Perché la campagna «Rimbocchiamoci le maniche» non funziona

Da quando la campagna del Partito Democratico «Rimbocchiamoci le maniche» è uscita (a quanto pare è di Aldo Biasi Comunicazione), le battute si sprecano.

Alla Festa Democratica Nazionale (Torino, 28 agosto – 12 settembre 2010) lo slogan era completato dalla frase «Cominciamo a sognare». E tutti a domandarsi quando mai la gente si rimbocca la maniche per sognare (clic per ingrandire).

Rimbocchiamoci le maniche. Cominciamo a sognare

Allora hanno messo «Per giorni migliori», ottenendo qualche settimana di decoroso silenzio.

Ora però sono apparse in tutta Italia queste affissioni, e tutti sono di nuovo scatenati: «che c’entrano i giorni migliori con quella faccia incazzata?», «che fa Bersani in quella posa da cowboy?», «e dopo che te le sei rimboccate, che fai?» (clic per ingrandire):

Per giorni migliori. Rimbocchiamoci le maniche Le Tasse sono aumentate e la pazienza è finita

I soldi per l'istruzione sono diminuiti e la pazienza è finita La disoccupazione è aumentata e la pazienza è finita

A parte la lunghezza e l’insensata organizzazione visiva della headline (sono in corpo maggiore e balzano all’occhio parole a caso come «Le maniche», «E la pazienza è finita», «Sono diminuiti», «È aumentata»), il problema fondamentale è l’immagine di Bersani.

È stata scelta, infatti, quella che io chiamo «estetica del corpo isolato su sfondo bianco» per rappresentare un leader politico che – date le maniche rimboccate – si vorrebbe proporre come un leader del fare, competente e combattivo.

Che cos’è l’estetica del corpo isolato su sfondo bianco? Quella che per esempio i marchi di moda usano per pubblicizzare profumi o intimo. Vedi D&G (clic per ingrandire):

D&G David Gandy per D&G

Chiaro che un’organizzazione visiva del genere serve a concentrare l’attenzione sul corpo – inevitabilmente bello – del soggetto umano fotografato, non certo a magnificarne le doti di pragmatismo. Ma concentrare l’attenzione sul corpo di Bersani finisce per sottoporlo a battutacce sulla pelata e le sopracciglia aggrottate.

Inoltre, imitare lo stile visivo dei marchi di moda per pubblicizzare un partito conferisce alla campagna un che di patinato, artificioso, e trasforma il partito in una confezione vuota.

Come non bastasse, è uscito anche lo spot. Che dall’estetica del corpo isolato è passato all’estetica del gesto: quello di rimboccarsi le maniche, appunto. Senza (neanche stavolta) proporre contenuti, perché Bersani non dice nulla e alla fine se ne va. Col risultato che in questi giorni molti blogger si sono effettivamente concentrati sul gesto – come lo spot induceva a fare – ma l’hanno associato a ben altra pratica: quella di iniettarsi eroina in vena. Vedi cosa ne hanno detto Mattina, Gilioli, Sofri.

30 risposte a “Perché la campagna «Rimbocchiamoci le maniche» non funziona

  1. Oh come lo aspettavo, questo post. 🙂
    Qualche settimana fa sono capitata a Milano e, in stazione centrale, sono stata “accolta” dai megacartelloni di Bersani. Confesso che il mio primo pensiero – del tutto istintivo – è stato “oddio, ma questo che vuole da me?”.
    Tra sopracciglia aggrottate, faccia truce e mole dei cartelloni (che erano giganteschi), mi ha proprio messo paura.

  2. La posa mi pare assai donpepponesca, e lo sguardo fisso con il busto frontale rimanda un po’ a un’iconografia da Quarto stato di Pellizza da Volpedo (http://2.bp.blogspot.com/_BddCDPA_ofA/S9sSp1rxoGI/AAAAAAAAGOo/i7vbJK91wmY/s1600/quarto_stato.jpg).
    Mi chiedo se è solo una mia idea; oppure se qualcuno, avendo avuto la stessa mia impressione ha magari anche segnalato il legame con gli aspetti verbali di questo messaggio: bruta risolutezza a oltranza, ma dichiarata solo “genericamente”, cioè una pars destruens pura sull’orlo del celodurismo che non può sfuggire al facile humor (iconico) della manica rimboccata

  3. Grazie Giovanna per questo esaurientissimo post.

    Posso solo aggiungere:

    1) che cosa ne pensano di questa campagna i tanti stagisti, laureati e neo-assunti che spesso vengono vampirizzati dalle aziende per poco più di mille euro al mese? Che devono ulteriormente rimboccarsi le maniche, o forse che la politica dovrebbe darsi una sveglia?
    2) chi è Bersani? Voglio dire, era credibile quando era sé stesso, competente e sanguigno, adesso è un’accozzaglia di “tanta roba”, da Peppone a V per Vendetta, con l’aggravante della risolutezza generica di cui parla Yahis.

  4. Mi fa piacere che la mia analisi di ieri, per quanto non approfondita, si ritrovi nella tua Giovanna.
    Una domanda: non credi che lo sguardo in camera degli attori, questa interpellazione artefatta del pubblico, contribuisca paradossalamente nell’occasione a rendere ancora più “falso” il racconto?

  5. Sigh.
    E’ un’ideina, un po’ sfuocata, che finge di essere un’ideona.
    Poiché, prima o poi, ci saranno altre uscite, propongo da subito qualche titolo per proseguire. Per esempio:
    – togliamoci la giacca
    – allentiamoci la cravatta
    – sistemiamoci i calzoni
    – stringiamoci le stringhe

    Non ho capito niente, può dire qualcuno, perché “tirarsi su le maniche” è una brillante metafora del darsi da fare?
    Mica vero.
    Illustrata dal gesto corrispondente, l’affermazione si riduce alla sua parte letterale. Specie nello spot. E, in affissione, nonostante i volonterosi (e lunghissimi) titoli.

    Insomma: non è che se l’headline fosse “voliamo più alto”, dovremmo per forza aspettarci di vedere Bersani in edizione aerea, no?

  6. Mah, nel video quella sfilza di gente bella e patinata, tutta in camicia (con camicie perfette senza una grinza), tutti sorridenti e felici di rimboccarsi concura le maniche, chi dovrebbe rappresentare? Gli italiani che sgobbano come matti per far quadrare i conti, entusiasti all’idea di fare altri sacrifci?
    A me sembra uno spot completamente avulso dalla realtà, se ci aggiungono un paio di scene con le stesse persone che si srotolano le maniche, ancora senza una piega, lo possono rivendere come pubblicità per un amido, un ammorbidente….

  7. dietro ad ogni campagna c’è sempre un committente. e in questa campagna si vede tutto e viene fuori alla grande. io la trovo una campagna molto onesta e aderente all’identità profonda del PD.
    – un partito lacerato. corpo isolato su fondo bianco sì: perché tra i vertici e la base ormai c’è un abisso. la base è la dietro ma non la vedi, oltre la coltre di nebbia
    – bersani è il cover man, ma non il leader, è un incassatore, l’hanno messo lì a prendere le botte al posto di baffetto. il jukebox suona la canzone di ligabue sbagliata, quella giusta è una vita da mediano
    – bersani non parla. se lo facesse dovrebbe “dire qualcosa di sinistra” di morettiana memoria, ma alla binetti, fioroni e… baffetto, non garberebbe . allora meglio stare zitti.
    – una posizione chiara. seduto sullo sgabello, te ne stai lì, mentre fuori il paese è in fiamme, poi ti giri verso il bancone e ordini un bianchino.
    – il gesto. quando non sai cosa fare , intanto ti tiri su le maniche, e ti slacci un po’ la cravatta, ti senti come il giornalista d’assalto quando arriva la notiziona in redazione. abbiamo l’esclusiva! poi ti rigiri verso il bancone e ordini un altro bianchino.
    Sicuramente i poveri pubblicitari, che in questo caso mi sento di difendere, hanno proposto anche altre idee ma nessuna sarà risultata indolore e neutrale come questa. ci sono prodotti, quasi impossibili da vendere. dovresti giocare totalmente di sponda, ma in quello berlusconi è imbattibile.
    in questi casi è meglio allora investire i soldi in research and development, migliorare il prodotto! oppure aprirsi al social advertising. la pubblicità del pd potrebbero farla direttamente gli iscritti, gli utenti, condividerla su blog, e votarla essi stessi. ma è già dura fare le primarie…

  8. D’accordo con le osservazioni di Valentina e Yahis. E con serveuntavolo sullo svuotamento dell’identità di Bersani: a furia di tirarlo di qua e di là, non si capisce più chi è.

    Marco D, non avevo letto il tuo post, ora sì. Più che “ritrovarsi”, direi che i due commenti si integrano a vicenda.
    Non mi sono concentrata sulle componenti verbali di questa campagna, perché in un post non si può fare tutto… 🙂

    Inoltre sul linguaggio di Bersani, fritto misto di burocratese, gergo colloquiale e turpiloquio, ho già parlato diverse volte in questo blog. Per esempio qui:

    Il linguaggio oscillatorio di Bersani

    Annamaria… bello “sistemiamoci i calzoni”, “stringiamo le stringhe” e il resto!!! … 😀

    Ed è verissimo: rinforzare la metafora del rimboccarsi mostrando (e addirittura estetizzando) puuure (e perdinci) il gesto riporta la metafora alla sua interpretazione letterale. Come tutti sappiamo, inoltre, ricondurre una metafora alla sua interpretazione letterale è un vecchio trucco per far ridere.

    Grazie a tutti!

  9. Un punto cruciale, rilevato da Giovanna e da altri, è che non si capisce che cosa Bersani e gli altri personaggi faranno una volta rimboccate le maniche (da cui le facili battute).

    Non viene detto, credo, perché Bersani e il PD non hanno deciso che cosa dire. Hanno idee vaghe su che cosa farebbero al governo e pensano che, se le precisassero, non piacerebbero.
    Credo che le ragioni di tutto questo siano forti, e non si possano discutere qui.

    Se le cose stanno così, il compito di qualsiasi agenzia cui si affidino mi sembra molto difficile, se non disperato – anche senza gli sbagli rilevati da Giovanna. Si può fare buona pubblicità a un prodotto con caratteristiche ancora indefinite?
    Non è una domanda retorica, me lo chiedo davvero, da inesperto di marketing.

  10. Pierluigi Bersani?
    Sangui reperibili 🙂

  11. Non avevo letto il post di Bruno, che dice meglio di me quello che intendevo e dà anche una risposta alla mia domanda.

  12. fabrizio, sono d’accordo anch’io con bruno. 🙂 Anche se va rilevato che i comunicatori bravi riescono a vendere oggetti inutili e identici a mille altri, facendoci credere che siano utili e unici al mondo. 😉

    Se si lasciano i comunicatori lavorare liberamente, ovvio. Cosa che un partito non è in grado di fare.

  13. questo blog è stupendo!
    bello ricco e chiaro.
    complimenti
    erica

  14. spiegazione semplice ed efficace di come spesso autorevoli comunicatori sbagliano le campagne di comunicazione. Credo che si tenda ad utilizzare molto approcci teorici o di moda senza mettersi nei panni della gente che sarà esposta al messaggio. In sostanza credo sia importante stare tra la gente e osservarla dal basso per capire modalità di ricezione e percezione di un messaggio che ha l’obiettivo di persuadere.

  15. Al di là dell’inefficacia di questa campagna particolare, è una mia impressione o ogni anno il Pd lancia una campagna che non ha nessun legame con le precedenti? Quella con gli omini che spingono via le parole, quella con i fumetti, quella con gli articoli della costituzione, questa delle maniche…
    L’idea di focalizzarsi per ogni campagna su un singolo argomento può anche essere intelligente, se non fosse che ogni campagna ha più parole d’ordine, che poi sono sempre le stesse. Ma che non ci sia mai un qualche elemento grafico oltre al simbolo del partito che accomuni tutte le campagne, che ci sia ogni volta un restyling completo, mi sembra trasmetta un’idea di incoerenza, come se ogni campagna non fosse figlia di un progetto politico, ma di tentativi alla cieca di intercettare il favore dell’opinione pubblica.

  16. Skeight: “tentativi alla cieca di intercettare il favore dell’opinione pubblica”. Peggio: tentativi alla cieca di farsi sempre più male.

    Ogni volta consulenti diversi, ogni volta non-contenuti diversi. È il caos, da tutti i punti di vista. Che, come giustamente alcuni hanno osservato, corrisponde al caos in cui versa il Pd. Anche in questo senso, la comunicazione non è mai belletto, mai superficie, ma rispecchia sempre elementi importanti e profondi dell’identità di chi comunica (o vorrebbe e non riesce). Anche quando la comuicazione non c’è, o è fatta male, essa significa. Non si può non comunicare… 😉

  17. l’idea del “rimboccarsi le maniche” a me piace, è bello quando tutti insieme ci si rimbocca le maniche e si porta a termine un lavoro, un progetto pensato ed in via di esecuzione. Si rimboccano le maniche architetti e imprenditori insieme agli operai spinti dal desiderio di partecipare alla realizzazione del progetto, diventa un gesto che da vita ad una comunione di intenti. Si rimboccava le maniche il grande Valentino Mazzola, ed era il segno che dava il via all’attacco fino alla vittoria. Mi pareva inspiegabile averla ridotta ad una pubblicità AVIS, poi i post di Giovanna e soprattutto quello di Ugo 🙂 mi hanno chiarito le idee

  18. Mi pare che la campagna pubblicitaria, in riferimento ai manifesti, riediti parole, slogan e ‘atmosfera’ del vecchio PC, ‘incazzato’ con i partiti a governo e pronto a dare battaglia in modo del tutto anacronistico, ora, dopo che dalla fondazione del Pd non si è fatto altro che ripetere di voler segnare un distacco forte dal linguaggio e dal modo di porsi della sinistra tradizionale. Mi chiedo dove sia finita la vocazione maggioritaria e l’apertura al centro. E’ fallita e ad essa è seguito l’avvicendamento Veltroni – Bersani, che, però, non ha una strategia chiara come mostra l’incoerenza fra i manifesti e i video.
    Nei primi si mostra chiaramente accigliato e insofferente verso la situazione attuale – quest’Italia alla deriva – le retoriche sono chiaramente quelle della sinistra storica che dichiara battaglia hai partiti al governo e quasi si sorprende ad ammiccare alla rivoluzione perchè “la pazienza è finita”. Parla allo zoccolo duro della sinistra, quella disorientata dal quadro politico attuale, dove le differenze fra partiti di governo e d’opposizione paiono annacquarsi e riferimenti valoriale confondersi.
    Nel video le immagini sono molto più soft e l’antisoggetto pare non essere più l’attuale governo e l’inerzia della politica ma la stessa società, incapace di un rinnovamento. Cosa vuole dirci questa campagna? Rimbocchiamoci le maniche per avere una politica che risponda alle esigenze dei cittadini, tradotto in un linguaggio spicciolo, mandiamo a casa Berlusconi o riniziamo a sognare, fuori dalle contrapposizioni, perchè in fondo siamo noi, ad aver perduto la capacità di cambiare il nostro futuro?
    Un’incoerenza rilevante nella comunicazione, che si mostra nell’organizzazione plastica: bianco e nero, linee nette, decise nell’headline per i manifesti che rimandano ad una linea politica dura, da vecchio PC, operaio, che lavora e si rimbocca le maniche e il materiale video, maggiormente euforico, colorato, anti-ideologico che si apre con un padre con in braccio il figlio, in perfetto stile veltroniano. In sostanza questa divergenza nella comunicazione forse rimanda ad un’incertezza più profonda, quella programmatica che sta dilaniando il partito.

  19. Fondalmentalmente l’impatto visivo è effettivamente traumatico.
    Di per sè, sapere l’esistenza di un politico conoscendone solo il nome e non il volto, e tanto meno il fisico, ha un effetto completamene diverso.
    Quando si mette un’immagine di una persona, questa immagine deve dare sicurezza, serenità.
    Invece queste immagini danno un senso di “paura”, non quanto per il soggetto, ma perchè sono vuote.
    Sembrano epigrafi : presagio ?

  20. a me non piace proprio questo spot…

  21. Dirò l’ennesima sciocchezza ma mi sembra che anche il testo sia poco azzeccato anche perché…

    I destinatari chi sono?
    Gli italiani che dovrebbero votare PD? Ma non sarà che questi ultimi pensino di non aver mai smesso di rimboccarsele le maniche, senza peraltro aver ottenuto nulla di buono?
    Inoltre sembra suggerire qualcosa del tipo: “visto che va tutto a schif, ci rimboccheremo le maniche”
    Ma fino ad ora dove siete stati? Fino ad ora avete ca**eggiato allora? Beh lo si era capito!

  22. Prof,l’uso di dispositivi visivi simili alle campagne pubblicitarie dei grandi marchi del lusso da parte dei politici non è una novità.A suo tempo i manifesti per l’elezione di Segolène Royal a presidente della repubblica francese avevano adottato uno stile simile a quello dei marchi di cosmetica.Piuttosto dovrebbe far riflettere che anche la “sinistra” punta nel discorso politico a far risaltare la persona piuttosto che i programmi.

  23. Cara Giovanna,
    lessi, quando lo pubblicasti, questo post sul “Rimbocchiamoci le maniche”.

    Mi sono visto costretto a ripensarci ieri, al cinema, quando prima dell’inizio del film è partito lo spot che hai segnalato. Non ti dico l’ilarità della piccola saletta dell’Odeon di Bologna. Il primo a farsi grasse risate è stato un tipo che pochi minuti prima ironizzava su Berlusconi e Gheddafi. Figurarsi se non ridono quelli della sponda politica opposta.

    Eppure sarebbe facilissimo ottenere l’effetto contrario, ossia ridere dell’avversario. Da oltre quindi anni siamo saturi di dichiarazioni con la smentita incorporata e finti miracoli, basterebbe proiettarli senza particolari sforzi creativi e l’impatto sarebbe assicurato.

    Cordialmente,
    tuo Alessandro Verdoliva. (cit.)

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  25. Complimenti Giovanna
    davvero molto interessante e utile leggere il blog.
    Sull’immagine di Bersani non sono completamente d’accordo.
    Trovo efficace la metafora delle maniche rispetto al target “indecisi”, cosi anche l’omone che guarda in macchina si mette bene in contrasto con il principale competitore, viene fuori un tipo diretto, disinibito, un po rozzo ma che alla fine può prendere in carico la partita e metterla a posto. ciao

  26. anchio ammetto che la prima volta che ho visto lo spot in tv ho creduto fosse una pubblicità sociale x sensibilizzare sul consumo di eroina

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