Vendola e la retorica dell’accumulo

Ho seguito i discorsi di Nichi Vendola al primo congresso di Sinistra Ecologia Libertà, che si è tenuto a Firenze dal 22 al 24 ottobre e si è concluso acclamandolo presidente. Confermo quanto detto nei miei post precedenti:

(1) La sua novità (e forza) principale è introdurre nel discorso politico i temi fondamentali della vita umana: le relazioni fra le persone, il corpo, le debolezze psicologiche e fisiche, l’invecchiamento, l’amore, il dolore, la morte, il lavoro visto nella sua quotidianità, l’ambiente, anche questo visto nelle conseguenze quotidiane che curarlo o danneggiarlo comporta (vedi Il linguaggio di Vendola (3)).

(2) Il suo difetto principale sta nell’usare troppo spesso un lessico colto (senza spiegarlo) e una sintassi logica e grammaticale involuta, a tratti simile a quella del burocratese tipico della vecchia politica: troppi incisi, troppe proposizioni subordinate, troppe citazioni e riferimenti impliciti, troppe divagazioni fanno perdere il filo del discorso anche a chi lo segue con attenzione e conosce tutti i riferimenti dotti che Vendola sciorina. Figuriamoci chi non li conosce. Figuriamoci chi si distrae (vedi Il linguaggio di Vendola (2)).

(3) Ottima la sua capacità di produrre metafore, ossimori e altre figure retoriche: va riconosciuta a Vendola un’abilità linguistica superiore alla media, che però dal mio punto di vista andrebbe incanalata e sfruttata per produrre pochi slogan semplici e densi, invece di continuare moltiplicarli come fa ora (vedi Il linguaggio di Vendola (1)).

Aggiungo un’osservazione che riguarda proprio quest’ultimo aspetto: l’accumulo. Vendola moltiplica e affastella simboli, oltre che parole. Li accumula, ne fa mucchi contraddittori. Mette assieme Cristo in croce e «Bella ciao», Aldo Moro e il subcomandante Marcos, Feuerbach e Vandana Shiva, Marx e la Bibbia, gay pride e femminismo, taranta pugliese e social network, Sud Sound System e melodramma italiano, favole di provincia e prospettiva globale.

Contraddittorio? No, movimentista: la logica non è diversa da quella con cui, dopo Seattle a fine 1999, i movimenti No Global dei primi anni 2000 hanno portato in piazza persone di diverse culture, etnie, provenienze geografiche, ideologie. Nel caso dei movimenti, però, la cancellazione delle differenze era tutta legata a quel NO della dizione «No Global»: tutti accomunati dal dire no alla stessa cosa (un po’ come oggi fa il Popolo Viola con i No B-Day).

Nel caso di Vendola, invece, tutto si tiene negli equilibrismi delle sue parole. Lui solo ci riesce: a chi lo ama non resta che applaudire o, quando può, abbracciarlo, toccarlo.

Il rischio, allora, è il feticismo del capo e l’afasia di chi lo segue. E dietro gli afasici ci può stare di tutto: gente capace ma anche incapace, mediocre. Gente pronta a far riesplodere le contraddizioni appena lui si allontana.

Discorso finale di Vendola al congresso di SEL, Firenze, 24 ottobre 2010, prima parte:

Discorso finale di Vendola al congresso di SEL, Firenze, 24 ottobre 2010, conclusione:

 

29 risposte a “Vendola e la retorica dell’accumulo

  1. Secondo me bisogna distinguere il Vendola che tiene questi complessi discorsi programmatici da quello che farà campagna elettorale a tutti i cittadini e si spera userà maggior sintesi e chiarezza.

    E comunque ben venga un leader politico che non sia un everyman (uomo comune) ma un intellettuale al di sopra della media.

  2. Pingback: La retorica dell’accumulo. Nichi Vendola moltiplica e affastella simboli, oltre che parole. Li accumula, ne fa mucchi contraddittori. Mette assieme Cristo in croce e «Bella ciao», Aldo Moro e il subcomandante Marcos, Feuerbach e Vandana Shiva, Mar

  3. Cara Giovanna,
    grazie per l’analisi che condivido molto. L’iper-produzione di simboli e figure mi sembra davvero centrale e nel post la cogli con precisione. L’accumulo permette a Vendola di riempire tutti gli spazi del discorso, di non dare tregua a chi lo ascolta e, in un modo peculiare, di stare (sempre) sopra le righe. Quest’attitudine ha, almeno, il merito di opporlo al resto dei politici italiani (che parlano o male, o poco, o poco e male, ma sempre un linguaggio povero, senza invenzioni e senza cura).

    Detto questo, ti chiedo se sia giusto polarizzare così tanto il rapporto tra Vendola e il sui pubblico: da una parte l’equilibrismo del capo che tiene a bada le contraddizioni; dall’altra l’afasia dei seguaci, a cui non resta che il contatto fisico.
    In mezzo non è possibile immaginare forme intermedie di appropriazione del suo discorso?
    Capisco la tua posizione: se hai pochi slogan e semplici, hai buone probabilità che facciano presa sui più. Ma negli sforzi di Vendola mi pare ci sia qualcos’altro. La parola forse non è esatta, ma lo chiamerei un intento “pedagogico”. Rischiosissimo (non tutti sono pronti ad assumere il ruolo di chi ascolta per imparare), ma coraggioso: se ti va male, la gente scrolla le spalle e va altrove; se ti va bene hai alzato sensibilmente la qualità della relazione con il tuo elettorato. Non si condividono solo i punti di un programma, ma una maniera di guardare le cose. (L’idea di Saviano di “salire in politica”, e non di “scendere” ha a che fare con questo tentativo).

    PS. Se vuoi, è in quest’uso del discorso politico che si esprime felicemente e in filigrana la conttraddizione maggiore di Vendola -essere cattolico e comunista: una pratica pedagogica erano i discorsi del parroco all’oratorio; pedagogia l’intervento del segretario nella sezione del PCI. Sono entrambe forme di relazione che hanno prodotto, è vero, tanti afasici (e moltissimi mediocri), ma anche impegno e consapevolezza politica e civile.

  4. Mentre leggevo il post mi veniva in mente il discorso di Eco sulla lista.
    In fondo anche la politica è un racconto collettivo basato sulla sedimentazione di elenchi ideali e fisici (valori, programmi, intenti).
    Bisogna riconoscere che il linguaggio di Vendola, con tutti i suoi limiti e con una lista frammentaria, oggi riesce a tenere insieme una narrazione, se non credibile, comunque di grande potenza identitaria per il fronte che rappresenta.
    Quello che bersani per esempio non riesce a fare, ma di questo tu ci ha già parlato bene diverse volte 🙂

  5. Sospetto che anche la sua comunicazione sia curata da tanti volenterosi volontari e nessun professionista. Qualcuno ha notizie in merito?

  6. Il fenomeno Nichi Vendola è fortemente legato al suo linguaggio, alla sua retorica, alla sua formazione. Quasi sicuramente senza i “rimproveri”, a proposito della retorica che gli muove Giovanna Cosenza, Vendola non sarebbe Vendola.
    Quest’ultimo, non dimentichiamoci è anche autore di poesie, ha una formazione filosofica e letteraria (cosa così bistrattata e sottovalutata al giorno d’oggi, addirittura è anche presa in meno considerazione di Scienze della comunicazione) nonchè un’amicizia con illustri professori e critici letterari.
    Il suoi escamotage retorici sono molto affini anche alla poetica pasoliniana, la contraddizione (esplicitata da Pasolini nel poema civile “Le ceneri di Gramsci”) e l’ossimoro erano le linfe vitali del poeta di Casarsa.
    Certo, si potrà dire che Vendola nel momento in cui fa politica e non il poeta, non deve essere ermetico, ma conciso, concreto, chiaro e magari così facendo si sarebbe confuso con tutti gli altri.

    Invece sostengo che sia proprio la complessità nell’orazione che affascina tutti includendo anche i meno colti; siamo catturati dal nostro stesso smarrimento nelle subordinazioni, dal rincorrersi delle citazioni, amiamo naufragare negli incisi che ci trattengono come in un labirinto; forse a volte non giungeremo alla meta del ragionamento ma almeno ci rimarrà il viaggio che abbiamo percorso nel tentativo di poter raggiungere una meta, o meglio, rimane il dolce naufragare alla ricerca di una meta.

    In quanto all’accumulo contraddittorio di simboli, secondo quale logica il Gay Pride è in antitesi al femminismo? L’affermazione del termine Gay Pride non implica la negazione del termine Femminismo, oppure Marx non fa parte della stessa categoria semantica di Bibbia, motivo per il quale l’affermazione di Marx non implica non-Bibbia.

    Penso che per quanto riguarda il feticismo del capo e l’afasia di chi lo segue non bisogna farsi troppe illusioni…

  7. Anch’ io condivido l’analisi dei discorsi, del discorso di vandola, direi, del suo modo di parlare, di rivolgersi al pubblico, con queste sottolineature molto particolari e un po’ compiaciute, a volte, o almeno è questa l’impressione che se ne ricava. Personalmente non riesco a essere coinvolta più di tanto in questa sua oratoria, anche se ne riconosco il valore, soprattutto se messo a confronto con le capacità (e i contenuti, anche) a cui ci ha abituato la classe politica italiana nel suo insieme. Trovo, infatti, che Vendola ancora dia troppo l’impressione di parlare “come un libro stampato” e questo rappresenta ancora per me il suo limite.

  8. Non bisogna dimenticare che Vendola è pur sempre un politico, e ogni politico volente o nolente deve accettare “determinati” compromessi;

  9. Ringrazio Giovanna per avermi fatto accettare nel tempo la verità per cui in democrazia le qualità per vincere non hanno nulla a che fare con le qualità per governare. Affrancato dunque dal dover cercare questa impossibile compatibilità potrò anch’io dedicarmi felicemente e d’ora in poi alla valutazione del discorso persuasivo per quello che è.
    Sarebbe stato facile annientare Vendola nella sostanza e nel delirio della governabilità che propone. Sarebbe stato altresì elementare sottolineare come la sinistra “progressista” di oggi sostenga le tesi più reazionarie, dal no al nucleare, all’anatema contro gli OGM.
    Invece voglio capire come faccia ad attrarre l’elocutio di Vendola, e chi ne venga affascinato. Prendiamo alcune frasi dai ritagli che ce ne dà Giovanna: “Che a me mi incanta; una tela necessaria; guardare il mondo con gli strumenti ottici dell’innovazione; Chi c’ha guadaganto? Non il produttore, non il consumatore [ma] una gigantesca intermediazione parassitaria di tipo planetario; madre terra si è definitivamente seccata dell’abuso della chimica, degli organismi geneticamente modificati; Prende il fucile e lo spara; destrutturare il vocabolario del maschile […] perché noi non stiamo semplicemente immaginando, diciamo così, la costruzione di uno strumento agile, stiamo provocando noi stessi sul tema del cambiamento; l’indisponibilità della vita umana, a cominciare dalla vita del mio nemico, e questo è un punto assoluto; la bellezza che si congeda da Olimpi bacchiani..e appunto il contenuto della passione politica è la ricerca della bellezza[…] violata dal turbocapitalismo e dalla sua crudeltà, occulatata dietro le statistiche scintillanti […] la bellezza è nello sguardo dei bambini che chiedono di essere ascoltati e assunti.”

    Questo è il linguaggio di un imbonitore da fiera. Non c’è cultura, c’è vaniloquio. Come faccia a risultare carismatico questo masaniello dalla lisca inascoltabile che sembra parlare come un venditore di quadri di TeleElefante resta un mistero. Non ce la faccio a pensare che in tanti plaudano estasiati questo fervore messianico da videopastorizia protestante a stelle e strisce.
    Lascio la parola al Vendola e alla sua inattacabile logica: “la violenza impedisce la radicalità, perchè la violenza colpisce e la radicalità capisce. Per questo la radicalità è nella non violenza perché ci consente di avere il profilo più limpido di qual’è l’obiettivo della nostra lotta politica”

  10. ma perchè sempre a fare le pulci a Vendola? dai commenti che leggo, a certe persone non piace perchè parla in modo diverso dagli altri politici. e meno male!!
    con le sue parole vendola è ruscito a ridare un sogno a chi aveva completamente perso fiducia nella politica.
    ma su questo blog ci sono solo critiche a prescindere o commenti sarcastici come quello di comizietto che si chiede se saranno stati tutti volontari.
    vi meritate solo Ferrero. tanto tra un po’ lo potrete ospitare per un comizio anche nel salotto di casa vostra fisto che finalmente non se lo caga più nessuno. o quasi

  11. A me l’eloquio di Vendola fa lo stesso deprimente effetto che a Ugo.
    Però anch’io, come Ugo, ho imparato da Giovanna (suo post su Lakoff) che per avere voti bisogna parlare al cuore.
    Al mio non parla, ma ad altri evidentemente sì.

    Poi, al di là dell’oratore, conta il politico e il governante.
    Come politico si muove bene, tende a unire, non è litigioso. E pure questa è comunicazione.

  12. @Ben
    Forse perché anche tu non soffri di patologie e non hai bisogno del pacemaker.
    Ma le malattie cardiache provocano ogni anno così tanti decessi ed è giusto che ci si curi dei tanti infartuati passati e prossimi. Per questo Giovanna fa la cardioscopia ai (vo)tanti pazienti.

  13. Rispondo velocemente: ho avuto pochissimo tempo oggi.

    Alberto sull’efficacia pedagogica… uhm… mi permetto di dubitare. E dubito proprio perché cerco – per professione – di insegnare qualcosa a qualcuno tutti i giorni… 🙂 Ma un politico oggi non insegna, temo di no.

    comizietto: dietro la comunicazione di Vendola ci sono anche professionisti. L’azienda Proforma di Bari, ma non solo. Se guardi nei commenti dei vecchi post su Vendola ne avevamo parlato.

    Marco D.: la lista, sì. In retorica sono le cosiddette “figure dell’aggiunzione”. Ho parlato di “accumulo” solo per evitare una parolaccia tecnica. 😉

    Ugo, Ben, frank, pessima: piaccia o non piaccia, la comunicazione di Vendola, nel deserto della comunicazione politica italiana, è un fenomeno interessante. E non va sottovalutata.

    Per questo, caro frank, in questo blog gli “facciamo le pulci”. Se lo considerassi irrilevante non “gliele farei”. Come non faccio le pulci a Gasparri o Casini, per dire due esempi a caso di irrilevanza comunicativa. Mi spiego? E poi con le critiche si migliora. Inutile irritarsi più di tanto, non ti pare?
    😉

    patrizio: sul contrasto fra gay pride e femminismo e gli altri esempi che menzioni, potevo essere più precisa, hai ragione. Li ho messi nel calederone della contraddittorietà perché appartengono a aree semantiche che di solito non vengono accostate. Tecnicamente, parlare di “contraddizione” vuol dire semplicemente mettere una negazione davanti a un concetto: NON-Gay pride, NON-Bibbia. Nell’insieme degli oggetti che sono NON-gay pride sta tutto ciò che NON è gay pride. Anche il femminismo. Quindi sono stata imprecisa, ma non scorretta. Né ho detto che il gay pride è “in antitesi” rispetto al femminismo. L’antitesi sarebbe una cosa diversa… 🙂

    Grazie a tutti!
    😀

  14. @Ugo
    Sì condivido Ugo, Nichi Vendola è un perfetto teleimbonitore, e il suo “fervore messianico da videopastorizia protestante a stelle e strisce” mi piace, ci piace assai…. anche se ho molti dubbi che possa bastargli alla scalata della leadership del Centro-Sinistra… 😦
    Sulla “pseudo-radicalità” di Vendola, c’è una massa critica che nei territori pugliesi gli si oppone proprio sui temi dell’ecologia, puoi vederlo qui

  15. Vale per Vendola quello che Filippo Ceccarelli di “Repubblica” scriveva su Veltroni. Più che un’alternativa al berlusconismo, rischia di rappresentare un “berlusconismo alternativo”. Che i giovani (e non solo) lo adorino, è fuori discussione. Ma dovrebbe semplificare il suo linguaggio. Nel manifesto dei valori di S.e.l. si leggono passaggi che anche autorevoli commentatori e giornalisti hanno giudicato confusi e poco chiari. Temo che Vendola, nonostante tutto, stia sbagliando una cosa fondamentale: sostituire il lobbysmo amorale berlusconiano con l’elitarismo culturale. Una strategia che rischia di portare ad un’involuzione totale del suo affascinante quanto (al momento) vaporoso concetto di “riformismo”.

  16. l’accusa di berlusconismo sembra sottintendere l’equivalenza: “uso della comunicazione per catturare l’interesse del pubblico=berlusconismo”.
    Mi sembra basata su un grosso equivoco: di berlusconismo si dovrebbe parlare quando le parole nascondono fatti di segno opposto.

  17. Dopo la battuta sui gay di Berlusconi, Vendola inforca gli occhiali. Mi piacerebbe un tuo commento sull’ultimo videomessaggio di Vendola a Berlusconi. Per la prima volta Vendola legge; inforca gli occhiali; si fa riprendere in uno studio con sullo sfondo una bandiera, una libreria, delle piante, e una cornice d’argento con una foto che immagino sia di suo padre. Insomma un Vendola che a me sembra voglia apparire più “istisuzionale” e ponderato. Quali sono le tue e le vostre illuminanti impressioni?

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  20. La Stampa (23/11/10)

    – Io non vivo questa vicenda come l’episodio centrale del mio percorso: ma quando ti accade che in ogni angolo d’Italia – e non solo d’Italia – gente di ogni ceto sociale ti indichi come una speranza, allora sento il dovere di fare la mia parte, di dare il mio modesto contributo.

    La vocazione è autentica: è arrivata la Chiamata.
    Eppure non sembrava un nano.

  21. La differenza fra un nano (quel nano) e un politico che risponde a un’esigenza di civiltà non credo che vada ricordata. L’ha spiegata già bene De Andrè.

  22. Non più ottico ma spacciatore di lenti / per improvvisare occhi contenti /
    perché le pupille abituate a copiare / inventino i mondi sui quali guardare

    Vuoi davvero lasciare ai tuoi occhi / solo i sogni che non fanno svegliare?

    Concordo, ma l’ha spiegata benissimo anche per chi non è nano.

  23. Ehm. L’impiegato concludeva in modo abbastanza convincente, ma mi spiace trascriverlo :))
    Stiamo ad occhi chiusi da anni, caro Ugo. Abbi pazienza se ci concediamo il lusso di sperare di ritrovarlo, questo mondo sul quale guardare.

  24. Oibò, ma l’avete disintegrato voi quel mondo, sa? L’avete affossato voi rincoglionendo il prossimo con la vostra abilità a renderlo schiavo dei desideri che gli avete confezionato su commissione. Siete voi che continuate a far girare quel disco del ’73 come un poetico esorcismo, addirittura come un rimpianto, ma a stomaco pieno. E chi ha fatto sue quelle parole è rimasto ai margini o ha sparato a qualcuno.
    Ma per piacere non venite a chiedermi di sognare con voi che vi siete raccontati che il mondo lo si cambia dall’interno e con questo alibi avete insegnato in tutte le blasonate cattedre dei giorni feriali la creatività del come si cava il sangue dagli esangui, e in quelli festivi illustravate con lo stesso colore i vostri sogni. E ora per vendicarvi del sognatore che avete barattato per il vostro successo me lo riproponete 40 anni dopo?
    Glielo ricordo io cosa concludeva davvero l’impiegato e la sua storia, che per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.

  25. U-go, mi sa che stai prendendo un granchio 🙂 Mi ricordi Guzzanti quando imita Gasparri: “Siete VOI che l’avete voluto! Siete VOI che l’avete votato!!! Comunisticomunisticomunisti”. Scherzi a parte, non inalberarti.
    La mia storia (nostra, se se ne fa una questione generazionale) è tutta in ballo e abbiamo anche accumulato un certo ritardo…lasciaci i riferimenti culturali, quando e se li abbiamo. E dacci modo di ritrovare la bussola, che per noi non è cosa tanto scontata. Oggi andrò a vedere Vendola, e non sarà come andare a vedere un concerto di Bon Jovi. Con il senso semio-critico di sempre, cerchiamo solo di capire se c’è una scappatoia alla tregenda e qualcuno che se ne faccia promotore. Partecipiamo insomma, e ti dico una cosa: dovreste incoraggiarci.

  26. (ho messo il nome, stavolta. Quindi piacere…:) )

  27. @Aura
    Mi scusi ma l’avevo davvero presa per un’altra, viste le sue iniziali e lo stile identico.
    Mettiamola così, la tirata non era per lei ma lo è comunque per molti.
    Ognuno ha le sue ossessioni, come le ha spiegato benissimo il libro che ha appena finito di leggere. 🙂

  28. Lascia perdere le ossessioni, and be constructive. Buona giornata!

  29. Qui un altro articolo che si occupa della comunicazione di Vendola…

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