Berlusconi: chi di massa ferisce di massa perisce

Ieri – l’abbiamo visto – i media puntavano su una intercettazione inutile come notizia (non c’era nulla di nuovo), ma utile a vendere di più.

Oggi invece, vivaddio, le prime pagine sono più interessanti: puntano sui numeri, sulla quantità.

Centomila intercettazioni  Silvio, arrenditi!

«Centomila intercettazioni» (Corriere, Repubblica), «Trenta ragazze per il premier» (La Stampa), «Tutte le escort» (Repubblica) mettono Berlusconi «sotto scacco» (Il Riformista), lo fanno «prigioniero» (L’Unità), lo mettono sotto assedio, gridandogli: «Silvio, arrenditi. Sei circondato» (Libero).

Credo che il sistema dei media italiano, nel suo insieme, abbia finalmente colto il punto: Berlusconi sta finendo per quantità, non per qualità.

L’amore degli italiani per Berlusconi ha resistito dopo Noemi (aprile-maggio 2009) e dopo Patrizia D’Addario (giugno 2009): secondo un sondaggio che Ipr Marketing faceva per Repubblica nel giugno 2009 (nel bel mezzo del caso D’Addario) gli italiani che avevano «molta/abbastanza fiducia» in lui erano ancora il 49%. All’epoca sondaggi più favorevoli lo davano addirittura oltre il 60%.

L’amore degli italiani ha preso uno scossone dopo Ruby (ottobre-novembre 2010): sempre per Ipr, gli italiani «molto/abbastanza» fiduciosi in lui erano il 35% nel novembre 2010. Ma è stata più una faccenda di accumulo graduale, che di sconvolgimento per la sola Ruby.

Poi, nel 2011, il calo è stato sempre più rapido, fino ad arrivare al dato che Ipr Marketing ha pubblicato ieri: i «molto/abbastanza» fiduciosi sono ormai solo il 24%. Ma è stata più l’incapacità di Berlusconi nel gestire la crisi economica, che il turbamento per la sua vita privata. (Trovi tutti i sondaggi su Sondaggipoliticoelettorali.it.)

O meglio: le due cose assieme hanno fatto calare la fiducia degli italiani, la questione morale da sola non ce l’avrebbe mai fatta.

Perché è così che funzionano gli italiani: per uno scandaletto solo non si turbano più di tanto (siamo uomini e donne di mondo, no?). Specie se il protagonista dello scandalo è il leader che più amano da 17 anni. Ma a lungo andare, se gli scandali si ripetono, ma soprattutto, se ci si mette pure la scontentezza per come lavora, be’, allora sì.

Un po’ come una moglie che sopporta i tradimenti del marito: devono essere molti, ravvicinati e smaccati, perché lei si stufi e chieda la separazione. Specie se il marito è ricco e lei no. Se poi porta pure a casa meno soldi, allora la pazienza va via prima. L’immagine è sessista, ma pure l’Italia lo è. Dunque è adatta.

Vista in termini di comunicazione: Berlusconi sta vivendo una specie di contrappasso. Lui, che è stato il più abile di tutti, in Italia, a gestire la comunicazione di massa (televisione, stampa, pubblicità), è ora affossato da ciò che più conta nella comunicazione di massa: i numeri, la quantità.

Non uno, non due o tre, ma cento, mille, centomila intercettazioni e scandali lo elimineranno dalla scena politica.

La quantità con Berlusconi funziona, ne sono certa. Lentamente, ma funziona.

 

103 risposte a “Berlusconi: chi di massa ferisce di massa perisce

  1. Ciao G.

    Pienamente d’accordo ed aggiungo: finora la strategia mediatica del suo battaglione di prezzolati è stata quella di prendere i singoli scandali e smontarli, fare a pezzi gli accusatori, minimizzare le responsabilità, assolvere l’uomo per le virtù dell’imprenditore, il politico per il suo impegno da outsider, valorizzando l’innovazione contro i risultati. Ma quando tutti i conti aperti cominciano a chiudersi assieme, frequentemente, come un ideale redde rationem, il castello in aria traballa. Avremmo bisogno di una stampa meno compiacente e becera, invece:

    http://www.corriere.it/cronache/11_settembre_16/roncone_arcuri_star_web_862af6fa-e027-11e0-aaa7-146d82aec0f3.shtml

    E questo sarebbe il Corriere, mica Diva&Donna… inquietante la domanda finale: sotto col “metodo Boffo”!

    A malapena si riabilita Craxi ed ora tocca pure far lo stesso col suo miniclone.

    Saluti

    V

  2. Proviamo a fare il punto della situazione, tanto per chiarirci un po’ le idee:
    1) Le intercettazioni hanno superato la soglia limite del rispetto della privacy: i giornalisti si stanno scavando la fossa da soli a pubblicare qualunque cosa perché se non ci sarà una rivoluzione che azzeri il parlamento esistente verrà votata certamente una norma più restrittiva sul loro uso, norma che potrebbe azzerare del tutto la pubblicabilità almeno in fase di udienza preliminare, magari fino al giudizio di primo grado. Berlusconi è ricattabile, ma è solo il vertice della piramide. Oggi a te domani a me. Scommettiamo?
    2) Non scordiamoci che Berlusconi non governa da 17 anni. La favola del regime quasi ventennale è patetica ma va molto di moda a Sinistra soprattutto per occultare le proprie responsabilità (5 elezioni politiche dal ’94: tre vinte da Berlusconi ma due perse, in perfetto accordo statistico con una normale dialettica democratica).
    3) Non dimentichiamoci che mediaticamente l’effetto-quantità non è una funzione lineare che cresce sempre ma è una parabola: al salire della quantità aumenta il biasimo ma superata una certa soglia se la quantità continua a salire il biasimo ricomincia a scendere. Se l’arresto giudiziario o la sfiducia parlamentare coincide con il picco della parabola bene. Altrimenti aumentare gli scandali funzionerà da boomerang vittimistico. Personalmente più aumentano le intercettazioni in cui Berlusconi parla e più appare umanamente scusabile, comunque tirato per la giacchetta di qui e di là da prosseneti politici e privati. Le intercettazioni non mettono in scena un torvo e cinico governante ma un’impotente sopraffatto dall’immutabile burocrazia della corte, specchio italico di un Paese famoso per essere ingovernabile. Si prenda l’ultima intercettazione, oggi su Repubblica (http://tv.repubblica.it/politica/berlusconi-lavitola-la-telefonata-integrale/76159?video=&ref=HREA-1)
    Fa quasi tenerezza. Sicuramente se fossi un suo dipendente moltiplicherei la diffusione di intercettazioni di questo tipo, perché Berlusconi ne esce quasi signorilmente rispetto al mostro che viene quotidianamente dipinto.
    Il che conferma una legge che i giornali non possono capire e che i sondaggi continuano a confondere: mai mostrare un diavolo che appare meno cattivo di come lo si è descrittto.

    Morto Berlusconi se ne farà un altro. Ma poiché non ci sono all’orizzonte rappresentanti capaci di tutelare il conservatorismo passatista di un certo elettorato né l’antisinistra viscerale dell’altro, ci sono buone possibilità che Berlusconi si ricandidi anche nel 2013. Dando per scontato ovviamente che la suicida e demenziale strategia comunicativa di tutti i quotidiani d’opposizione assimilabile alla quotidiana richiesta di dimissioni non vada da nessuna parte.

    Quindi la mia domanda per Giovanna è la seguente: Berlusconi sarà eliminato politicamente ma quando? Se è la quantità che uccide, sarà una quantità anagrafica: 75 anni e tanta voglia di smettere. O sbaglio?

  3. tempo fa avevo scritto una cosa del genere su questo post, Come sarà l’Italia Post-Berlusconi?:

    Sappiamo tutti come alla gente – specie in Italia – piaccia mettere alla gogna gli eroi caduti. Esempio, Mussolini.

    Il fatto è – penso – che se Benito è stato messo alla gogna coi suoi propri strumenti, appeso testa in giù e ricevuto manganellate, se veramente esiste una legge del contrappasso, a Berlusconi spetterà una cosa simile adatta ai tempi. Forse verrà messo ad una gogna mediatica, o forse la stiamo presenziando adesso. Insomma come diceva Lou Reed “you’re going to reap just what you saw” (raccoglierai quel che hai seminato).

    Ed infatti come dici non è la qualità dello scandalo ma la quantità, come il corpo di Mussolini appeso a Piazzale Loreto non ricevetti un bel colpo ma tanti tanti piccoli colpi, così dovrà capitare a Berlusconi, e poi, voltagabbana.

  4. Salve Ugo, sulla parabola permettimi di non essere d’accordo: l’aumentare continuo della protesta porta alla caduta, poi il biasimo scende perché il tiranno non è più al potere. Il modello di Gauss non è applicabile in questo caso, come giustamente dici Berlusconi “morirà” come uomo o come capo del governo, ma sarà un cedimento di schianto, che si porterà via il biasimo (mai troppo, IMHO) per le sue azioni.

    Con Stima,

    Valerio P.

  5. @Valerio Pantalena
    Beh, perché io vedo parabole dove tu vedi rette 🙂
    Ma sopratutto, chiedo a te a altri, con quali strumenti si pensa di far cadere Berlusconi? Il voto di fiducia capitanato da Fini ha fatto il salto della gallina e Napolitano non ha certo il potere (né il buon senso) di sciogliere le Camere senza fiducia.
    Francamente non capisco questo martellare del PD e di motli quotidiani. Il martello è troppo piccolo per la grandezza dell’incudine.

  6. ps
    @Valerio Pantalena
    Non voglio lasciarti a bocca asciutta. La funzione in democrazia è sempre parabolica: come ho scritto nel primo commento occorre capire se a un data quantità di scandali corrisponda un effetto tale da far cadere il governo. Non invece”detronizzare il tiranno”. Il tuo errore è considerare la protesta in un sistema non legittimato (e infatti parli di tirannide).
    Ma noi siamo in democrazia e Berlusconi è stata legittimamente eletto.
    Piuttosto è curioso il paradosso di una sinistra che voglia far cadere il Governo con metodi non democratici (la sfiducia ha fallito e Napolitano non può nulla) senza rispettare il verdetto delle urne e risultando identica nell’uso strumentale dei sondaggi a favore a quello stesso Governo che ieri era opposizione e che chiedeva dimissioni dalla mattina alla sera. Giusto?

  7. è l’argomento del giorno: quante donne sono state coinvolte, in tutto e in tutti questi anni?

  8. Pingback: svendere sogni « alcuni aneddoti dal mio futuro

  9. Conoscete bene come la penso e non credo di averlo mai minimamente celato.
    Sono uno dei tanti che tenta di leggere la storia e non mi importa del colore delle mutande di chi, volente o nolente, fa parte della storia vista semplicemente come evolversi di avvenimenti più o meno condizionati da azioni e decisioni di chi si trova in quel momento a doverle prendere.
    La nostra storia attuale ci dice che dopo anni di vacche grasse nei quali abbiamo fatti debiti a non finire, siamo stati chiamati a rientrare o a fallire.
    In questi casi o si usano modi drastici, immediati e reali e quindi scontentando molti e forse anche scegliendo misure poco etiche: quando la casa brucia occorre salvare il salvabile, ma non perchè ha maggior valore, semplicemente perchè è più facile raggiungerlo. E’ questa la legge dura dell’economia e siccome nessuno vuole lodare misure ed azioni scomode, si preferisce saltare addosso a chi quelle decisioni è stato costretto a prendere usando qualsiasi mezzo.
    Quasi sempre chi grida “all’untore” ha maggior successo di che vorrebbe dare dati reali e fare considerazioni storiche e poi ….i giornali son fatti per essere venduti.
    Il Cinese si sedeva sulla sponda del fiume ed aspettava…..staremo a vedere.
    Poi tra qualche anno potremo fare qualche altra considerazione.

  10. “Un po’ come una moglie che sopporta i tradimenti del marito: devono essere molti, ravvicinati e smaccati, perché lei si stufi e chieda la separazione. Specie se il marito è ricco e lei no. Se poi porta pure a casa meno soldi, allora la pazienza va via prima. L’immagine è sessista, ma pure l’Italia lo è. Dunque è adatta.”

    Io direi che per i più è decisivo il “portare a casa meno soldi” più che il “numero dei tradimenti”. Quando noi donne passiamo sopra a uno è facile che si passi sopra a altri.
    A mio giudizio aumentare la pubblicazione delle vicende private crea assuefazione e chi lo criticava prima continuerà a farlo ancor di più e chi lo assolveva lo assolverà comunque. Non vorrei che i sondaggi fossero come quelli del telegiornale di Mentana. Masia ci fa sopravvalutare le variazioni percentuali dei vari partiti a forza di omettere il peso degli elettori che quella settimana si asterrebbero dal votare.
    Meditavo prima sui commenti precedenti: in effetti Berlusconi ha alternativamente vinto e perso le elezioni a cui si è candidato. Vorrei dire che dal 1994 ha vinto sempre chi stava all’opposizione. Chi era innamorato di Berlusconi l’ha sposato tre volte. Perché non 4 o più, Giovanna?
    In Italia poi c’è un fenomeno curioso che consiste nel fatto che lo scopo dell’opposizione è far cadere il governo. Io sapevo che lo scopo dell’opposizione è marcare stretto quel governo affinché mantenga ciò che ha promesso. Mi pare una differenza cruciale.

  11. D’accordo con Ugo, Berlusconi non ha niente di tirannico, è stato democraticamente eletto, e la pretesa del Partito Democratico che Berlusconi si dimetta è essa sì antidemocratica, oltre che patetica.

    Però io credo, senza esserne sicuro, che, quando un leader sia ritenuto molto dannoso dalle élites economiche e istituzionali interessate, queste possano trovare il modo di farlo dimettere. Non sarebbe democratico, certo, ma tant’è.

    Poi non sono neanche sicuro che la sfiducia nei confronti di Berlusconi abbia raggiunto un livello tale, nei circoli nazionali e internazionali che contano, da indurle a concertare un’azione congiunta per sostituirlo.
    In ogni caso, un’azione del genere sarebbe qualcosa di eccezionale, non facile da organizzare. E dovrebbero essere ragionevolmente sicuri di non cadere dalla padella nelle brace.

    A me sembra che la situazione italiana attuale sia compatibile con questo scenario, ripeto, del tutto eccezionale.
    In cui anche la frase sulla Merkel, se vera e utilizzabile a scopo di pressione, potrebbe giocare un ruolo.

    Questa ipotesi ha il pregio di essere confutabile a breve termine.

  12. Cara Giovanna, credo che i fatti raccontati dalle intercettazioni non facciano un gran effetto sull’elettorato. Per costoro ogni nuovo episodio non fa che delineare meglio la personalità di Silvio, piccolo grande uomo italiano, con vizi e manie che molti dei suoi elettori condividono. Non ci vedo alcun “tradimento”. Al contrario ci sarebbe se B. esprimesse pentimento. Un eroe non si pente. Mai. D’accordo con Ugo: alla lunga Berlusconi emerge come un paziente mediatore che cerca la mitica “quadra” tra gli interessi di faccendieri-giornalisti, finanzieri, trafficanti di armi, nani, ballerine… gesuiti, euclidei, furbi, contrabbandieri, macedoni… Povero Silvio! Credo che il problema sia narrativo: l’uomo della sfida ha smesso di sfidare. E’ fuori ruolo. Come sottolineato da G. Ferrara, Berlusconi si è seduto. Serve una svolta nella sua grande “storia italiana”. Un “predellino” adatto ai tempi. E i tempi sono di crisi globale quindi serve una performance internazionale. Questa lotta ai giudici non è affatto avvincente, è provinciale. Ma lui, il piccolo calimero italiano, non è in grado di giocare fuori dal serraglio. Appena va a Strasburgo gli ridono in faccia. Per sprovincializzarsi dice quattro idiozie in francese , ma ottiene l’effetto contrario. Fossimo nel 1920, se la prenderebbe con qualche paese sfigato, lancerebbe una bella campagna d’Abissinia a reti unificate. Ma il colonialismo sanguinario non è il suo forte. Non è Sarkozy. Le rivolte arabe erano una bella occasione ma non ne ha azzeccata una. Tunisia… Mubarak… Gheddafi… disastro. A Berlusconi (e quindi all’Italia) serve ora un diversivo di quelli forti, che sposti l’attenzione degli italiani da un’altra parte, mentre il Titanic affonda. Invece siamo all’orchestrina. Così si muore di noia. E di vecchiaia. O affogati. Poi, ci scommetto, arriverà Montezemolo con le scialuppe. Ma quella sarà un’altra storia. O forse la stessa.

  13. Nelle regole dello Stato Italiano esiste anche una procedura simile allo infringment americano.
    Se non ricordo male, fu usata circa mezzo secolo fa, contro l’allora presidente Leone.
    Invece di tante parole, invocazioni ed inprecazioni, urla, intercettazioni, c’è questa possibilità: perchè mai nessuno vuole usarla e tutti cercano di istigare B. al suicidio?

  14. @Ben
    Ma cosa vuoi mai che possa provocare una battuta sulla Merkel che non sia dissimile dalla medesima sorte riservata all’allora premier finlandese Tarja Halonen, altrettanto non copulabile secondo il tombeur italico Berlusconi?
    Tra l’altro occorre capire che oggi non c’è più bisogno dei governi tecnici (Amato o Ciampi che siano, o mutatis mutandis Monti-Bini Smaghi) perché qualsiasi governo, dovendo soddisfare le condizioni disposte dalla BCE se vuole sopravvivere come Stato non commissariato, eredità di fatto la sua politica economica e quindi tecnica. Per questo Berlusconi non cadrà e non vedo per quale motivo caldeggiare un’alternativa, visto che le soluzioni draconiane di cui ha bisogno l’Italia non potrebbero che rispondere a governi politici, perché i tecnici non ne avrebbero la legittimazione sociale e i governi bipartisan si suiciderebbero seduta stante.

    @Attilio A. Romita
    Tutti cercano di istigare Berlsuconi al suicidio perché non posseggono i mezzi sufficienti per l’omicidio. Ovviamente a Sinistra lo sanno benissimo e lo scopo mediatico è mantere viva la brace sondaggistica a proprio favore arrivando al 2013 con un elettorato incazzato e con le percentuali parlamentari di vittoria dell’oggi. Sperando che nel frattempo l’altra metà di Bossi si smarchi dal Governo e lo sfiduci con esiti migliori della metà di Fini.

  15. @Ugo io vedo rotte cartesiane dove Lei vede andamenti ciclici e/o curve simmetriche ^_^

    Ritengo che Berlusconi crollerà da qui a due anni:

    1- per sfiducia in Parlamento (improbabile ma possibile)

    2- per sconfitta alle prossime elezioni (altamente probabile, anche se non saprei individuare vincitori)

    3- per morte corporale (vecchiaia, viagra, fate vobis)

    Per impegni personali vorrei evitare di argomentare ulteriormente, anche se questo blog rimane interessantissimo, anche grazie ai Suoi contributi, che ammiro per contenuti ed intelligenza, anche se a volte un pelino prolissi ed auto-referenziali.

    Per concludere il discorso proteste in un ordine democratico: arriva il punto che le proteste non possono aumentare oltre perché si traducono in mancanza di numeri per governare. In Italia significa più sconfitta elettorale che dimissioni spontanee oppure intervento del Capo dello Stato…



    BWAAAAAAHAHAHAHAAHAHAHAHAHAHAAH

    Scusate, ho accostato per un attimo l’ultimo pensiero con Napolitano, l’eroe d’Ungheria.

    Buona discussione a tutti voi, torno alle faccende quotidiane.

    Saluti

    V

  16. Si torna ad invocare spesso l’inntervento del Presidente della Repubblica come ultimo difensore della democrazia.
    Forse non tutti si rendono conto di quanto questa invocazione è “democratica”.

  17. Praticamente questo dimostra che la strategia di Repubblica ha funzionato.
    Avevano e hanno sempre avuto ragione a destra quando dicevano che Repubblica ha lanciato una crociata contro Berlusconi, il fatto e’ che dal quotidiano non l’hanno mai negato: in un sistema mediatico squilibratissimo han deciso di fare il possibile per spostare il peso dall’altra parte. E con il tempo hanno capito che se le vere colpe politiche e giudiziarie di Berlusconi non convincevano i fedeli, allora, in un mondo di flussi comunicativi in cui le argomentazioni svanivano in favore di slogan, categorizzazioni per bambini, e un’abbondanza interminabile di informazioni inutili – in questo mondo dicevo hanno deciso di adottare il suo linguaggio: hanno iniziato a urlare ‘PUTTANIERE’ a ripetizione nella maniera in cui lui urla ‘comunisti’. E guarda un po’ alla fine sta funzionando.
    Capisco la bruttura di entrare in quel gioco e in quella degradazione del dicorso politico, ma visti i risultati, sinceramente, mi vien quasi da far loro i complimenti

  18. @ Ben che dice “D’accordo con Ugo, Berlusconi non ha niente di tirannico, è stato democraticamente eletto, e la pretesa del Partito Democratico che Berlusconi si dimetta è essa sì antidemocratica, oltre che patetica.”

    Democrazia si costruisce in diverse arene, di cui la mediatica e’ una e l’economica un’altra, che non sono democratiche in se’ ma che dovrebbero essere quanto piu’ lontane possibile da un monopolio. Se in quella economica il mondo e’ com’e’ e la democrazia si sta sitematicamente sfaldando in tutto il mondo, nell’arena mediatica il monopolio di Berlusconi ha sbilanciato gli equilibri democratici. Dandogli potere di prendere la maggioranza in quella legislativa ed esecutiva e cosi’ neutralizzare quella giudiziaria.

    E’ abbastanza facile, e visto che ci son decine di studi accademici da tutto il mondo che studiano la degradazione della democrazia italiana e le similarita’ con i modelli semi-autoritari, continuare a ripetere la solfa che Berlusconi e’ stato democraticamente eletto e’ semplicemente una maniera per chiudere il discorso sulle proprieta’ di una democrazia, che sono molte ma molte piu’ che il semplice conteggio di voti. (altrimenti in bielorussia sono il paese piu’ democratico al mondo).

    La pretesa del PD non mi sembra anti-democratica, e’ una richiesta comune che in qualsiasi altro paese verrebbe dall’interno della destra stessa.. ma la nostra destra e’ una corte con un padrone, che ci vogliamo fare?

  19. Poveri difensori inascoltati della democrazia coartati e messi in angolo da una folla di sciocchi creduloni completamente succubi dei media, incapaci del benchè minimo ragionamento. Meno male che c’è un piccolo gruppo di pensatori, unici ed inascoltati difensori della verità, …..ma non sarà soltanto la loro verità?
    E’ vero il popolo bove si adatta al giogo per un po di mangime, soprattutto di mangime per i loro cervelli e sentimenti molto terra terra.
    Tanti secoli fa il dominio di pochi su molti si chiamava oligarchia, in tempi più moderni è stata definita anche dittatura, ……ma è vero se comanda il solo pensiero alto ….è democrazia!
    Visto che nessuno è capace di far dimettere Berlusconi con mezzi normali, ci penserranno questi defensor fidei della democrazia a sollevare il popolo bove ed a fragli conoscere la verità!

  20. No, no, Attilio, non hai proprio centrato il punto, qua non si nega che chi prende voti debba governare, si nega che uno che ha il quasi-monopolio dei media ed e’ (era) l’uomo piu’ ricco del paese, gia’ due voltre condannato e due volte graziato dal governo di un altro uomo che e’ dovuto scappare in Tunisia per corruzione, uno con uno stalliere capobanda mafioso per intenderci POSSA candidarsi come presidente. E’ un’assurdita’ dal punto di vista istitutuzionale e democratico, e se milioni di italiani l’hanno votato ben venga, ci rimettiamo tutti ma lo dobbiamo accettare, ma non e’ un caso che adesso che le TETTE e i culi (mediatici beninteso) gli si sono rivoltati contro la grande maggioranza che lo ha difeso stia lentamente svanendo. Se per te la democrazia e’ una questione di numeri, beh, Berlusconi non e’ piu’ il favorito neanche del popolo.

  21. @ Lorenzo Marini (sempre stimolante ‘discussant’)

    “decine di studi accademici”: puoi citare il migliore? così lo leggo.

    “il monopolio di Berlusconi ha sbilanciato gli equilibri democratici.”: il predominio (non monopolio) di Berlusconi è consentito da leggi dello Stato, democraticamente votate e democraticamente abrogabili, in Parlamento e per referendum.

    Parlamento e referenda in Italia hanno votato le cose più ragionevoli e le cose più assurde.
    Se non hanno votato su questo, è perché ben pochi se ne sono presi la briga. E’ la democrazia, bellezza. 🙂

    (Che personalmente appoggio come il male minore)

  22. O.T. Bando alle ciance, porfavòr! In questo paese la democrazia è soltanto formale e ha perso quasi ogni carattere sostanziale. Anche Cesare Ottaviano Augusto governò autocraticamente mantenendo in carica formalmente tutte le magistrature della repubblica romana. Anche la Firenze medicea era ancora formalmente un Comune mentre a governare era Lorenzo il Magnifico che, fra l’altro, non ricopriva nemmeno nessuna carica istituzionale. E, non dulcis ma amarissimo nel fondo, la Germania elesse democraticamente Hitler. L’unica cosa positiva di Berlusconi è che, per fortuna di tutti, non è Hitler. (E, comunque, non è nemmeno Ottaviano Augusto o Lorenzo il Magnifico)

  23. O mettiamola in un’altra maniera. Domani votiamo e Berlusca straperde (perche’ straperde), al che la giustizia puo’ fare il suo corso come giusto che sia perche’ se a me o a te ci capita di avere fatto delle boiate di quel tipo come minimo al processo ci dobbiamo andare. In questo mondo ipotetico Berlusconi viene condannato, vuoi perche’ la magistratura e’ comunista o perche’ la magistratura ha le prove e l’ex presidente se la vede con la gabbia, o forse ma dico forse scappa a Aruba. Sarai contento a quel punto?

    No perche’ devi tener chiaro che piu’ del 50% degli italiani ha votato contro il legittimo impedimento, e tutti sanno, perche’ il popolo e’ saggio, che votare contro Berlusconi alle prossime politche significa condannarlo alla galera. Quindi? Tra due anni potremmo dire che Berlusconi e’ stato democraticamente mandato in gabbia?

  24. @Ben. Ok per le citazioni dammi un momento e te ne mando un po’, per il discorso delle leggi democraticamente votate, la legge Mammi’ e’ stata fatta da chi e’ stata fatta nel momento in cui e’ stata fatta. Gente che e’ principalmente in carcere, all’estero, o al governo oggi.

  25. @ Lorenzo Marini

    Chi possa candidarsi a parlamentare e Presidente del Consiglio, è stabilito per legge.
    Se non piace, si può cambiare.
    Fino a che non cambia, vige. 🙂

  26. Vedi, Lorenzo Marini, quello che forse ti accomuna a Berlusconi è che tu pensi che debbano valere solo le leggi che tu ritieni giuste — magari con ottime ragioni.

  27. @Ben Sei un cavaliere della democrazioa rappresentativa, eh, ben? Tutto cio’ che e’ fatto da un parlamento, anche quando di nascosto e anche quando non aprte delle promesse elettorali e’ quindi fatto democraticamente? Beh ma allora Putin o Lukashenko sono dei campioni di democrazia! O almeno cosi dicono i loro telegiornali e i loro popoli che li votano

  28. @ Lorenzo Marini

    citazioni, solo una, la migliore, grazie. 🙂

  29. Non ci sto a disquisire su numeri, pesi, tattiche, mosse, contromosse e mossettine. Queste cose le lascio fare ai vari Mieli, Romano, Cacciari. Le cose sono molto più terra terra, tragiche, dure

    Che almeno due quinti degli italiani in questi anni siano stati sempre più opportunisti, egoisti e superficiali, ce lo dice e conferma il loro unico riferimento d’informazione: la tv generalista RaiUno e le emittenti Mediaset che sono semplicemente una fogna. Ciò che viene insistentemente chiamato “governo”, in realtà è un comitato d’affari con l’inserimento di alcuni biscazzieri del voto di scambio. Gli unici leader appena appena presentabili (Ruggiero, Pisanu, sono stati “andati”).

    Il più pavido presidente della repubblica della nostra storia, quasi quasi i media l’hanno fatto santo. Il “colle” ce lo raccontano come se fosse un misto di Dalai Lama, Gorbaciov e Willy Brandt.

    Abbiamo una sinistrina che striscia davanti alla Chiesa, ai banchieri, ai gazzettari di regime.

    Ma fate tutti finta di non ricordare che il nostro Presidente di Consigli per gli Acquisti, aveva iniziato la sua carriera con i soldi sporchi della banca del suo babbo, che è stato salvato dal futuro latitante Craxi, che per decenni ha comprato voti, gazzettari, giudici, artisti, arbitri di calcio e puttane?

    Eppure quasi la metà dei nostri concittadini (non solo i ricchi) hanno tranquillamente continuato a sostenerlo e votarlo.

    Ora la musica sta per cambiare semplicemente perché sono finite le possibilità di indebitarci. Questo vale sia per lo Stato che per le famiglie. La pacchia della fuga in avanti è finita. Ecco perché gli italiani cominciano a voltare le spalle all’amicone in blazer del più fantasioso mafioso condannato di nome Dell’Utri, di Don Verzè, di Marcinkus, di Briatore, di Lele Mora.

    Per favore, smettiamola di parlare col sopracciglio alzato: Pevdinci, ammappele, oddiooddio cavalamiasignova, pave pvopvio che gli italiani si facciano sommevveve dai numevetti sempve più impvessionanti delle vamanzine…

    Ma va là: semplicemente gli italiani non ce la fanno più a pagare le pensioni e le bollette, il mutuo e la fettina di vitello. I dané, i verdoni e gli sghei stanno per finire. Il resto è solo salotto, convegno, confessionale, toksciò.

  30. non posso accedere la maggior parte degli articoli perche’ non ho piu’ l’accesso in quanto ho smesso di studiare, ma forse sul concetto di democrazia e la situazione italiana questo link , pagina 566, puo’ essere quello che piu’ ti interessa

    Fai clic per accedere a 1301959150.pdf

    Poi scusa se ho usato la formulazione “ci son decine di studi accademici da tutto il mondo che studiano la degradazione della democrazia italiana e le similarita’ con i modelli semi-autoritari” perche’ sarebbe stato piu’ corretto dire “ci sono decine di studi accademici che trattano dello stato della democrazia italiana, e nessuno dei tanti che ho letto dice che sta bene ne’ che Berlusconi l’ha migliorata”.

  31. Pingback: Berlusconi: chi di massa ferisce di massa perisce – Nazione Indiana

  32. @ Lorenzo Marini.

    Letto il primo articolo, quello di Pasquino, e qui mi fermo.

    Pasquino dice che Berlusconi è un populista (giusto) e che il suo populismo non favorisce un buon funzionamento della democrazia italiana (giusto).

    Ma non sostiene che in Italia non ci sia democrazia.
    La democrazia italiana non funziona bene da vari decenni, per svariate ragioni, fra cui il populismo di vari suoi leader.
    E allora?
    Questo secondo te comporta che le nostre leggi, fra cui la legge Mammì, siano illegittime?
    Decidi tu quali sì e quali no? 😉

  33. @ Lorenzo Marini

    Neanche Martin J. Bull mette in dubbio che l’Italia sia una democrazia.

    Dice anche lui che non funziona benissimo (giusto: ma non è certo l’unica fra le democrazie occidentali, che pure sono le meno peggio).
    E dice che Berlusconi secondo alcuni potrebbe non essere di aiuto a farla funzionare meglio (giusto, anche secondo me).

  34. Con tutto il rispetto, Ben: sono legittime. Ma con queste leggi ci fai la birra, ci sbronzi i gonzi e, se sei un parlamentare comprato e corrotto, ti godi maltolto e malloppo (finchè col malloppo non scappi, se ci riesci). E’ questa la democrazia?

  35. @Till Neuburg (17:26:37) : Non ci sto a disquisire su numeri, pesi, tattiche, mosse, contromosse e mossettine. Queste cose le lascio fare ai vari Mieli, Romano, Cacciari. Le cose sono molto più terra terra, tragiche, dure
    —————————————-
    Meno male che ci sono i veri difensori della democrazia che non disquisiscono su i numeri e ci vanno giù duri………
    Questa si che è vera libertà…….
    Solo un avviso a Till, se arriva il giorno di andar giù duri….attento forse troverai qualche antidemocratico illibertario che non ti permette neanche di parlare 🙂
    ———————————
    @ per gli altri ….una piccola notazione riprendendo l’ultima notazione di Ben: “Decidi tu quali (leggi sono giuste)sì e quali no? ”
    Negli ultimi 150 anni l’Italia è stata quasi sempre (escludiamo per evitare discussioni il periodo 1922-1942) un paese democratico e sono state fatte tante leggi, forse troppe, dai vari parlamenti che si sono succeduti e nessuno dei quali non eletto con libere elezioni cioè con il voto di tutti.
    Io ho sempre pensato che il mio illuminato voto dovesse aver valore maggiore di quello …di un mio amiico sciocco, ma per rispetto della libertà di tutti, valore inarrivabile, non ci sono mai andato duro (fra l’altro avrei avuto ragione visto che peso 100 kg ed il mio amico sciocco 60).
    Spero che nei prossimi 50 anni, visto che ne hosolo 73, continui così!

  36. @ben, democrazia e’ un sistema. Anche la Russia e’ de facto una democrazia, ma non la paragoneresti alla Svezia. La Ferrari testarossa e’ una macchina, ma non la paragonesresti a una Fiat Duna.

    non dice che non funziona benissimo, dice che funziona male, e che Berlusconi e’ uno dei problemi che le impediscono di migliorare. E ripeto, ti ho preso un testo molto neutrale.

    Comunque, sulla leggitimita’ democratica della richiesta di dimissioni: http://www.repubblica.it/politica/2011/09/16/news/bossi_italia_rotoli-21751533/

    qualcosa da aggiungere?

  37. Il diritto di voto a suffragio universale e paritario è certamente un caposaldo della democrazia, tanto che, se non c’è, non c’è democrazia. Quindi siamo tutti tranquilli. Come si dice in Frankestein Junior, potrebbe andare peggio. Potrebbe piovere! (che, in effetti, nel film, è proprio quello che succede)

  38. nessuno mette in dubbio che chiunque può INVITARE Berlusconi alle dimissioni, ma per quella DUNA di democrazia (come piace chiamarla a Lorenzo Marini (@zlorine)), nessuno, al di fuori delle elezioni, può OBBLIGARE Berlusconi alle dimissioni.
    Questa è la regola e con Voltaire dichiaro: “Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere. “.

  39. Giovanna scrive, nel suo post, che quel che più conta, nella comunicazione di massa, sono i numeri e la quantità. Il che è quanto sostengono, mi sembra, i sostenitori della democrazia soprattutto formale. Ora, dato per acquisito che i numeri e la quantità a favore o a sfavore di un’opzione sono effettivamente il clou di ogni convivenza sociale basata sul consenso e non sulla violenza fisica, trovo inquietante questa che sembra un’equivalenza secca fra comunicazione di massa e democrazia. La sfera politico-istituzionale è in rapporto soltanto con le tecniche di comunicazione di massa? E, inoltre, i metodi e le regole per ottenere (e conservare) la maggioranza di numeri e quantità non contano? Non sono essenziali tanto quanto? Sono forse appiattiti e assimilati da numero e quantità?

  40. La libertà è basata anche sulla comunicazione e sulla possibiltà di comunicare.

  41. Verissimo e d’accordo: “nessuno, al di fuori delle elezioni, può OBBLIGARE Berlusconi alle dimissioni.”
    Ma, allora, questo significa che i cinque sensi (il senso di responsabilità, il buon senso, il senso di opportunità, il senso del ridicolo e, financo il senso dell’umorismo) non giocano alcun ruolo significativo nell’agire politico?

  42. @Attilio A. Romita (18:46:10) :
    eludi la questione. Non facciamo finta che le tecniche di persuasione al consenso non possano essere così manipolatorie da inficiare la libertà di scelta.

  43. Il tutto, naturalmente, nel pieno rispetto della democrazia formale e delle sue leggi 😉

  44. Conosciamo tutti a menadito ogni ombra della biografia di Berlusconi. Sappiamo tutti che basterebbe l’art. 10 del DPR 361/1957 (che vieta la candidabilità ai titolari di concessioni pubbliche) per ritenerlo inelleggibile. Ma questo vorrebbe dire non aver compreso il ruolo sostanziale bensì solo quello formale della Legge, che si piega agli interessi di chi la fa mentre non è vero il suo contrario. La legge si interpreta e l’intepretazione è il motto delle streghe del Macbeth: il bello è brutto e il brutto è bello. Cosa significa? Che Berlusconi è proprietario dell’etere – e quindi gode di concessioni pubbliche – ma la legge si applica solo alle persone fisiche e lui è proprietario in quanto persona giuridica: fatto l’inganno, trovata la legge.
    Continuare poi a parlare di conflitto di interessi e di monopolio mediatico alle soglie del 2012, dopo 17 anni di presenza Berlusconiana votata e rivotata è incaponirsi a parlare ai sordi o a rivendicare un diritto calpestato dall’usucapione altrui in una nazione che non ha cultura giuridica e non l’avrà certo qualora Berlusconi trapassasse (per il gusto di chi scrive) a miglior vita. Concordo naturalmente con Till Neuburg e MariaGiulia: un portamonete vuoto ha più aria per urlare.
    Rispettate la vostra intelligenza: la volete smettere di lambiccarvi con domande inutili come “non è questa una democrazia, non viviamo in democrazia, la democrazia è altro, in questo Paese abbiamo solo una democrazia formale”…
    È tempo sprecato parlare di questa chimera che si chiama democrazia assumendo più o meno implicitamente che sia un sinonimo di bene, buono e giusto e soprattutto che abbia come referente qualcosa di reale. Vogliamo dirci mistici? È ormai debole nascondersi dietro il motto di Churchill discettando di un unicorno come se fosse il male minore. Cominciamo a studiare un po’ di cose serie così eviteremo di porci ulteriormente domande che non hanno senso.
    Ho già suggerito di commettere apostasia studiandosi non le opinabili suggestioni delle scienze sociali ma le assolute dimostrazioni della logica matematica che ci dicono che la democrazia rappresentativa non solo non esiste ma soprattutto non può esistere, né qui né mai, in quanto non c’è nessun sistema di votazione che soddisfi le condizioni che noi consideriamo le caratteristiche imprescindibili della democrazia: libertà individuale, dipendenza dal voto, monotonicità e rifiuto della dittatura (partendo dai teoremi di Condorcet e May e arrivando alla crocifissione di questa teologia con quelli di Arrow, Sen, Balinski-Young).
    Vogliamo iniziare a ragionare a un livello più alto di razionalità oppure continuiamo a grugnire come un mantra l’abracadabra della democrazia?

  45. Oohhhh, finalmente! Voltaire s’è svegliato e le canta a Pangloss! (grazie, Ugo)

  46. Vero, Giovanna… quando si parla di B., bé, la quantità, anche dei post nel blog, conta sempre 😉
    Vedi: https://giovannacosenza.wordpress.com/2011/09/13/come-difficile-comunicare-la-ricerca/

  47. Attilio Romita, io non sono affatto “un vero difensori della democrazia” e non “vado giù duro” – come dice lei. La democrazia non ha bisogno di essere difesa da me, ma dai giovani, dai pensionati, da chi produce beni, servizi cultura – cioè, bene o male, dalla maggioranza dei cittadini. Sono i fatti a essere duri – non io. Il vuoto pneumatico del vostro amato dibattismo, semplicemente è arrivato al caffè. Se volete ancora inzuccherare le vostre tazzulelle di sinistrismo liofilizzato con i misurini alla Pagnottelli, Malzheimer & friends, fate pure. Così fate anche contenti gli eterni slalomisti Rutelli, Cacciari, Fassino ecc., che prima di contraddire qualsiasi prevosto di campagne, dicono. “Hm hm, Scusate, Disturbo? Si può?” Io non predico, non minaccio, non alzo né indice né dito medio. Dico semplicemente che il mafioso di Arcore andava preso a calci in culo già parecchi anni fa – molto prima che la sua banda di affaristi e portaborse potesse portarci in questo totale vuoto di coscienza, di orgoglio, di cultura. Sfido chiunque a dimostrami che Berlusconi non è un capobanda, un truffatore, un macho complessato, un autentico maximo lider della malafede. Continuate pure a osannare il “suo potere di seduzione”, la sua “capacità di convincere le masse”. Magari, andate pure ad applaudire il nostro preside della repubblica che, anziché fare il presidente, va a tendere la sua gelida manina ai ciellini a Rimini!

    Forse, piuttosto che incrociare qui dentro i nostri fioretti numerici, sarebbe più utile istigare, svegliare, convincere una cassiera al supermercato, un edicolante, un postino, una vigilessa, un fratello, un nonno, un’amante, persino un amico, che i potenti e prepotenti non vanno contrastati solo nell’urna, ma anche sul lavoro, nei mezzi pubblici, nel condominio, in famiglia.

  48. Non lo so, fin che non lo vedo non ci credo. Finché non lo vedrò davvero sconfitto non ci crederò: e continuo ad essere scettico, forse perché mi sono abituato e rispetto a B. ho maturato un certo pessimismo sulla sua fine politica. Io continuo a vederlo come un sovrano assoluto in stile seisetteccento, quei sovrani assoluti che vennero detronizzati dalla rivoluzione francese nell’unico modo con cui si detronizza un sovrano assoluto: la ghigliottina. Ghigliottinati e messi a morte per il semplice fatto che il sovrano assoluto è come il papa, sta in carica fino alla morte biologica. E io continuo a pensare che B. sia percepito dalla più parte degli italiani come un sovrano assoluto super partes, e per questo anche in fondo incolpevole e irresponsabile dei mali dell’Italia. Spero vivamente di sbagliarmi anche perché non lo disprezzo a tal punto da dover aspettare la sua fine reale, ma da parte di coloro che lo odiano davvero, un po’ lui certi malauguri se li è andati a cercare. Tra l’altro il suo stato di salute non pare da un punto di vista della semeiotica medica particolarmente florido (eufemismo per dire che di salute mi pare messo abbastanza male). Facesse un passo indietro e rinunciasse a questa agonia sarebbe apprezzato anche da chi non lo ama, ma magari dopo questo nuovo segno di stima vorrebbe ricominciare un’altra avventura politica Se non si è capito il mio discorso un po’ criptico il mio timore è che ce lo teniamo finché morte biologica non ci separi…

  49. @ Ugo

    I teoremi che citi e riassumi sono importantissimi, per quel poco che li ho capiti (li studierò meglio). Annientano vari pregiudizi e illusioni sulla democrazia, ok.
    Ma dubito che le condizioni menzionate – libertà individuale, dipendenza dal voto, monotonicità e rifiuto della dittatura – siano “caratteristiche imprescindibili della democrazia”.

    A me sembra già qualcosa che
    (a) vi sia qualche differenza, anche minima, fra chi – partiti e persone – si candida a governare;
    (b) l’esito delle elezioni non sia sempre prevedibile, in quanto dipenda da scelte di voto degli elettori — che abbiano un margine anche minimo di indipendenza dalle peggiori e più pesanti influenze.

    Non è gran che, una democrazia decente è anche molte altre cose, secondo me anche più importanti.
    Ma possiamo concordare che vi è una differenza fra società in cui le condizioni (a) e (b) valgono e società in cui non valgono?
    Oltre che, ovviamente, fra società in cui valgono di più o di meno.

  50. (b) “l’esito delle elezioni non sia sempre prevedibile”: intendevo dire “non sia sempre predeterminato”.
    Che poi i sondaggi riescano talvolta a prevederlo, specialmente nell’imminenza del voto, è irrilevante.

  51. @Ben
    “Ma dubito che le condizioni menzionate – libertà individuale, dipendenza dal voto, monotonicità e rifiuto della dittatura – siano “caratteristiche imprescindibili della democrazia.”

    Con tutto il rispetto, il fatto che tu non concordi nemmeno con le condizioni necessarie che definiscono formalmente la democrazia – condizioni che però hanno convinto il comitato del Nobel a consegnare il premio per questi risultati a Arrow e Sen – significa che siamo alla frutta e che addirittura i più non solo credano a una telogia che non esiste ma vi credano pur non conoscendone nemmeno i dogmi, come un cristiano che si dicesse tale e non riconoscesse la parola dei vangeli come sua.
    Mi dispiace per le tue convinzioni, ma i tuoi punti (a) e (b) non sono che dettagli inessenziali: non ha pregio che i cacciatori siano diversi tra loro o che la battuta di caccia favorisca senza pregiudizi uno o l’altro quando si sta cacciando un unicorno.

  52. Cristo torno dopo neanche 24 ore e trovo un fottio di commenti 😦 inizio a rimpiangere i tempi in cui eri seguita da pochi Giovanna 😀

  53. Scusa Giovanna l’OT.
    E scusa Ugo la possibile ingenuità delle domande seguenti:

    – l’esito delle elezioni può talvolta fare differenza, magari indipendente dalle intenzioni dei votanti?
    – e di questa differenza i votanti possono minimamente tenere conto la volta dopo?

    Come puoi intuire da queste domande, ho aspettative minime sui pregi della democrazia. Minime, ma abbastanza rilevanti da farmi preferire generalmente qualche genere di democrazia rappresentativa, con tutte le sue miserie, alla sua mancanza.

    Arrow e Sen propongono alternative?
    (Ho capito che farò bene a studiarli, ma intanto puoi darmi una risposta minimamente orientativa?)

  54. Aggiungo che non ritengo che la democrazia sia sempre una priorità.

  55. Ok, ancorché alcuni sistemi siano migliori di altri, non esiste un algoritmo per aggregare le preferenze politiche senza lasciare campo libero a possibili paradossi. La mitologia della “volontà generale” è forse ancor più essoterica di quella che fa della Costituzione il “contratto tra gli italiani”. Si confida nel fatto che l’ elettore sia conscio di questi limiti e voti ridimensionando prosopopea e aspettative. E che soprattutto sia consapevole che il concetto di “democrazia”, così problematico dal punto di vista logico, ha soprattutto una valenza storica.
    Se la valenza storica diventa centrale, allora l’ “anomalia” berlusconiana (che riconosco) passa in second’ ordine perché invitabile sbocco di anomalie antecedenti.
    Nel sistema pre-muro, oro di Mosca, CIA e finanziamenti occulti foraggiavano in modo sotterraneo la politica di un paese di “confine” con il più grande partito comunista d’ occidente. Al crollo, s’ impose una riforma ma prima di “riformare” la magistratura asfaltò il sistema e sparse il sale su una parte dei partiti. I moderati senza casa trovarono rifugio sotto l’ ala berlusconiana; i liberali, che dopo l’ era Reagan-Thatcher erano ancora disposti a dare una chance alla “democrazia”, gradivano certe parole d’ ordine del Cavaliere; ad essi si aggiunse chi trovava intollerabile vedere al governo “gli sconfitti dalla storia”. Elezioni, vittoria e inizio promettente: una riforma delle pensioni che ci avrebbe fatto guadagnare 20 anni e uno scioperone che consentiva di sfidare il sindacato in campo aperto. Avvisi di garanzia e Lega titubante mandarono tutto a ramengo. Da lì il buio.
    Anche di fronte alle mancate promesse il “berlusconiano” non cambiava casacca. Perché? Innanzitutto il suo idolo sapeva a chi girare le colpe (Lega, 11/9, Fini, Tremonti, crisi finanziaria…); e anche perché, dopo aver fatto un salto in edicola ed essersi sorbito in TV Santoro, Floris, Annunziata, Biagi, Fazio, Dandini…, gli veniva spiegato con dovizia di particolari la storia del “monopolio dell’ informazione politica”. I più pudici rinunciavano a concentrarsi sull’ attualità tirando fuori vaporose e inverificabili teorie sull’ immaginario, nonché l’ influsso lungo di Drive. Non c’ è da stupirsi se il berlusconiano continuava imperterrito a mettere la sua crocetta e il buio s’ infittiva.
    Esempio di buio: B. che vuol farci credere alla figlia di Mubarak (ah ah) e la Magistratura che vuol farci credere di fare la “lotta alla prostituzione” (ah ah ah). Intanto sugli spalti i clericali che giustificano lo scopatore di minorenni e gli odiatori del “Grande Fratello” che ripongono le loro residue speranze sul buco della serratura.
    Conclusione veloce: non si possono fare i capricci sull’ “anomalia berlusconiana” senza fondarsi sul ridicolo “mito della salamella”. E allora, se i teoremi sull’ impossibilità dimostrano quanto pasticciato sia il concetto di democrazia da un punto di vista logico, cerchiamo di puntare sull’ approccio storicista. Ma se per un democratico la storia conta, conta anche la storia che precede “la discesa in campo”; se la storia conta, per la storia futura conta anche l’ uscita di scena e la “caduta da pettegolezzo” non ci apre certo una prospettiva rosea.
     

  56. @Ben
    Occorre davvero studiarsi i teoremi perché quando si parla di logica matematica (e di risultati per cui nel complesso si vincono i Nobel) sarai d’accordo che le cose non sono mai facili e non ci si può accontentare di un’illusione di comprensibilità.
    Premesso che a mio giudizio la maggior parte delle nostre critiche alla politica dovrebbe puntare sull’argomento della legalità e non su quello della democrazia, provo a fare del mio meglio per riassumere il senso di qualche teorema lasciando a te lo studio delle dimostrazioni.
    La democrazia è il governo del popolo attraverso un sistema di votazione
    a maggioranza, ovvero la trasformazione transitiva di ordini di preferenza individuali in ordini di preferenza sociali. May nel 1952 ha dimostrato che la votazione a maggioranza è l’unico dispositivo di voto fra due alternative che soddisfi le seguenti condizioni necessarie: (a) libertà di scelta individuale (ogni scelta è consentita); (b) dipendenza dal voto (l’esito di una votazione tra due alternative è determinato solo e soltanto dai voti su essa); (c) monotonicità (se una scelta vince in una votazione, continua a vincere in tutte le votazioni in cui attragga più voti); (d) anonimato (non sono contemplati votanti favoriti).
    Volendo estendere la votazione a scelte con più due alternative, si potrebbe pensare di votarle due contro due, assumendo quella che abbia guadagnato la maggioranza di voti rispetto alle altre. Ai tempi della Rivoluzioe francese Condorcet dimostrò (da qui il suo paradosso) che questo metodo può non funzionare perché sebbene le scelte dei votanti definiscano le preferenze tra le alternative in un preciso ordine lineare la votazione può produrre un ordine sociale circolare.
    Ancor peggio vanno le cose se si decida di utilizzare un criterio di voto pesato invece che di maggiornaza: in questo caso De Borda ne dimostrò l’inconsistenza.
    Arriviamo dunque a Arrow che si chiese se, dopo che De Borda e Condorcet avevano dimostrato la non transitività degli ordini individuali in ordine sociali all’interno del dispositivo di votazione a maggioranza, esista un dispositivo di votazione che lo consenta il che equivale a chiedersi se sia possibile la democrazia. La risposta di Arrow è che non esiste.
    Affinché le scelte dei singoli votanti possano essere sintetizzate in un ordine sociale di preferenze, si richiama (a), un principio di transitività tra le scelte e si introduce il principio di unanimità (che si deve a Pareto): se tutti gli individui scelgono un’alternativa, la società non preferisce l’altra.
    Una volta che si hanno gli ordini individuali e sociali si può definire cosa sia un diritto e dire che un individuo ne ha uno se quando preferisce un’alternativa a un’altra la società fa altrettanto.
    Per ultimo si definisce la libertà d’opinione come la possibilità per l’individuo di ordinare le sue scelte secondo l’ordine che desidera.
    Detto questo cosa hanno dimostrato Sen e Arrow?
    1° Teorema (Sen, 1970): “Se valgono sia il principio di unanimità che la libertà d’opinione, al massimo “un” (nel senso numerico di uno) individuo può avere dei diritti.”
    Questo comporta che la libertà d’opinione sia autoreferenziale perché la società può al limite rappresentare le scelte di un individuo contro tutti gli ordini preferiti da tutti gli altri.
    La tragedia per la democrazia inizia però quando oltre a voler rappresentare gli ordini di preferenza individuali in ordini sociali si voglia usare un sistema di votazione, assumendo le condizioni precedenti oltre alla (b) della dipendenza dal voto:
    2° Teorema (Arrow, 1951): “Se valgono il principio di unanimità, la dipendenza dal voto e la libertà di opinione, allora esiste un dittatore.”
    Il significato è che per ogni coppia di alternative dell’ordine sociale esiste un individuo che ha diritto su di esse. Tuttavia il Teorema 1 ci dice che al limite “un” solo individuo può avere dei diritti. Ne consegue che per ogni coppia di alternative è sempre lo “stesso” individuo a detenere diritti. Perciò è un dittatore in quanto unico a avere diritti e averli per tutte le coppie di alternative non indifferenti per la Società.
    Infine a sotterrare il tutto arriva un ultima considerazione sulla possibile esistenza di un criterio di proporzionalità nella distribuzione dei seggi, dato che i rappresentati sono ovviamente molti di più rappresentanti (senza nemmeno trattare i problemi del criterio di assegnazione per sistema maggioritario che vede assegnati zero seggi nella condizione di aver preso il 50% meno un voto in ogni collegio).
    Qui viene assunto oltre al criterio di proporzionalità anche la già citata monotonicità (c).
    Purtroppo anche questo criterio non esiste.
    Teorema 3° (Balinski, Young, 1982): ” Non esiste nessun metodo che soddisfi monotonicità e proporzionalità)”
    Naturalmente anche questo implica situazioni catastrofiche in cui i seggi assegnati diminuiscono all’aumentare dei voti presi da una preferenza e viceversa aumentano per scelte alternativeche vedono diminuire i propri voti.

    Ripeto: questi sono teoremi e la comprensione delle dimostrazioni è essenziale per capirne la portata. Nonostante ciò si potrebbe partire dalle considerazioni del Nobel per l’economia Samuelson che dichiarò che “la devastante scoperta di Arrow è per la politica ciò che il teorema di Godel è per la matematica”.
    Se quindi la democrazia non può logicamente esistere proviamo a chiederci cosa sostanzialmente essa sia nei fatti che ogni giorno ci riguardano.

  57. @ Ugo

    Grazie.

    Molto d’accordo nel dare più peso, qui e ora, alla legalità che alla democrazia.

    Ho il dubbio che l’idea di democrazia cui mi riferisco io, per quel che riguarda le elezioni, sia diversa da quella cui ti riferisci tu.
    Io pongo un requisito debolissimo, mentre le condizioni menzionate da te mi sembrano meno deboli (le studierò, ok, però permettimi un tentativo).
    All’osso, mi basta che le elezioni abbiano un effetto sulle scelte di governo, anche minimo, anche privo di una correlazione coi programmi dei candidati e con le intenzioni dei votanti.
    Nonostante sia così debole, questo requisito mi sembra che comporti un nesso fra voto e governo, per quanto tenue e distorto sia questo nesso.
    Se vale questo requisito, i votanti NON POSSONO ESSERE CERTI che il loro voto non avrà mai nessun effetto rispetto alle loro preferenze.

    In altre parole, perché votare abbia senso, basta che i votanti possano non irragionevolmente ritenere che, rispetto a quelli che ritengono essere i loro interessi, la vittoria della loro parte sia ANCHE SOLO LIEVEMENTE meglio della sconfitta, più spesso che il contrario.
    Possono anche pensare che solitamente non faccia nessuna differenza. Per credere nella democrazia e quindi votare, gli basta potere ragionevolmente credere che, quando faccia qualche minima differenza, la differenza sia più spesso a proprio vantaggio che a proprio svantaggio, quando la propria parte vince.

    Nonostante le idealizzazioni della democrazia, che hanno largo corso, alla gente basta poi questo requisito minimo, secondo me, per voler andare a votare. Bisognerebbe vedere se le ricerche empiriche confutino questa diffusa credenza.

    La gente forse sa abbastanza bene che le cose stanno realmente così.
    Anche se ingenuamente (ma comprensibilmente) spera che le cose siano come quei teoremi dimostrano che è impossibile che siano.

  58. La matematica è sopravvissuta al teorema di Godel.
    Forse anche la democrazia sopravviverà al teorema di Arrow. 🙂

  59. I dati empirici non confutano la tesi che la gente creda che votare come vota serva almeno un po’ ai suoi scopi.

    Infatti gli studi sul comportamento elettorale mostrano che generalmente una larga o larghissima maggioranza di quelli che hanno votato un partito o un leader lo rivoterebbero, piuttosto che votare il partito o il leader avverso.
    Se succedesse regolarmente il contrario, si potrebbe ritenere che i più ritengano che avere votato come hanno votato li abbia danneggiati. Ma non succede.

    Naturalmente, un altro modo per manifestare sfiducia nell’utilità del voto, è l’astensione. In Italia è però ancora abbastanza alta.

    Tutto questo non dimostra che questa plausibile fiducia popolare nell’efficacia delle elezioni, per quanto limitata, sia ragionevole.
    Però, se fosse del tutto irragionevole, forse alla lunga i più smetterebbero proprio di votare.

  60. Il post di Giovanna è interessante ma non condivido i toni trionfalistici.
    Molto interessanti e acute le dissertazioni dei commentatori.
    Trovo disumano l’accanimento e l’odio viscerale dimostrato da certe persone.
    Questo è il risultato di anni di propaganda di una sinistra perdente e allo sbando totale.
    I poveri elettori di sinistra si sono fatti impiantare nel cervello il concetto assurdo che buttare giù B sia una forma di strategia politica.
    Credono che morto B scomparirà per magia anche il suo elettorato.
    Complimenti! un qualsiasi idraulico moldavo ha una visione più realistica e lungimirante della politica italiana.

    Detto questo, vado OT perchè mi piacerebbe leggere un’opinione qualificata e possibilmente equidistante (magari da parte della stessa Giovanna) sulle seguenti considerazioni:

    Ieri in macchina ho seguito alcuni frammenti di una trasmissione radio in cui parlava Bersani.

    Al di la dei contenuti, l’oratoria di Bersani è irritante e inconcludente.
    Periodi annidati all’infinito, interrotti e mai conclusi, figure retoriche a sproposito, voce cantilenante lamentosa e irritante, frasi senza senso.

    Non dice mai nulla che possa essere interpretato in modo concreto ma è evidente lo sforzo di parlare “come se” stesse dicendo qualcosa di molto concreto: la parlata con forte accento romagnolo, l’uso di parole semplici l’intercalare “da bar”.
    Ci manca solo che ogni tanto tiri qualche bestemmia e poi siamo in piena atmosfera da partita di “trionfo” alla casa del popolo di Savarna.
    Tutto questo contrasta moltissimo con la totale assenza di concetti e con l’uso eccessivo di frasi subordinate.
    Non dice mai NULLA e lo dice in modo estremamente confuso.

    Questa contraddizione comunicativa mette in evidenza quanto ci sia di fasullo e studiato a tavolino nel linguaggio di bersani.

    Oltre a questo, Bersani si pone sempre come vittima impotente che subisce lo “strapotere” di B.
    Lui che è buono e onesto vorrebbe il meglio per l’italia ma purtroppo (sempre per colpa di altri) non può mai fare nulla.
    Questo modo di parlare contraddistingue un suddito, in perdente, uno che deve giustificarsi per i propri errori e malefatte, non un leader di un partito che ha (dovrebbe avere) una visione lungimirante.

    Non so chi abbia studiato queste strategie comunicative ma, a meno che l’obbiettivo non sia quello di perdere a ripetizione le elezioni (non lo escluderei) direi che sono scarsamente efficaci.

    Se la sinistra dovesse mai arrivare al governo non sarà certo per i meriti del suo leader o per la sua visione strategica ma perchè berlusconi sarà impossibilitato a governare per sopraggiunta morte o inabilità psicofisica.

  61. @Ben
    Alt, siamo in off topic ma ti devo correggere: Il teorema di incompletezza di Gödel pone dei limiti all’aritmetica dei numeri naturali, non all’intera matematica (per esempio Cantor ha dimostrato che quasi tutti i numeri reali non sono definibili, e Turing che quasi tutte le funzioni di numeri interi non sono calcolabili ma Tarski ha dimostrato invece che la teworia della geometria elementare invece è decidibile e completa).
    Al contrario la democrazia non può sopravvivere al teorema di Arrow perché appunto quando scrivi che “nonostante sia così debole, questo requisito mi sembra che comporti un nesso fra voto e governo, per quanto tenue e distorto sia questo nesso” dimostri di non capire la portata dei teoremi di cui si parla, che dimostrano proprio che gli ordini sociali possono essere l’opposto degli ordini individuali. che vuol dire che il voto della singola persona non serve a nulla nel determinare l’esito finale in quanto il teorema 2 dimostra l’esistenza di un soggetto che decide l’esito finale e che quindi è assimilabile a un dittatore. Che poi questo soggetto sia astratto e che il teorema non si presti a una comprensione intuitiva e non sia discutibile con la soggettività delle scienze sociali non toglie nulla alla presa di coscienza delle sue conseguenze che sono mortali per la democrazia. in altri termini le persone non sanno nulla quindi si beano di poter glissare sui teoremi sella logica continuando a credere ai loro idoli. che però non esistono. Ci sono altri sistemi di governo, meno ipocriti e più onesti nell’esplicitazione dei propri limiti. Capito?

  62. Capito. Quindi dovrò studiarmi questi teoremi. 😦

    Quello che ti chiedevo di dirmi, in due parole, era: quali altri sistemi di governo?

    Mi dispiace per l’off topic, ma il tema è troppo importante e affascinante, almeno per me. Grazie Giovanna. 🙂

  63. Interessante discussione, ma di fatto non darei importanza centrale al teorema dell’ impossibilità. L’ approccio illuminista di Arrow è solo uno dei tanti possibili, oltretutto quel genere di ingegneria sociale non va più nemmeno tanto di moda. Di sicuro, come si è visto, spiega poco visto che pochi accetterebbero la conclusione che “la democrazia è impossibile”.
    Senza uscire dall’ individualismo metodologico, prendiamone uno alternativo, il contrattualismo di Buchanan, che come unica condizione pone l’ unanimismo della prima scelta (scelta costituzionale). Ebbene, in quest’ ottica l’ ideale che Arrow dimostra non esistere probabilmente nemmeno sarebbe la soluzione prescelta visto che i “costi esterni” (o costi da aggregazione distorta delle preferenze) non sono certo gli unici da minimizzare, ci sono, per esempio, anche i costi decisionali.
    L’ approccio “unanimista” spiega molto di più, spiega per esempio perché chi ha insegnato al mondo cos’ è un Parlamento poi opti per un sistema (uninominale) che sacrifica molto la rappresentanza.
    Ma si potrebbe continuare con l’ approccio hayekiano, quello per cui la democrazia emerge da un processo evoluzionistico complesso dalle conseguenze non intenzionali in cui il ruolo della tradizione è centrale.
    Ottimo per spiegare perché chiamiamo “democrazia” regimi anche molto diversi tra loro.
    E per chi volesse continuare l’ excursus: Paolo Martelli – La logica della scelta collettiva – Il Saggiatore. un po’ vecchiotto ma ancora valido.

  64. @broncobilly
    Non ti seguo, spiegami. Non capisco come i teoremi di impossibilità di Sen e Arrow possano essere messi nella stessa categoria dei risultati di Buchanan o Hayek perché mentre i primi ragionano in termini di una logica descrittiva i secondi forniscono strumenti operativi di calcolo decisionale.
    Continuo a pensare che le assunzioni che definiscono cosa sia democrazia siano e restino la libertà di scelta, la dipendenza dal voto, la monotonicità, il principio di unanimità, il diritto e la liberta di opinione.
    Però possiamo divertirci a argomentare come Hayek e Buchanan che non si pongono nemmeno la questione dell’inesistenza della democrazia, perchè lo ritengono pacifico e vanno oltre. Così bypassano il problema della legittimazione nè della consistenza di un sistema di votazione né della possibilità di sintetizzare in ordini sociali le somme algebriche dei vari ordini individuali di preferenza (Condorcet, Arrow, Balinsky young hanno ne hanno già dimostrato i limiti) finendo per elaborare altre caratteristiche della democrazia che nulla hanno a che fare con l’idea che entusiasma le masse e che le masse credono di conoscere. Comunque non è un caso che entrambi stiano a destra e si ascrivano genericamente a un liberismo di principio non accettando pianificazioni economiche sistemiche e quindi fregandosene altamente al postutto della legittimità elettorale di un insieme di scelte.
    🙂 d’accordo?

  65. @Ben
    Forse non abbiamo capito il punto più importante: la democrazia è inconsistente e non è dissimile da una dittatura. Quindi una volta dimostrata l’impossibilità di ricorrere al voto per sintetizzare e rappresentare le istanze singole (di fatto potendo avere ordini sociali che contraddicono gli ordini individuali che dovrebbero legittimarli) possiamo benissimo abbracciare sistemi che ne facciano a meno, a cominciare dall’eliminazione dei partiti che hanno appunto la pretesa impossibile di cui sopra. Almeno si eviterebbero l’ingenuità, l’ipocrisia, e la dabbenaggine di credere a ciò che non esiste.
    Brutto scoprirsi orfani, vero?

  66. Mi piacerebbe pensare che questa sia la cosa che lo affosserà ma purtroppo non ci credo molto perchè lui non si dimetterà mai,e tuttora ci sono i suoi sodali che credono a tutto che pensano che questo è solo fango della sinistra, e anche quelli che dicono che non c’è nessun problema se Silvio è un pò discolo, sono marachelle che facciamo tutti!
    A meno che come nell’impero romano Bruto non uccida Cesare, non vedo come uscire da questo empasse, dal fango putrido in cui ci ha messo lui, con la suo personale parlamento, le leggi per lui, le figure di merda col resto del mondo.

  67. Ugo, mi sembra che un po’ te lo sei già spiegato da solo.

    Parto dalla cosa che accomuna i tre: il metodo d’ analisi. Tutti e tre sono votati all’ individualismo metodologico. Ma poi le strade si separano.

    A. dà per scontata la definizione e dimostra l’ inesistenza. Gli altri danno per scontata l’ esistenza e risalgono alla definizione descrivendo un processo.

    Arrow definisce la democrazia dimostrando che non puo’ esistere. Per molti l’ interpretazione più plausibile del teorema, come intuisce Ben, non puo’ essere che “la democrazia non esiste” ma piuttosto che il concetto a cui tutti si riferiscono deve necessariamente travalicare quella definizione. Hai ragione quindi nel ritenere che Buc e Hay “non si pongono nemmeno il problema dell’ esistenza…”. Il loro problema è quello di dare una definizione delle istituzioni democratiche in termini di processo.

    Buchanan: una democrazia legittima si origina solo da una prima scelta unanime (costituzione).

    Hayek: una democrazia legittima si origina solo da un ordine evolutivo spontaneo.

    Questo, come vedi, non significa bypassare il problema della legittimità. Per esempio, entrambi gli autori non ritengono legittima una democrazia di stampo giacobino.

    E qui hai ragione nell’ insinuare che viene fatto fuori proprio il modello che “entusiasma le masse”.

    Hai ragione anche quando dici che la democrazia di B. e H. germoglia solo in società liberali dove “contratto” e “ordine pregresso” (diritti acquisiti) sono valori di prim’ ordine.

    In fondo ho ripetuto quanto hai già detto tu. Aggiungo solo che schivata l’ impossibilità, né H. né B. sono teneri con i difetti delle istituzioni democratiche (tutta la letteratura public choice e sull’ impossibilità del calcolo centralizzato lo dimostra).

  68. Ugo, io sono felicemente orfano da prima che tu nascessi, credo. 🙂

    Stasera ho studiato il teorema di Arrow. Ottimo. Ma le condizioni mi sembrano troppo restrittive. Sono comunque diverse da quelle, molto più deboli, poste da me. Premio Nobel anch’io. 😉

  69. Grazie a tutti per la proficua chiaccherata e a Broncobilly in particolare per le ottime osservazioni e per avermi indotto a riflettere che l’approccio che ognuno di questi autori ha nei confronti della democrazia sotto sotto riguarda il personale rapporto con la metafisica. Dare per scontata la definizione e dimostrare l’inesistenza è tipico di una cultura atea nei confronti degli idoli elaborati da altri; darne per scontata l’esistenza e risalire alla definizione è invece tipico dei credenti che vogliano razionalizzare, senza abbandonarli, quegli stessi idoli.
    A voi la scelta di che parte prendere: clericali o mangiapreti?

  70. Troppo lentamente per poter sperare in una ricostruzione, ormai la cancrena è dilagata. E il pessimismo è intenzionale.

  71. A parte il pessimismo catastrofico quasi primordiale di Paola, vorrei tentare di capire le dotte discettazioni di Ben, Ugo, Brorncobilly, Till e ….scusate se dimentico qualcuno.
    L’elevato tono filosofico politico degli interventi ha provocato una certa confusione nel mio limitato cervello di tecnicastro abituato a teoremi matematici, anche complessi, che avevano una tesi, una dimostrazione ed una sintesi che verificava la tesi o dimostrava la sua erroneità.
    Partiamo dall’inizio politico e non di gossip.
    Mi sembra che siamo d’accordo che, ricorrendo ad nota definizione, vorremmo un governo del popolo, con il popopolo, per il popolo che per comodità semantica chiamiamo democrazia.
    Secondo un comune modo di pensare la democrazia, come prima definita, è quel tipo di organizzazione nel quale le decisioni sono prese e condivise dal popolo.
    Ma a questo punto è opportuno porre una condizioni al contorno: dato che non è praticamente possibile un consociativismo assoluto, cioè una decisone di tutti per qualsiasi atttività si debba fare, sarebbe opportuno stabilire un principio di delega ben definito, a tempo determinato e soggetto a controlli incrociati che garantiscono una certa tranquillità.
    Siamo passati quindi dalla democrazia assoluta alla democrazia rappresentativa.
    E sino a questo punto mi sembra che si possa essere tutti d’accordo.
    Il problema sorge quando occorre eleggere i rappresentanti che agiascano in nome e per conto di tutti con i limiti di cui sopra.
    Le dotte discettazioni di chi mi ha preceduto tendono a dimostrare che il voto libero universale, che in molti pensavamo fosse il bello della democrazia, non esiste e, se si tenta di usarlo, porta a risultati sbagliati.
    Come si risolve il problema?
    Come si trovano i RAPPRESENTANTI se non possono essere scelti da tutti?
    I MIGLIORI, per autonomina, si autoelleggono RAPPRESENTANTI? Nel mondo ideale potrebbe essere vero…nel mondo reale un po meno!
    Uno solo decide di essere il MIGLIORE ed assume per lui la capacità di decidere per tutti? Alcuni esempi del passato anche recente non hanno ddato buoni risultati!
    Ed allora “il cane continua a tentare di mordersi la coda”.
    Forse in quelle dotte discettazioni c’è un alto margine di autoreferenziabilità ed un basso margine di realtà ed il nostro modo, di noi banali cittadini, di intendere il voto di tutti e la rapprentatività è il male minore con buona pace di premi Nobel e filosofi!!
    Sempre con grande rispetto per la filosofia madre di tutte le scienze!

  72. Attilio, le mie ‘discettazioni’, forse sottili ma non dotte, tendevano a darti ragione. 🙂

    Nonostante le validissime argomentazioni di Ugo, credo che si possa sostenere che la democrazia rappresentativa consenta ai votanti di condizionare i governanti in qualche modo.
    In modo minimo e molto indiretto, assai più debole di quello che sarebbe possibile se si potessero soddisfare le pur ragionevoli condizioni identificate da Arrow. Ma non nullo, forse.

    Ammettiamo pure che sia dimostrabile, logicamente e/o empiricamente, che invece il voto non condiziona minimamente il governo – non sono affatto in grado di escludere questa possibilità.
    Se così fosse, il voto manterrebbe una funzione ‘ideologica’ importantissima. Quella di far credere ai cittadini di poter contribuire alla scelta del governo, legittimando così ai loro occhi i governanti.

    Senza un certo grado di legittimazione, governare sarebbe molto difficile, richiederebbe molta violenza repressiva.
    Per questo una certa fiducia popolare nelle elezioni è bene che ci sia, per quanto con un fondamento piuttosto debole (io e broncobilly) o nullo (Ugo).

    Questo discorso non è poi così cinico. Ci sono molti altri modi, al di là delle elezioni, in cui i cittadini possono farsi valere rispetto ai governanti. Per questo concordo con Ugo che la legalità può essere più importante della democrazia.
    Ma, per farsi valere in modi costruttivi, credo che i cittadini abbiano bisogno di considerare legittimo il governo uscito dalle elezioni.
    Almeno fino a quando non ci venga suggerito un modo migliore (e realisticamente praticabile) per far funzionare la società.

  73. Correggo, per proteggermi un po’ di più da possibili giuste obiezioni di Ugo. 🙂

    Ho scritto: “Per questo una certa fiducia popolare nelle elezioni è bene che ci sia, per quanto con un fondamento piuttosto debole (io e broncobilly) o nullo (Ugo).”

    Riformulo: Per questo una certa fiducia popolare nelle elezioni è bene che ci sia, per quanto con un fondamento piuttosto debole E DUBBIO (io e broncobilly) o nullo (Ugo).”

  74. Ben, sai che alla lunga ci troviamo abbastanza d’accordo, quantomeno sui temi generali.
    Sul fondamento, per quanto debole o dubbio, si può costruire, sulla nullologia, qualche filosofo conosce anche il nome esatto, non si può costruire….anche se qualcuno ci campa egregiamente!

  75. Nelle società monarchiche la legittimità si basava sul diritto divino del re a governare. Funzionava.
    Fino a che la gente non si convinse che era un mito infondato e credette a qualcos’altro.
    Forse altrettanto infondato, ma più gradito.
    O forse con un fondamento lievemente migliore. 🙂

  76. Nella monarchia antica sino a che il re governava bene, arruoalva soldati per difendere i suoi sudditi, non esigeva troppe tasse …le cose funzionavano. Se questo non si avverava, i Re si dimostravano molto deboli verso piccole dosi di veleno o un incidente di caccia o una polmonite quando il valletto dimenticava di chiudere la finestra.
    Il Re vecchio spariva, uno nuovo arrivava ed il ciclo continuava.
    Con l’ingrandirsi dei regni, mantenere gli equilibri fu più difficile, ed i re dovettero dare qualche delega per controllare i posti meno vicini.
    Delega oggi, delega domani, molti presero gusto a comandare e …siamo arrivati ad oggi quando tanti hanno deciso che non potevano tutti e quindi si sono messi d’accordo per farsi rappresentare ….è l’inizio della democrazia.
    Come dice Ben : “Forse altrettanto infondato, ma più gradito.
    O forse con un fondamento lievemente migliore. ”
    Come dice la famosa canzone, poi “tutto il resto è noia!”

  77. @Attilio A. Romita
    Le consiglierei modestamente di studiarsi i teoremi che pensa di aver capito. Vedo che lei si scaglia contro la filosofia che nulleggia. Vorrei farle notare tuttavia che i risultati dei Nobel Sen e Arrow (oltre che dei premi Nobel Hayek e Buchanan, sebbene questi non siano inerenti alla democrazia) sono teoremi matematici dimostrati.
    È curioso invece che siano le sue considerazioni a filosofeggiare per difendere posizioni altamente soggettive, che quindi è libero di conservare e difendere come meglio le aggrada.
    Sempre ovviamente non scordando mai che sta appunto filosofeggiando.

  78. @Ben
    “Per questo una certa fiducia popolare nelle elezioni è bene che ci sia, per quanto con un fondamento piuttosto debole E DUBBIO (io e broncobilly) o nullo (Ugo).”

    E quale legittimità può mai avere un sistema in cui attraverso il voto a maggiornanza gli ordini individuali di preferenza possono produrre ordini sociali diversi se non opposti?
    Ben, l’ovvio corollario inquietante dei Teoremi 1 e 2 non è solo non avere una rappresentatività transitiva delle scelte sociali ma soprattuto non poter sapere (essendo indecidibile) quale rappresentatività sia falsata e quale no!
    Messa così la realtà non ti fa venire un brivido? Il bello (anzi, brutto) è che il teorema di Arrow copre qualsiasi sistema di votazione a maggioranza 😦

    “Senza un certo grado di legittimazione, governare sarebbe molto difficile, richiederebbe molta violenza repressiva.
    Per questo una certa fiducia popolare nelle elezioni è bene che ci sia. […] Questo discorso non è poi così cinico”

    Non è cinico, è molto peggio: è una manipolazione non dissimile dal giogo di scemenze con cui le religioni hanno detenuto il potere temporale. Se giochi a fare il Papa o il politico, faccenda tua.
    Ma la fiducia non è l’onore, che si può solo perdere. La fiducia va conquistata.
    Lo abbiamo fatto con argomenti fraudolenti, tutto qui.

  79. Ugo, hai ragione se sai proporre una soluzione migliore e praticabile.
    Io non sono in grado, ma non escludo certo che sia possibile.

  80. @Ben
    No Ben, purtroppo il risultato dei teoremi in questione ci dicono che si ha ragione in ogni caso e che la democrazia non è una soluzione migliore e paraticabile. È una soluzione dittatoriale. Allora tanto vale chiamare le cose con il loro nome.
    Poi si potrebbe cominciare a usare il cervello chiedendoci anche storicamente a chi giovino queste petulanti celebrazioni della democrazia. Poiché i teoremi ci dicono che il voto è irrilevante come metodo di rappresentazione di scelte individuali, diventa urgente capire il motivo che lega necessariamente in un gemellaggio la democrazia al capitalismo tramite il trait d’union del libero” mercato.
    Non sarà forse che l’inesistenza della democrazia sia funzionale al capitalismo per gestire lo statu quo appunto concedendo una metafisica e una pratica religiosa, con tutti i suoi miti e i suoi riti, ai cittadini che altrimenti potrebbero mettere in discussione questi fratelli siamesi?
    Certo, Sen ha demolito il liberismo paretiano ma potresti dirmi che in fondo si salva il libero mercato della mano invisibile, ovvero la capacità di allocare. Purtroppo anche questa ingenua credenza è stata confutata da un teorema di Herbert Scarf del 1962 (mi pare di ricordare usando il teorema del punto fisso, scrivo a mente) che dimostra l’inesistenza in mercati con un numero di beni > di 2 e i cui prezzi siano interdipendenti.
    Oggi si considera pacifico che il mercato sia asimmetrico e non a concorrenza perfetta (affossando quindi i capisaldi precedenti che per mezzo secolo hanno rappresentato appunto la legittimazione della bontà del mercato agli occhi dei cittadini). Chiediti come mai anche un argomento confutato nel 1962 come la “mano invisibile” sia sopravvissuto e abusato fino a tempi recentissimi da politici ed economisti non certo interessati al Vero, quanto all’Utile. E non certo di chi si beve queste palle.

  81. mi sono mangiato un riga:” […]allocare individualmente risorse ottenento un allocazione globale ottimale, quindi una curva domanda-offerta efficiente.”

  82. Ugo, non ho nessuna difficoltà a concordare sui difetti di democrazia e mercato e sulle ideologie che li idealizzano fraudolentemente. E’ una vita che lo faccio. 🙂

    Il mio punto, cui non rispondi, è un altro: quali alternative sono storicamente praticabili, oggi qui, all’una e all’altro?

    Se in una data situazione non so indicare alternative migliori, è onesto che cerchi intanto di spiegarmi come la democrazia funzioni, anche come mito, e quale sia la sua utilità — per quanto piccola e diversa da quella immaginata da chi la propugna con ingenuo entusiasmo.

    Non puoi dirmi che fa schifo, senza darmi un’alternativa migliore.
    Io un’alternativa l’ho indicata — la monarchia di diritto divino — ma non la proporrei oggi come alternativa preferibile alla democrazia rappresentativa. Lo dico senza ironia.
    Manterrò un certo rispetto per entrambe, fino a che non troverò qualcosa di nettamente preferibile.
    (Spero che nessuno proponga la democrazia diretta.)

  83. @Ben
    Ci sono tanti sistemi di governo. Tuttavia è inutile cosa sia fattibile perché ciò vuol dire che sei talmente abituato all’esercizio del voto che probabilmente vorresti mettere la decisione ai voti (e ricadresti nel teorema di Arrow 🙂 )
    Sempre con il beneplacito di Giovanna, il cui spazio sto occupando in un eccesso di off topic che spero sia utile a qualcuno, proviamo a porre la questione in altri termini.
    Ciò che interessa non è tanto la partecipazione del singolo quanto l’efficacia del sistema. Perciò il punto gerarchicamente più importante non è se avere il monarca o il filosofo, né il voto o l’aruspico, bensì quale distribuzione della ricchezza si voglia prediligere.
    Ebbene, secondo un teorema del 1976 partorito da Strasnick e Hammond, ci sono solo due metodi (maximax e maximin) di redistribuzione della ricchezza che soddisfano la neutralità (la redistribuzione è determinata soltanto dall’ordine globale) e l’unanimità (occorre redistribuire la ricchezza se nessuno peggiora la propria condizione): indovina un po’ quali sono?
    Capitalismo e Comunismo, ovvero redistribuire a favore del ricco e redistribuire a favore del povero.
    Ops!

  84. aruspice, accidenti a queste tastiere!

  85. @ Ugo

    “sei talmente abituato all’esercizio del voto che probabilmente vorresti mettere la decisione ai voti.”
    No, non ci penso nemmeno. 🙂

    “è inutile [stabilire] cosa sia fattibile”.
    No comment. Oppure non capisco.

  86. @Ben
    È il resto del commento che devi leggere, Ben.
    Traduco per tutti coloro che non vogliono capire: non ci sono alternative di redistribuzione della ricchezza che non siano capitalismo e comunismo. Fine. Con buona pace delle scienze sociali che continuano a riempire i congressi e imbrattare giornali da più di vent’anni immaginando terze vie.

  87. @Ugo
    dopo tanti teoremi, premi Nobel, discettazioni eleganti siamo arrivati alla conclusione che : non ci sono alternative di redistribuzione della ricchezza che non siano capitalismo e comunismo. !
    Il comunismo non mi sembra che abbia dato buoni risultati!
    Il capitalismo ha tanti difetti, ma dura!
    Tertium non datur!
    Come ci mettiamo? Facciamo finta che questo schifo di falsa democrazia sia il meno peggio aggiustamento del capitalismo (unica soluzione) e proviamo a cammpare tranquilli.

    A proposito di filosofia, teoremi e leggi economiche …..io sono un banale e non aspiro al ruolo di filosofo, tento solo di guardarmi intorno con un piccolissimo sguardo all’ieri ed al domani….non riesco a sedermi su una nuvola per elargire il sapere!

  88. Scusa Giovanna, è domenica e forse siamo in vista dell’arrivo di questa discussione. Sperando che non interessi solo a me e Ugo. 🙂

    Nemmeno io credo alle terze vie, mai creduto. (Ma sempre pronto a ricredermi, su questo come su tutto.)

    Però non escludo che ci siano varianti anche minori del capitalismo, che comportino qualche differenza anche piccola nella redistribuzione della ricchezza. Non escludo nemmeno che il sistema politico possa incidere, per quanto poco, su economia e redistribuzione.

    Prego prendere alla lettera “non escludo”, “anche minori”, “anche piccola”, “per quanto poco”.

    Minimizzo, perché detesto il massimalismo velleitario (rispetto a cui le tesi di Ugo sono un utilissimo antidoto). E perché mi bastano obiettivi minimi, ma praticabili, per decidere di perseguirli.

  89. @Attilio A. Romita
    Ma almeno in questa sede tentiamo di volare alto nei cieli della razionalità e non razzolare nel trogolo dell’ottusità. Né io né lei possiamo cambiare le cose: quello che ci preme è almeno sapere ragionare tentando di diminuire il numero di idiozie che quotidianamente plasmano gli occhiali con cui guardiamo il mondo, idiozie che non sono carnevalate ma sono funzionali al mantenimento dello statu quo di chi il capitale ce l’ha e non ha nessuna voglia di farselo sottrarre.
    Per questo i teoremi matematici sono importanti. Intanto potrebbe imparare che il capitalismo può esistere solo se non diventa globale mentre il comunismo al contrario può funzionare solo se è globale.
    Non solo, potrebbe poi levarsi gli occhi dell’ideologia e cominciare a capire quali parti della teoria non abbiano funzionato (come lei sa non si può invalidare una teoria con una pratica, ma solo con un’altra teoria. Anche perché altrimenti resta da chiarire quali parti della teoria siano vere e quali no).
    Una volta che ci si è emancipati dal dogma del voto (non certo per l’argomento filosofico e soggettivo del rifiuto della scelta di maggioranza in quanto la maggiornaza non esprima qualità ma solo quantità bensì per quello logico e ineludibile che non possa esitere un modo di sintetizzare le scelte degli individui in scelte sociali che è pretesa ontologica del sistema democratico) si potrebbe cominciare a studiare magari che un’economia pianificata non ha funzionato per mancanza di strumenti teorici e tecnici di simulazione del mercato e non appellarsi ad argomenti darwiniani, o meglio spenceriani, per accettare come ineluttabile l’irrazionalità della legge della giungla che è alla base del capitalismo.

  90. “il capitalismo può esistere solo se non diventa globale mentre il comunismo al contrario può funzionare solo se è globale.” (Ugo)

    Simpatizzo con entrambe le tesi, ma non le sposerei domattina.

    Il capitalismo è già globale, o quasi. Non escludo che duri ancora un po’. Almeno questo secolo, direi. Almeno.

    Il comunismo (se s’intende una società basata su un’economia di Stato a pianificazione centrale, il tutto guidato da un partito con ideologia comunista) è esistito, in URSS e altrove, e ha funzionato per qualche decennio. Non benissimo, ma ha funzionato.

    Se invece ci si riferisce a un comunismo non ancora realizzato, la possibilità che funzioni, e funzioni meglio del capitalismo, mi sembra incerta.
    Ma si potrà riprovare.

    Penso anch’io, come Ugo, che “strumenti teorici e tecnici di simulazione del mercato” saranno di grande aiuto. Temevo di essere quasi il solo a pensarlo, mi fa piacere scoprire che siamo almeno in due. 🙂
    Ma forse è ignoranza mia.

  91. Oskar Lange (1904-1965) ci aveva provato, ma mancavano gli strumenti cui allude Ugo. Poi non so.

  92. Appello “pubblico” a Giovanna:

    I blog, anche i più acuti, vanno gestiti. Se no, succede che un bellissimo forum collettivo diventa uno Speaker’s Corner di Hyde Park dove due o tre oratori finiscono a parlarsi addosso tra loro, sopra le teste dei cittadini – sempre più sbigottiti, sempre più disorientati, sempre meno numerosi.

    Se, prima di arrivare a questo dotto minitorneo, tu avessi espresso anche la tua (magari con qualche breve battuta di precisazione o di incoraggiamento), non saremmo arrivati a una palese fuga del “pubblico”. Dopo questo interminabile scambio di palle da fondo campo, persino Lorenzo e Caracaterina si sono scoraggiati. Pensa te.

    Il tema che avevi lanciato, è palesemente interessante e coinvolgente. Ma qualsiasi dibattito (anche il migliore), va guidato. Il ruolo dei vari Lerner o Floris è altrettanto importante quanto lo è la qualità dei partecipanti. Persino quando giocano il Chelsea e Il Barcellona, ogni tanto l’arbitro è costretto a interrompere il gioco.

    La mia non è una ramanzina, ma solo un sincero incoraggiamento. Ciao a tutti.

  93. Essendo, come ho detto, un banale terragnolo tecnicastro abbastanza realista, osservo la storia e rifuggo dalla teoria della storia, uso la fisica e provo ad usare la matematica per spiegare la fisica. Il teorema diventa valido quando si applicano le condizioni al contorno cioè quando alla formula generale si applicano alcune condizioni reali. Il concetto di infinito, infinitesimo, limite, derivata ed integrale sono delle astrazioni matematiche utili per eseguire dei calcolo teorici, il punto, la linea, il piano sono astrazioni filosofiche utili per ragionare, ma non descrivono realtà, le formule canoniche assumono valore solo quando si appplicano le condizioni al contorno.
    Nella storia l’uomo è al centro degli avvenimenti, li determina e ne subisce le conseguenze.
    Come nella storia, anche nell’economia è l’uomo al centro, con le sue pulsioni i suoi errori e la sua mente.
    Tornando a comunismo, capitalismo e democrazia ed in barba a teoremi, mi sembra che si debba osservare che il comunismo è nato come rivolta per tentare una parificazione di condizioni di vita. E’ stato imposto e mantenuto con la forza ed è crollato quando chi era assogettato si è reso conto che altre persone campavano meglio. Il capitalismo sfrennato ha avuto momenti di gloria, ma, coome si raccontava in un celebre apologo, le braccia si accorsero che lo stomaco snza di loro non sopravviveva ed iniziarono ad avanzare qualche pretesa. I due estremismi cominciaro ad essere modulati verso il centro e nacque la socialdemocrazia che, chiamatela come volete, è il reale modo di vivere degli stati normali nell’accezione più larga del termine.
    Ed in questi stati la democrazia è nata e cresciuta non come grazioso dono del signore, ma come comodo mezzo organizzativo.
    Questo è l’uomo e la storia reale con tutti i suoi errori, pulsioni, brutture e libertà.
    Teorie, teoremi e Nobel che tendono a dimostrare il contrario forse sono matematicamente perfette, ma al di fuori della realtà.
    Lo so che queste mie povere riflessioni banali non possono competere con teoremi assoluti, ……ma fate solo 3 minuti di riflessione!

  94. Ben… Lange? Quello che voleva mettere la Statua di Mises (l’ economista che illustrò l’ impossibilità di calcolare i prezzi in assenza di mercato) nell’ atrio del ministero sovietico?
    La soluzione, comunque, non mi convince, anche perché oltre ai “costi” per la costruzione dell’ immaginario super-computer e per le improbabili interviste con cui costruire la “domanda”, ci sono da mettere in conto gli inquietantii “costi” per la costruzione dell’ “uomo nuovo” visto che l’ egalitarismo comporta anche un piccolo problema d’ incentivi.
    Purtroppo arrivati a questo punto concordo con Ben: il lato pratico diventa decisivo. Non trovo disperanti i risultati di Arrow: ci dimostra solo che il metodo del voto, avendo dei buchi, è costoso, e l’ unico modo sensato di procedere consiste nel confrontare questo costo con quello delle alternative. 
    Le soluzioni di mercato, a loro volta, sono costose perché il mercato “fallisce” (e lo dice un liberista). Ma anche la pezza a disposizione per tappare il buco è costosa: la politica fallisce forse ancora più di frequente.
    A tutto cio’ aggiungiamo il fatto che i costi sono sempre soggettivi.
    E allora? Allora ci tocca “conoscere”, avere un’ idea dei costi di cui parliamo, e il metodo migliore per “conoscere” ce lo insegna la scienza, è il metodo sperimentale: tentativi ed errori. Un metodo empirico possibile solo grazie alla libertà di sperimentare in concorrenza.

  95. @Till Neuburg
    Palle da fondo campo? Speaker’s corner? Al massimo qui si faceva serve and volley e gli argomenti erano da Nobel non da Cannes Lions festival. Moderi i termini. Il pubblico non è fuggito, basta vedere il contatore delle presenze. È fuggito lei e chi non sentiva o non desiderava di avere altro da dire. Mi pare legittimo ma non si faccia portavoce di istanze che magari altri non condividono; inoltre non capisco quale danno possa venirne a lettori che sono liberi di leggere o non leggere i commenti, sempre non dimenticando che il blog è di Giovanna e le persone seguono lei concentrandosi sui suoi post.
    Cosa l’ha urtata? Ci spieghi.

  96. @Till, come si diceva in un film “Quando il gioco si fa duri, i duri entrano in campo” ed i falsi duri “chiedono piagnucolando aiuto alla mamma”.
    Non so quanti o pochi abbiano seguito gli ultimi post, è vero con pochi attori, ma con argomenti “da far tremare le vene e i polsi” per dirla con il poeta.
    Si è ripetuta l’eterna lotta tra teoria ed applicazione pratica della teoria e, guarda caso, tra perrsone che, ma forse mi sbaglio, alla fine hannoo un pensiero simile.
    L’argomento, scatenato da qualcosa di poco più di un gossip, ha avuto uno sviluppo che lo potrebbe assimilare ad un Dialogo Platonico tra Saggi ed un Manovale.
    Non è questo il lo Speaker’s Corner giusto? Può essere! Allora apriamo un altro Corner dedicato a capire qualcosa di più dell’economia politica e lasciamo questa sezione per il solo banale continuo ripetersi del mantra: “Berlusconi se ne deve andare!”
    Il tutto con buona pace dell’intelligenza delle persone.

  97. A Till Neuburg e a tutti: la discussione che ha animato questo post è andata oltre l’argomento specifico, me ne rendo conto.

    Ma mi è parsa sempre interessante, autentica, e mai esibizionistica. Per questo non avrei fatto un paragone così duro come quello con lo Speaker’s Corner. Certo, non tutti hanno il tempo, le competenze e la voglia di intervenire: io stessa non l’ho fatto, non di certo per mancanza di interesse, ma perché era troppo impegnativo farlo per il poco tempo e la poca testa che ho a disposizione in questi giorni, per motivi personali.

    Ognuno, in un dibattito, può farsi l’opinione che vuole. A ognuno può stare più o meno simpatico il personaggio che ci cela dietro ai nomi di Ben, Ugo, Attilio, Broncobilly, Till Neuburg, e così via. Ma nessuno di voi, finora, ha mai mancato di rispetto né a me né ai lettori di questo blog. Ogni tanto qualcuno si infiamma più di altri, è vero, ma ci sta: è tipico delle discussioni, on line e off line, e non credo ci sia nulla da temere.

    In ogni caso, a me accade sempre di imparare molte cose, dalle discussioni che si danno su questo blog. Cosa che non mi accade così spesso nella blogosfera, dove fioriscono i mugugni e le invettive, più che i commenti articolati e motivati.

    Per questo sono grata a tutti coloro che animano le discussioni su questo blog. Inclusi coloro che le criticano.

    E se ogni tanto qualcuno sta un po’ antipatico a qualcun altro… c’est la vie, direi. In fondo basta dirlo, come giustamente ha fatto Till, sempre in modo estremanente rispettoso. Perciò grazie anche a lui.
    🙂

  98. Grazie Giovanna per il commento positivo.
    Unica nota aggiunta: sarebbe bello che ognuno di noi inserisse ANCHE il proprio nome vero (il mio vi assicuro lo è;e la A. tra nome e cognome non è un vezzo nobiliare, è solo per distinguermi dal molto più noto giornalista).

  99. A proposito c’è la possibilità di ….metterci anche la faccia?
    Anche per semplicemente salutarci se ci incontriamo da qualche parte:)

  100. Attilio, pensa te, il mio “nome vero” è Till Neuburg – come d’altronde hai fatto pure tu. Non-firmare con un nick, per me è sempre sembrato un dirty trick. Al momento giusto (cioè sbagliato), uno può sempre tirare indietro il piede: “Non l’ho fatto apposta”, “Ho mirato alla palla”, “E lui che ha voluto farmi male”, “Chiedete al Mister”.

    Se nei forum firmassimo tutti con nome e cognome, non dovremmo ricorrere al moviolone, giocare a ciappanò o fare comparsate da Dagospia.

    Mai capito perché uno si trastulla pubblicamente parlando da sotto il passamontagna: “Rischierei il posto”, “Ho già abbastanza grane”, “Tengo famiglia”.

    Le vie dei signori senza faccia sono infinite.

  101. Till, certamnte il tuo è un nome particolare e sono contento che Tu abbia chiarito…….apsettiamo gli altri!
    “Le vie dei signori senza faccia sono infinite.” dici tu…..proviamo a rendere finite nel senzo di terminate.

  102. Giovanna, grazie per la tua garbata risposta. Hai ragione, qui dentro (eccetto me), i toni sono sempre stati piuttosto sereni. Abbiamo letto parecchie testimonianze attente, profonde, colte. Ma ogni tanto, un Villaggio che rompe l’incantesimo dei cineforum dove non appare mai il liberatorio The End, può anche servire a fare un salto giù al bar. Fermarsi in piedi, tutto il giorno, davanti al distributore automatico della Cultura con la C majestatis, non mi eccita più. Nel mio day by day non ci sono solo le cialde accademiche, ma anche le amatissime e amarissime tazzine da sorseggiare – magari corrette con un goccio di Corrado Guzzanti e Altan.

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