmente la testa] riconoscimenti, ma non mi arrenderò finché non saremo riusciti a modernizzare l’Italia». Inoltre non sorride mai, se non in chiusura, ma lo fa in modo visibilmente forzato: «A tutti voi l’augurio di poter trasformare in realtài sogni e i progetti [è qui che tenta per la prima volta di sorridere] che portate nel cuore per voi e per i vostri cari [il sorriso si fa più più ampio, ma è sempre tirato]. Viva l’Italia. Viva la libertà».

Insomma l’unica emozione che Berlusconi esprime è la tristezza. Eppure, a leggere il testo del discorso, le emozioni a cui fa riferimento – da bravo ex comunicatore – sono molte: dopo la tristezza, che in effetti nomina all’inizio («È stato, consentitemi di dirlo, triste, vedere che un gesto responsabile e, se permettete, generoso, come le dimissioni sia stato accolto con fischi e con insulti»), ci sono la gratitudine («ringrazio comunque gli italiani, grazie per l’affetto, per la forza che ci avete trasmesso»), l’amore («Fu – e rimane – una dichiarazione d’amore per l’Italia»), l’orgoglio («Siamo un grande paese»), la determinazione («Non mi arrenderò finché…»).

Tante emozioni nominate, ma una sola davvero agita col viso e corpo. Una sola davvero espressa, dunque: la tristezza.

MONTI

Monti fa un discorso molto controllato dal punto di vista emotivo. Esprime gratitudine nei confronti della fiducia che il Presidente della Repubblica gli ha dato, parla di «grande senso di responsabilità», di «sfida del riscatto», di «sforzi», di «dignità e speranza», ma parla soprattutto di doveri («il paese deve vincere… deve tornare a essere… deve essere sempre di più elemento di forza», «lo dobbiamo ai nostri figli…»). Per tutto il discorso Monti esprime solo calma e autodisciplina, facendo molte pause fra una parola e l’altra, anche quando parla del «momento di difficoltà», del «quadro europeo e mondiale turbati», addirittura di «emergenza» e «urgenza».

Non sorride mai, se non rispondendo alla giornalista che gli chiede un riscontro sulle voci circolate sui ministri. Il sorriso, lievissimo e quasi beffardo («ho avuto poco tempo per leggere»), accompagna una netta smentita: «mi dicono che ne sono circolate molte in questi giorni [è qui che sorride], attinenti ai tempi e ai nomi: sono voci di pura fantasia».

È infine quasi brusco quando si sottrae alle ulteriori domande sui tempi: «Proprio per lavorare presto e bene vi saluto e vi ringrazio molto per la vostra attenzione».

Insomma Monti è freddo, ma non può che essere così, perché deve esprimere il massimo controllo della situazione.

NAPOLITANO

Il discorso del Presidente della Repubblica è un vero e proprio storytelling, come oggi va di moda dire, che serve a ricostruire ciò che ha fatto, il contesto e i motivi per cui l’ha fatto.

Napolitano ci rispiega (casomai non l’avessimo capito, noi e i politici che abbiamo votato) «la gravità della crisi finanziaria e dei pericoli di regressione economica dinanzi a cui si trovano l’Italia e l’Europa», regalandoci un bignami della situazione che include dettagli molto concreti: «Da domani alla fine di aprile verranno a scadenza quasi duecento miliardi di Euro di Buoni del Tesoro e bisognerà rinnovarli collocandoli sul mercato».

Mette a posto quelli che alludono alla scarsa democraticità di un governo tecnico: «Non si tratta ora di operare nessun ribaltamento del risultato delle elezioni del 2008 né di venir meno all’impegno di rinnovare la nostra democrazia dell’alternanza attraverso una libera competizione elettorale per la guida del governo».

È interessante come Napolitano riesca a distribuire per tutto il discorso, pur rimanendo sempre nei limiti della correttezza formale, valutazioni personali e pure qualche stoccata. Ricorda che aveva fatto di tutto perché le cose non finissero così: «dopo anni di contrapposizioni e di scontri nella politica nazionale, e di molti inascoltati appelli alla moderazione, a un confronto non distruttivo, a una maggiore condivisione e coesione su scelte e obbiettivi di fondo». Nel definire «Mario Monti, personalità indipendente, rimasta sempre estranea alla mischia politica», fa fare alla politica italiana la figura della «mischia», appunto. Nel raccontare le consultazioni con le forze politiche, placa ogni polemica sulle dimissioni tardive di Berlusconi con un semplice avverbio: le «dimissioni correttamente rassegnatemi dall’on. Berlusconi».

Nella mischia complessiva l’immagine che Napolitano ci offre di sé è impeccabile: «come Capo dello Stato ho seguito con scrupolosa imparzialità questo travaglio, rispettando il ruolo del Presidente del Consiglio e del Governo, in uno spirito di leale cooperazione istituzionale».

E conclude dicendo: «Non è tempo di rivalse faziose né di sterili recriminazioni. È ora di ristabilire un clima di maggiore serenità e reciproco rispetto.» Il che implica, ovviamente, che finora tutto ciò non c’è stato, mentre proliferavano «rivalse faziose e sterili recriminazioni».

Ma il meglio di sé, come persona, Napolitano lo dà rispondendo ai giornalisti: asciutto ma non brusco, gentile ma senza concessioni, lucidissimo e preciso anche senza leggere, liquida il chiacchiericcio mediatico di questi giorni con parole che spero restino a futura memoria: «Naturalmente se qualcuno si inventa prima che si fa il governo in due ore, poi i tempi risultano allungati, ma non si è mai detto con una base minima di serietà che bastasse un giorno, o ventiquattro ore, o tre ore. Come ha detto il professor Monti, farà nei tempi più brevi che consenta il necessario scrupolo per consultare, ascoltare, raccogliere tutti gli elementi e poi venire qui a dirmi se scioglie, come mi auguro, la riserva».

A chi insomma oggi mi chiedesse un buon esempio di leadership politica italiana, risponderei mostrando ciò che ha fatto Napolitano in questi mesi, fino a questo discorso finale. A chi mi chiedesse un parere sulla polemica fra giovani e anziani, in politica come fuori, risponderei definendo Napolitano il più giovane politico e comunicatore che al momento abbiamo. E per fortuna che c’è.

 

 

44 risposte a “I discorsi di Berlusconi, Monti e Napolitano: vince Napolitano

  1. Concordo, ma aggiungerei qualcosa sul discorso di B.
    A me ha colpito il passaggio dedicato a “quelli che hanno esultato”. E secondo me lui ha fatto tutto questo discorso perchè gli bruciava che qualcuno avesse esultato, perchè il suo ego gli imponeva di raccontarsi come si vede lui per convincere, pateticamente, l’interlocutore ad adattare la realtà che oggettivamente percepisce alla “sua” realtà.
    Noi non siamo autorizzati a descriverlo come è, ma dobbiamo assecondare l’immagine che diffonde, ed è questo il suo vero dramma.

  2. Sono d’accordo, pienamente. Ma penso che il 90% di questa classifica dipenda da quanto ognuno crede in quello che dice. Nel discorso di Monti ci sono quasi delle promesse, e sembra che si tiri indietro quando dà le sicurezze… Berlusconi invece è in una via di mezzo tra “giustificazione e convincimento”, con un po’ di rabbia e delusione (lo sguardo a quale pubblico è diretto?, a nessuno precisamente se non agli oppositori!). Insomma non si rivolge più come prima ai suoi sostenitori, secondo me. Mi sbaglio?
    Napolitano invece si può permettere una precisione maggiore perché la sua figura (ruolo effettivamente imparaziale) lo aiuta, crede in quello che dice, riassume quello che al momento è più evidente…

  3. MA basta teatrini attoriali.
    Tutti sono tristi, chiunque è triste oggi.
    La tristezza è il sentimento che provano quasi tutti.

  4. Per un viaggio nel mondo reale, suggerisco di andare qui

    Centro per l’impiego alternativo cercasi

  5. Sono d’accordo, ma penso che in linea di massima la posizione di Napolitano è quella più facile. Sta super partes, e quello che deve fare il superio di tutta la baracca senza avere gli oneri dell’io, non ha grandi peccati da scontare.
    Monti invece boh, che palle. Non ha scuse:)
    Berlusca invece mi chiedo: ma perchè ha dovuto mandare sto messaggio alla nazione? E’ una mossa che tu dirai interessante, a me ha aumentato l’acrimonia ancora di più.

  6. In pieno accordo, ma non solo chi al potere dovrà impegnarsi, sta anche alla gente comune farsi sentire.
    Ecco perchè ho creato il mio blog sperando di ricevere proposte da pubblicare

  7. Per quanto riguarda il discorso di B. la poca credibilità secondo me raggiunge l’apice quando riprende alcuni passi della famosa discesa in campo. Contestualizzando il discorso emerge in modo chiaro la poca attinenza alla realtà concreta dei fatti che si sono susseguiti in questi ultimi anni.
    E rispetto alle emozioni, oltre alla tristezza, ho notato anche la volontà di ricucirsi addosso lo status di leader indiscusso ma in modo affannoso, indice di un’amara consapevolezza di aver fallito, almeno in questa battuta!

  8. ahaha bando alla tristezza!

  9. Pingback: Le analisi di DIS.AMB.IGUANDO: Berlusconi, Napolitano, Monti | Il corpo delle donneIl corpo delle donne

  10. Concordo su tutta la linea e condivido. Il ruolo più facile? Non so, forse come ci sembra facile la soluzione di un qualsiasi problema quando qualcuna/o l’ha trovata. Che poi Napolitano rappresenti il super-io dell’Italia è buona 🙂 magari fosse. Credere in ciò che si dice rende più credibili? Anche se il mondo è pieno di imbonitori che vengono creduti, come sempre sperimentiamo, questa era pure la convinzione di Cicerone, quando definisce l’oratore “vir bonus dicendi peritus”. @ariora, capisco, ma in questo specifico contesto direi che l’unica nota di tristezza è l’assenza di un’oratrice.

  11. Beh. Da commissario europeo però Monti ha bloccato la fusione Honeywell -G.E., di cui pure Goldman Sachs era advisor. E’ un discreto segno di indipendenza.
    http://archiviostorico.corriere.it/2001/luglio/04/Europa_blocca_fusione_General_Electric_co_0_0107043233.shtml

    Monti è freddo e sceglie il low profile. Personalmente trovo questo tratto magari poco seduttivo, ma mooolto confortante. Ci manca solo che arrivi
    – un altro sedicente salvatore della patria
    – un altro che racconta barzellette
    – un altro che recita a soggetto
    – un altro che si propone di piacere prima che di servire
    – un altro che…
    Grazie. Abbiamo già dato.

    E poi: Napolitano forever.

  12. @paola
    forse, confidando nella buonafede, chi parla della teatralità sfuggendo dai contenuti vive in un mondo a parte, fuori dalla realtà, come Napolitano che quando il mese scorso sono morte quelle donne per i crollo di un palazzo, mentre lavoravano in uno scantinato ha parlato con sorpresa del compenso retribuito a quelle donne.
    Cadete dalle nuvole, o scavate alla ricerca di un briciolo di coscienza perché c’è gente che viene pagata 3 euro l’ora a progetto, gente che perde il lavoro e non arriva a fine mese.

    qui grasse risate Crozza video completo ahahaha

  13. @Giovanna/Annamaria

    Avete ragione nelle vostre considerazioni e dimostrate di ricordare bene che la la sostanza senza la comunicazione è muta ma la comunicazione senza la sostanza è vuota. Se non badassimo alla sostanza ma solo alla forma dovremmo dire che ieri Berlusconi ha stravinto, Monti non funziona e Napolitano ha recitato il prevedibilissimo copione del pater.
    Tra l’altro a tutti coloro che hanno visto Berlusconi in crisi comunicativa negli ultimi due anno ricordo che non si può comunicare bene una crisi quando si è chiamati a risolverla. Magicamente scopriremo che Berlusconi all’opposizione ritroverà la verve perché la legge è che un bravo comunicatore è quello che ti fa vedere mezzo pieno il bicchiere mezzo vuoto mentre la nostra situazione ha costretto Berlusconi a parlare in assenza del bicchiere.
    Monti non ha scelto il low profile: semplicemente non possiede l’high. Che retorica spenta nelle parole di Napolitano, per non dire di Monti. Che piattezza nella locutio. Chiunque avesse parlato così sarebbe stato etichettato come l’ultimo dei retori. Ma siccome oggi è finita la ricreazione (anche della comunicazione seducente), valgono altri criteri ovvero quelli della sobrietà e per una volta – Deo gratia! – non si ha a che fare con la persuasione delle parole.
    Non starete mica anche voi scambiando qualità della sostanza (che richiede competenza nel merito) per qualità della forma (che presume l’incompetenza nel merito) e visto che oggi vi piace quella sostanza finite per attribuirvi, scotizzandola, il successo della forma?

    Ma non è proprio Mario Monti che viene caldeggiato, presentato, celebrato come salvatore della patria e uomo della Provvidenza?
    Due pesi, due misure? Ricordiamo a tutti i sinistrati della sinistra che Mario Monti è adorato da Berlusconi da sempre, da quando lo raccomandò nel 1994 per il posto di Commissario europeo, fino a quando lo volle nel 2001, non corrisposto, al suo Berlusconi II.
    Non capisco chi parli di festa della liberazione o di chi festeggi qualcosa. Berlusconi ieri ha vinto su tutta la linea e per sempre: cosa c’è di più sublime di una Sinistra che per sostituire Berlusconi ha invocato e ottenuto Mario Monti, che del pensiero liberale è uno dei più autorevoli esponenti? Mario Monti è tutto ciò che Berlusconi sarebbe voluto essere e non è stato.

    Ps. Bartezzaghi ha postato ottimisticamente il suo anagramma: Mario Monti – Rimontiamo?
    Pura forma senza sostanza, converrete. Dedichiamo al pessimismo della ragione la nostra replica:

    Mario Monti
    (mito in Roma)

    Rinomato, mi
    monìtori ma,
    tra omonimi
    noti, ammiro
    romano. Miti!

    Ammiro toni
    Mario Monti:
    “Ti ammonirò”
    Mono mariti
    o matrimoni?
    “Amo trinomi
    tra i monomi”
    Rimontiamo?
    “Ma noi morti!”

  14. Insomma: ma mi volete spiegare, una volta per tutte, com’è che il Berlu è gratificato della fama di buon comunicatore, sia pure, in questo post, ex? Se essere buon comunicatore significa comunicare se stessi, allora sì, effettivamente lo è: a me, fin dal 1994 (prima sapevo a malapena che esistesse dato che non vedevo le sue tv e non sono una tifosa di calcio), ha sempre comunicato esattamente quello che è: un bugiardo manipolatore, falso e artificioso in ogni suo gesto e/o parola, approfittatore, opportunista, prepotente e volgare. Non c’è momento o contensto in cui io l’abbia visto/sentito che non mi abbia comunicato queste sensazioni. Con tutto l’armamentario degli strumenti comunicativi, verbali e non. Ho letto che oggi si è lamentato di nessere stato colpito da una moneta da 2 euro, per esempio. Come si è potuto credere a uno che le conta così? Cosa vuol dire, essere buon comunicatore? Che le sai dare a bere a una massa di persone che non riescono a leggere i segni, da sempre evidenti, della tua falsità? Che hai un successone planetario perchè inganni?

  15. Scusate gli errori di battitura. Esasperation 🙂 Comunque, sì, nel suo ultimo discorso comunicava tristezza ma anche egocentrismo ottuso ed arroganza. Di nuovo, quello che è.
    Monti: freddo come un chirurgo. Quello che è chiamato ad essere.
    Napolitano: no, giovane no (per come appaiono i giovani oggi, in politica) ma energico sì, ed esperto e consapevole, per come ha anticipato i colpi che già si sentivano arrivare.

  16. @ariora, premetto che ti rispondo non per entrare in polemica, sono del tutto conscia che si possa lavorare per 3 euro l’ora a progetto, faccio parte della categoria precaria, e di passaggio, ne approfitterei per ricordare che continueremo a lavorare in condizioni criminali e con retribuzioni indecorose se non ci decidiamo a rifiutare, quando queste retribuzioni e condizioni ce le propongono, e se non ci organizziamo per rifiutare insieme, e per proporre altro. Gli archeologi e le archeologhe stanno cercando difarlo, con grande fatica e lentezza, ma anche insieme a tante altre categorie precarie. “Chi parla della teatralità sfuggendo i contenuti” forse è una definizione che si adatta al presidente del Consiglio appena dimessosi, non credo all’attuale Presidente della Repubblica, tanto più che mi consta che egli sia stato studioso di economia politica. e diciamo che l’esecrazione, uso apposta questo termine, potrebbe essere stata scambiata per stupore. Detto ciò chiudo, perché l’attuale presidente della repubblica non bisogna di difese d’uffico.

  17. Se fossi venuto da Marte e mi avessero informato della situazione politica italiana molto sommariamente, temo che avrei trovato Berlusconi più convincente sia di Monti sia di Napolitano. Più o meno per le ragioni dette da Ugo.
    Avrei forse potuto notare in Berlusconi qualcuna delle incongruenze rilevate da Giovanna, a scapito della sua credibilità, ma forse non sarebbe bastato a farmi preferire Napolitano o Monti.

    Perché invece mi entusiasmano sia Napolitano sia Monti, e non credo a una parola del discorso di Berlusconi?
    Perché condivido l’analisi della situazione fatta da Napolitano. Perché so che Monti la condivide, avendo seguito le sue idee e la sua attività per molti anni. Perché Berlusconi, che pure ha detto tante volte le stesse cose di Monti, al governo ha poi messo in atto ben poco.
    Per me, in questo caso, e in generale, sostanza batte forma 6 a 1.
    Ma le mie idee sulla “sostanza” sono diverse da quelle di moltissimi altri. E temo che nuovi bravi comunicatori, magari molto diversi da Berlusconi,
    potranno riuscire più persuasivi di Monti e Napolitano.

    Forse, Giovanna, sulla comunicazione sarebbe il caso di aiutarlo un po’, l’ottimo Monti. 🙂

  18. @paola
    Quelle che chiami condizioni di lavoro criminali, sono regole di mercato stabilite per legge (vedi contratti a progetto).
    Sapresti darmi un consiglio per questa mia amica? io non so cosa dirle
    http://ariaora.wordpress.com/2011/11/11/ha-trovato-un-lavoro-e-mi-chiede-un-consiglio/

    Se è stato studioso di politica economica, e data l’età veneranda, si ricorderà sicuramente dell’offerta di moneta.
    Fagli questa domanda: che fine ha fatto la POLITICA MONETARIA?
    http://it.wikipedia.org/wiki/Politica_monetaria

  19. Spezzo uno stuzzicadenti in favore di Berlusconi (una lancia sarebbe troppo XD)
    le volte che voleva fare qualcosa di buono si è trovato ostacolato per dispetto da gente che non capisce una mazza di cosa sia giusto per un paese,
    Basti vedere le ultime dichiarazioni dei vari politici che si dimostravano contrari alle proposte di Berlusconi, proposte che non facevano altro che mettere in pratica quanto richiesto dall’europa

  20. Bando alle critiche politiche (@Poenix: sul fatto che la gente non capisca “una mazza di cosa sia giusto per un paese” sono d’accordissimo da almeno tre anni, e anche in qualche legislatura prima ne avevo avuto il sospetto)
    @Ben: eh sì: che sia il momento in cui si ricomincia anche ad ascoltare il senso di quello che viene detto e non solo il suono roboante?

    La grande ars retorica non ha mai promosso l’oratoria senza contenuto, ma prevedeva una rigida costruzione del discorso (captatio benevolentiae iniziale, poi si argomentava etc etc fino al gran finale) e solo dopo diventava importante anche la capacità oratoria, ma non bastava parlare a vanvera ma con tanto pathos per vincere.

    Sarà mica che ci siamo abituati troppo ad ascoltare canzoni in inglese senza capirne le parole?

  21. Giovanna dice che la comunicazione va valutata nel suo contesto e che
    “Il contesto e la storia recente rendono buona parte del discorso [di Berlusconi] non credibile.”
    D’accordo, aggiungendo che la percezione di uno stesso contesto può variare molto fra le persone e i gruppi sociali.

    Per caracaterina e tanti altri, anche nel contesto del 1994, Berlusconi non era credibile, con buone ragioni. Per tanti altri, il contrario.
    Oggi Monti viene percepito da molti, a sinistra, come colui che caccia via Berlusconi, e perfino la sua spoglia comunicazione può piacere, anche solo per la sua diversità dallo stile del predecessore.

    Ma domani? Quando Monti farà cose che Berlusconi promise (o minacciò) di fare, e non fece? Il contesto cambierà un po’, ma ciò che varierà moltissimo sarà la percezione del contesto da parte di gente diversa.
    A quel punto, che sarà molto presto, l’abilità comunicativa di Monti, la sua capacità di informare e persuadere, diventerà mooolto importante. 🙂

  22. Per Ugo, Ben e altri: Ugo chiede a me e Annamaria: «Non starete mica anche voi scambiando qualità della sostanza (che richiede competenza nel merito) per qualità della forma (che presume l’incompetenza nel merito) e visto che oggi vi piace quella sostanza finite per attribuirvi, scotizzandola, il successo della forma?»

    Rispondo per me. Cos’è sostanza e cosa forma, Ugo? Questa tua distinzione implica che metti la comunicazione dalla parte della forma: come dire «quisquilie di superficie, ornamento, belletto».

    La capacità di comunicare è invece qualcosa di molto più complessivo e profondo: il contesto e il passato che costruisce un contesto non sono qualcosa di esterno, rispetto all’atto di comunicazione, ma ne sono parte integrante. Quando un soggetto politico decide con che stile presentarsi in pubblico deve tener conto di contesto e storia che fonda il contesto.

    Ci sono momenti in cui il low profile è necessario. I tempi di crisi, peggio, di emergenza, sono fra questi momenti. Non mi sono fatta condizionare dall’apprezzamento preventivo di Monti o di Napolitano: ho semplicemente tenuto conto del contesto, nel fare l’analisi che ho fatto. E cioè: il contesto che sta intorno a Monti (chi è, da dove viene, che cosa deve fare, in che fase del suo lavoro si trova ecc.); diverso da quello che sta intorno a Napolitano (chi è, da dove viene, ecc.); diverso da quello di Berlusconi (chi è, da dove…). Più, ovviamente, il contesto storico-economico-politico che li accomuna, ovvero il momento attuale.

    Ugo, tu dici: «Che retorica spenta nelle parole di Napolitano, per non dire di Monti. Che piattezza nella locutio. Chiunque avesse parlato così sarebbe stato etichettato come l’ultimo dei retori.» «Chiunque» non vale in comunicazione. Nessuna valutazione vale in generale, nella comunicazione.

    Quanto agli anagrammi su Monti: i tuoi sono evidentemente più arguti ed elaborati del #rimontiamo d Bartezzaghi. 🙂

    Ma se il #rimontiamo ha funzionato perché interpreta e dà voce alla fiducia universale verso Mario Monti, sono costretta a ricordare a te, a me e a tutti, che in questo momento esprimere perplessità su Monti rischia di metterci automaticamente dalla parte di coloro che alludono dietrologicamente al complotto interbancario, internazionale, inter-tutto che ha costretto Naplitano a scegliere Monti per fare «gli interessi della finanza internazionale» o, peggio, ha creato apposta «la speculazione» (chi è? una donna?) per poi condizionare la politica dei paesi europei. È in quel girone infernale, che vogliamo finire?

    Insomma per ora direi che convenga proprio dare fiducia a questo signore e aspettare di vedere cosa farà, prima di esprimere una valutazione. Ben consapevoli che non sarà certo Monti a farci uscire dal leaderismo che contraddistingue la politica internazionale in modo sempre più spiccato e dalla tendenza ad affidarsi all’uomo forte che è l’interpretazione tutta specificamente italiana del leaderismo. Ciao!

  23. Rassicurante, intelligente, furbo, istituzionale, forbito, elegante, intellettualmente onesto, presidente nato, novecentesco, profondo conoscitore della materia, nonno, guida, saggio, discreto, trasparente, giovane dentro, poetico.

    D’accordo con chi dice che l’imparzialità del suo ruolo in certe occasioni, come questa, lo facilita, ma ricordiamoci che in quel ruolo abbiamo avuto anche un certo Cossiga…
    se qualche volta vince Napolitano forse è perché uno così dovrebbe vincere sempre.

  24. @Giovanna
    Ma io nutro ben poche perplessità sul fatto che Monti riesca a fare riforme liberali. La palla passa all’afasia della Sinistra che ha un serio problema di indentità: ha cambiato sesso e non se n’è nemmeno accorta.

    La comunicazione è il naso di Pinocchio che si allunga oppure no: è sostanza o forma quel naso?
    Per quanto riguarda il girone infernale, non c’è da temere: prenderanno fuoco solo i burattini, che notoriamente sono di legno.
    Io invece non temo la verità e questo fa di me un Uomo.

  25. Riconcordo con Giovanna Cosenza, ma dato che ariaora mi interpella di nuovo le rispondo di nuovo a mia volta: questa discussione sul precariato e sui contratti a progetto e su che cosa fare in proposito, vogliamo spostarla nel tuo blog? qui mi sembra che siamo fuori tema rispetto al post. E per quanto riguarda la politica monetaria, se vuoi discuterne con Giorgio Napolitano è a lui che devi scriverne, non a me! 🙂

  26. “Quando un soggetto politico decide con che stile presentarsi in pubblico deve tener conto di contesto e storia che fonda il contesto.” scrive Giovanna. E va bene. Ma se questo è il criterio, allora diamo un ottimo giudizio a Mussolini e Hitler. Visto che furono grandi comunicatori furono anche eccellenti politici?
    Kennedy fu un ottimo comunicatore e non ebbe il tempo di perdere questa qualità. Obama, invece, la perderà se perderà le elezioni. Anzi, la sta già perdendo.
    Scusate, ma a me sembra che legare la capacità politica alla capacità comunicativa sia veramente riduttivo se non superficiale. Questo limite è quello che giustifica parole come quelle di Ugo o, come avevate già discusso altrove, frasi come quelle di Bersani. La qualità dell’agire politico non può essere misurata solo attraverso l’efficacia persuasiva dell’oratoria. E quest’ultima è l’aspetto più importante della politica non tanto nei regimi democratici ma, soprattutto, in quelli totalitari.

  27. @caracaterina, permettimi di correggere: l’oratoria nei regimi totalitari è a senso unico, e fa capo ad una sola voce, l’oratoria nei regimi democratici (pure quelli “antichi”) esprime le diverse voci in conflitto. Ed è stata inventata come teoria ed affinata come metodo proprio perché bisognava battere l’avversario e conquistarsi il favore dell’uditorio di turno.

  28. @Giovanna

    ho l’impressione che tu, Annamaria, Ugo, io e altri diciamo le stesse cose, solo con parole un po’ diverse.

    Per quel che mi riguarda, approvo senza riserve la sostanza di Napolitano e Monti. Penso che invece almeno mezza Italia sarà contraria, quando si arriverà al dunque.
    Per questo ritengo che sarà importante per Monti comunicare bene, per convincere i moltissimi contrari alle sue scelte. La conferenza stampa di stasera lunedì 14 novembre (http://www.youtube.com/watch?v=3yPWF8MUlbg) è stata una prova poco promettente.
    Urge miglioramento!

    Monti poi pensa e sa esprimersi molto chiaramente. E’ anche positivamente appassionato. Deve solo consentirsi di lasciarsi andare.
    Vai Mario!

  29. ancora @Giovanna

    d’accordo su comunicazione e contesto.
    Però, per quanto tu allarghi il concetto di comunicazione per includere giustamente “contesto e storia”, c’è pur sempre qualcosa di esterno e irriducibile alla comunicazione e al suo contesto, ed è quello che Ugo, caracaterina, io e altri intendiamo per “sostanza”.
    La comunicazione di Goebbels era eccelsa, anche nel suo contesto, ma la sostanza era pessima, diciamo pure orrenda.
    A volte sembra invece, magari a una lettura molto frettolosa, che tu Giovanna intenda: buona comunicazione = buoni contenuti, buona sostanza.

  30. Monti? Pur sentendo un’ affinità ideologica, sono anni che salto a pié pari i suoi articoli sul Corriere. E sul comunicatore ho detto tutto senza nemmeno sapere se faccio una critica o un elogio all’ uomo politico. Più che lo slancio del manager innovativo vedo la compassatezza e le rughe del curatore fallimentare.

    Mi viene il dubbio che ormai proprio di quello e non di altro abbiamo bisogno.

  31. Ben; dici: «A volte sembra invece, magari a una lettura molto frettolosa, che tu Giovanna intenda: buona comunicazione = buoni contenuti, buona sostanza.»

    Non a una lettura frettolosa, Ben. Ma a una lettura intrisa di pregiudizi sul concetto di comunicazione. Che in Italia sono duri a morire e rispuntano a destra e a manca, nonostante le migliori intenzioni e la migliore attenzione. Persino tu, zauberei, Ugo, come altri lettori e commentatori molto attenti di questo blog, ogni tanto ci cascate. Mica è una colpa, eh. È un automatismo, legato al fatto che non sono bastati 20 anni di corsi di laurea in Scienze della comunicazione e una gran fanfara attorno a questo concetto per sfatare certi pregiudizi per cui fare comunicazione è un po’ come mettersi il vestito buono e truccarsi la faccia per uscire a cena. (Per una serie di motivi, poi, so bene che molti corsi di laurea in Scienze della comunicazione contribuiscono, con la loro bassa qualità complessiva, ad alimentarlo, questo pregiudizio negativo. Ma questa è un’altra storia: i motivi sono lunghi e articolati da spiegare e discutere, e si va off topic.)

    Ma facciamoci una semplice domanda: ha senso una comunicazione priva di contenuti (o sostanza)? Una comunicazione che non tenga conto del contesto complessivo in cui avviene? Non è che io allargo indebitamente il concetto di comunicazione. Sono i pregiudizi negativi che lo restringono indebitamente.
    Il problema dei «cattivi contenuti» che, grazie a una eccellente comunicazione, risultano vincenti è un problema che potrebbe essere arginato e combattuto se solo ci fosse una consapevolezza più diffusa della crucialità della comunicazione e di come funziona. Parlo di una possibilità che si dà nelle democrazie, naturalmente, visto che nelle dittature i mezzi non sono solo di «persuasione» ma di imposizione, di forza, di violenza. Nelle dittature la persuasione – che pure c’è – serve a nascondere anche la violenza (finché dura), oltre che a far vincere contenuti negativi (uso questo aggettivo per brevità, perdonatemi, ma ci siamo capiti, spero).

    Ho appena consegnato un libro sulla comunicazione politica, che parte proprio da considerazioni analoghe. Uscirà in marzo. Parlo di comunicazione politica, in modo estremamente divulgativo. E lo faccio basandomi solo su esempi italiani tratti dagli ultimi 5 anni. Spero che possa contribuire a cancellarli, questi pregiudizi.

    Anche se so benissimo che da sola non vado da nessuna parte: l’Italia è ormai piena di gente che parla di «scienze delle merendine e altre amenità»…

  32. Quoto Ben delle 23.15
    Aggiungo che la sua ipotesi di equazione può essere integrata da questa: cattiva capacità comunicativa=cattiva capacità politica. E credo che sia questa che, qui, come regola generale, sembra essere considerata vera. Tale equazione prescinde dai contenuti e si concentra sullo stile (primo termine) e sull’efficacia (secondo termine). In questo modo, però, la pretesa neutralità dell’analisi semiologica va a farsi benedire perchè, implicitamente, premia sempre il vincente in una contesa dialettica. Semplificando: perdi le elezioni? Non hai saputo comunicare. Le vinci? Sei un buon comunicatore.
    Si può ridurre la politica democratica, nella realtà storica (qualunque realtà storica) a questo?

    Dietro questa semplificazione credo che stiano alcuni presupposti, alcune convinzioni non esplicitate ma considerate condivise a priori (vedi anche l’osservazione di paola delle 22.53): 1) viviamo con istituzioni democratiche quindi, in questo contesto, la comunicazione implica uno scambio di messaggi alla pari fra emittente e ricevente; 2) emittente (il politico di turno) e ricevente (l’elettore) si trovano, perciò nelle stesse condizioni di contesto (situazionale, relazionale, storico ecc); 3) la scelta da parte dell’elettore è, tendenzialmente e misurabilmente, libera da condizionamenti, è consapevole, è – soprattutto – razionale; 4) c’è una perfetta corrispondenza fra la possibilità di scelta del singolo elettore individuale e la possibilità di scelta da parte di una massa di milioni di persone.
    Se questi sono i presupposti impliciti mi sembra siano alquanti astratti e che tengano assai poco conto del concetto e delle pratiche del Potere e delle distorsioni comunicative dovute alle forze d’inerzia sociale (conformismo, spirito di parte, bisogni avvertiti/ bisogni inconsapevoli ecc)

    Quando qui, giustamente, ci si indigna nei confronti di spot pubblicitari che vengono considerati negativi sul piano dei valori sociali e umani qui condivisi e, magari, si denunciano gli spot stessi, non ci si dovrebbe chiedere soltanto,in nome della semplificazione di cui sopra, : lo spot funziona? è efficace? fa vendere il prodotto? è coerente con gli obiettivi di vendita del committente? Se la risposta è sì, di che altro ci dovremmo preoccupare? Sarà il consumatore (/elettore) a dare o meno il suo consenso. Se compra, allora vuol dire che siamo davanti a una buona comunicazione. O no?

  33. Abbiamo postato insieme, Giovanna e io, quindi non ho potuto leggere il suo commento. Restano le domande. Leggerò il libro 🙂
    Però, Giovanna, non credo che si possano confutare tutte le obiezioni con l’argomento: allora sei vittima di un pregiudizio.
    Non mi sogno certo di negare l’importanza della comunicazione ma mi aspetto spesso che, almeno qui, si potessero integrare le conoscenze sulla scienza della comunicazione di cui sei tu l’esperta con acquisizioni concettuali provenienti da altri campi disciplinari. Chessò: antropologia, psicologia, storia, sociologia e, perchè no?, arte, letteratura….
    Non per fare un poutpourri, un Grande Ripieno come lo chiama un mio amico, ma proprio per avvantaggiarci tutti della specificità delle discipline.

  34. Giovanna, solo per chiarezza, ma tu credi che esista pur sempre nelle cose una sostanza separata dalla forma? Oppure no.

    Con questo non voglio dire che la sostanza sia attingibile in sé.

    Forse perché non ho (ancora) letto i tuoi libri, non so se credi che esista pur sempre dietro ai fenomeni un nucleo di realtà? Ovvero, qualcosa che è indipendente dal modo in cui viene comunicata la sua presenza?

    Credi poi che quel nucleo possa più o meno essere avvicinato?

    Credi inoltre che possano esistere dei contesti che più di altri offrono i giusti incentivi a prendere coscienza della realtà suddetta? Bada bene che non parlo di un possesso completo ma di un “avvicinamento”.

    Bè, io penso di si, e penso che i contesti migliori siano quelli dove sono in gioco i nostri interessi materiali.

    Esempio, se devo assumere una persona, i miei stereotipi su donne o immigrati si sgonfiano improvvisamente perché quegli stereotipi diventano improvvisamente un “costo reale” e non più il semplice modo con cui mi viene “comunicato il reale”.

    Chi gioca in borsa mette i soldi dove mette la lingua, non è un semplice elettore: ha un incentivo ulteriore all’ “avvicinamento” di cui sopra.

    Se esiste un’ “avvicinamento”, esiste “qualcosa” che noi “filtriamo” sempre di più. Cos’ è questo “qualcosa” che nella nostra opera di avvicinamento riduciamo al suo grado zero?

  35. @Giovanna

    Non ho il pregiudizio di cui dici: sono d’accordo con te che la comunicazione ha generalmente dei contenuti (abbastanza ovvio) e che non può prescindere da essi e dal contesto (meno ovvio). Quest’ultimo poi è complicatissimo, sia perché ha tanti strati (dal contesto più ristretto al contesto più allargato), sia perché attori sociali diversi danno letture diverse del medesimo contesto ‘oggettivo’.
    Su tutto questo credo che tu, io, caracaterina, Ugo e broncopbilly concordiamo.

    Il punto forse è un altro. Ti chiediamo: si possono comunicare bene contenuti cattivi? si possono comunicare male contenuti buoni?
    Se la risposta è positiva, come io e forse anche gli altri riteniamo, allora sembra inevitabile distinguere fra il modo in cui si comunica qualcosa e quel qualcosa.
    Se ‘forma’ e ‘sostanza’, oppure ‘comunicazione’ e ‘contenuto’, sono termini inadeguati, proponi termini migliori.

    Se invece sbagliamo, com’è possibile, aiutaci a capire dove.

  36. Le domande di broncobilly “spingono” sul versante “sostanza”, sulla materialità. Ho in mente un esempio che verte sulla contraddizione del rapporto forma/sostanza quando si tratta di essere persuasivi e ottenere consenso.
    Pubblicità commerciale: quando il signor Saratoga deve vendere un silicone sigillante si rivolge, data la realtà presente, a un target ben preciso e individuabile: maschi che si dedicano, per professione o per bricolage (penso soprattutto a questi ultimi), a specifici lavori artigianali. Qual è il contenuto della comunicazione nei notissimi spot a cui ricorre? Le qualità della colla? Il suo interesse materiale, in denaro sonante e quota maggioritaria di mercato? I sogni erotici dell’idraulico? L’acquirente che compra il silicone, cosa compra, in realtà?

    Personalmente non so affatto se altri siliconi abbiano o meno caratteristiche migliori del Saratoga però credo che sia il silicone più venduto al mondo (anche questo, veramente, non lo so, ma penso che sia senz’altro il più noto a livello commerciale di massa). Credo anche che sia più caro di altri meno noti. Oggi, forse, con la crisi, l’omino che deve incollare il lavandino comprerà qualcosa di meno caro e il signor Saratoga vedrà calare un po’ i suoi profitti. E’ perchè il suo messaggio pubblicitario ha perso coerenza tra forma e contenuti? (Coerenza che sarebbe da supporre, dato il successo del prodotto). Dovrà rinunciare alle donnine e puntare su contenuti meno glamour (e profondamente offensivi, per quanto mi riguarda, ma che importa? io non lo compro, il silicone) e più di “sostanza”? Si accontenterà della rendita di posizione e aspetterà tempi meno grami per riproporre i suoi spot così vincenti?

    Facile fare la trasposizione nell’ambito della politica nostrana. Ma, oltre al problema forma/sostanza, ora sorge un’altra questione: è equivalente la politica democratica al gioco del mercato? Secondo me, no. Neppure quando il mercato sembra sostituirsi alla politica.

  37. Aggiungo un punto che mi sembra importante, forse quello principale nella nostra discussione.

    Se vale la distinzione fra ‘comunicazione’ e ‘contenuti’, allora si possono analizzare i secondi separatamente.

    Ad esempio, si può discutere come meglio regolare il mercato del lavoro, in termini di conseguenze positive e negative, a breve, medio e lungo termine, per i lavoratori e l’intera società. Questi sono i ‘contenuti’.

    Poi c’è il problema di come presentare pubblicamente una proposta al riguardo, e prima ancora come discutere pubblicamente della questione: a chi rivolgersi, che termini e formule usare, a quali valori fare appello, ecc. ecc. Questa è ‘comunicazione’.

    Credo che in certi ambiti sia possibile discutere anche solo dei contenuti, o principalmente di questi.

  38. Corollario: le discipline della comunicazione sono di scarso aiuto nel ragionare sui ‘contenuti’.
    Ad esempio, per stabilire come meglio regolare il mercato del lavoro servono competenze di economia, di diritto, di sociologia, di psicologia sociale. E servono dati statistici accurati sulle condizioni reali, in termini di occupazione, reddito, ecc., della popolazione interessata. (Mentre sondaggi di opinione al riguardo contano assai meno.)
    I problemi di comunicazione vengono dopo. Oppure sono laterali: come impostare una discussione pubblica al riguardo.

  39. @caracaterina
    non riesco ad aderire completamente al tuo esempio. Potrei farlo accogliendo una teoria dei “bisogni indotti”: il consumatore messo alle strette è incentivato a smascherare ed espungere i “bisogni indotti” dalla pubblicità.
    Ma io non credo esistano sul serio dei “bisogni indotti”, ci sono storie alternative più convincenti.
    In realtà Saratoga, come gran parte di chi si affida ai messaggi pubblicitari, vende realmente anche altro oltre al silicone. Io vedo questo “altro” come “sostanza” (innanzitutto perché la competizione evolutiva si è spostata sui consumi) e non tanto come un fumoso bisogno indotto creato dal nulla grazie a una comunicazione artefatta.
    Certo, poi questo “altro” resta pur sempre “bene di lusso” con damanda elastica alla crisi.
    In ultima analisi: lo stereotipo su donne e immigrati è inaccurato, e se chiamato a mettere i soldi dove mette la lingua, anche il sessista è incentivato a correggerlo. Al contrario, il bene venduto in allegato al sigillante è tremendamente reale, tant’ è che lo si compra volentieri finché ce lo si puo’ permettere.
     
     
     

  40. Ottima l’idea del confronto tra i 3 discorsi. Concordo totalmente sull’analisi dei contenuti e del rispetto dei ruoli di Monti e Napolitano. Le perplessità rimangono sul discorso di B: invece di comunicarci la dignotosa uscita di scena continua ad interpretare la patetica parte dell’uomo invincibile, alimenta la contrapposizione invece della cooperazione. Fortuna che i fatti lo precipiteranno nell’oblio, almeno credo.

  41. Rabbia: rivedendo il discorso di Berlusconi secondo me non emerge solo tristezza, ma tanta rabbia per le contestazioni ricevute.
    Del resto anche i suoi fedelissimi hanno espresso questa rabbia per le incomprensibili manifestazioni di gioia alle dimissioni del premier, rimarcando quella che pare essere una linea forse decisa dal partito.

    E’ un climax ascendente:
    – l’iniziale giudizio negativo delle manifestazioni (“è stato triste vedere che un gesto responsabile e generoso come le dimissioni…”), che ripete sui 4 minuti (“gratuita aggressività personale”);
    – spiega le cause della crisi per sottolinearne la propria estraneità (“che non è nata in Italia, che non è nata sul nostro debito”), ma legandola invece alle mancanze della BCE (il nostro euro “che non ha il sostegno che ogni moneta dovrebbe avere”);
    – ma l’apice si ha a 5:25, dove si rivolge direttamente ai contestatori – forse pubblico modello, come qualcuno ha già ipotizzato – “a quanti hanno esultato (…) voglio dire con grande chiarezza che da domani raddoppierò il mio impegno (…) per rinnovare l’Italia”, con tanto di lessico combattivo (“non mi arrenderò” “liberare il nostro paese”).
    Triste ma pure parecchio arrabbiato, direi più offeso che ferito.

    @caracaterina
    mi permetto un appunto sul tuo esempio pubblicitario (“Se compra, allora vuol dire che siamo davanti a una buona comunicazione”) facendoti notare che
    1. il successo di un prodotto non nasce solo da uno spot ma da un insieme di iniziative promozionali più altri fattori socio-economici
    2. io distinguerei buona comunicazione (comunicazione dai contenuti buoni/corretti/etici e dalla forma giusta) da efficace comunicazione pubblicitaria.
    3. l’obiettivo della comunicazione pubblicitaria non è solo vendere (sacrilegio!), ma creare un’identità per il brand, un’atmosfera e un bagaglio valoriale. Spesso possono proporre anche anticonformismo, andar contro le regole o valori negativi.

    Per quanto riguarda Saratoga ti inviterei a leggere i commenti a questo terribile spot sul blog “Un altro genere di comunicazione” (http://comunicazionedigenere.wordpress.com/2010/05/13/la-gabbia-di-giovanna/): credo che parlare di “coerenza tra forma e contenuti” sia veramente eccessivo (che c’entra il triangolo moglie-cameriera-marito con la vernice?). Grazie al sessismo sono riusciti a farsi conoscere, ma non basta la donna nuda, probabilmente i prodotti sono pure accettabili dal punto di vista del risultato (rimembrare le curve non basta se poi il silicone non tiene).

  42. @broncobilly,
    nell’esempio le domande che pongo sono vere, non retoriche. non capisco perchè ricorrere alle teorie della scuola di Francoforte: comprare il silicone corrisponde a un bisogno realissimo. anche il bisogno di sesso è realissimo. mi chiedevo se fra i due bisogni ci sia la coerenza che lo spot suggerisce e la domanda ha a che fare con la questione forma/contenuti nella comunicazione.
    @fabiana
    la citazione iniziale era una domanda. nella tua risposta trovo una risposta al punto 2 che mi ricorda l’osservazione che avevo letto qui, post fa, relativa alla differenza fra comunicazione e propaganda.
    Anche l’espressione “coerenza tra forma e contenuti” era in una domanda e, in quel caso, era provocatoria

  43. Ottimo lavoro.
    Conclusione triste ma condivisibile.

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