Perché non mi piace l’ironia del «Non studiate!» di Ilvo Diamanti

Ultimamente nella sua rubrica «Bussole» su Repubblica Ilvo Diamanti si sfoga. A Bologna si direbbe «gli è scesa la catena», laddove per catena si intende, metaforicamente, quella delle biciclette. L’ha fatto il 18 agosto, parlando dell’assurdità delle borse e del modo in cui incidono sulla nostra vita senza che ce ne rendiamo conto, con questi toni:

Ilvo Diamanti

«Insomma, tutto è chiaro e trasparente in questa economia globale. Possiamo stare tranquilli. Le democrazie non corrono rischi. E possono continuare ancora a lungo a colpi di taxation, senza problemi di representation. Come si sa, la credibilità del ceto politico e delle classi dirigenti, oggi, è saldissima. Le proteste “indignate”, le esplosioni violente dei giovani, il crescente peso dei populismi: un raffreddore per l’organismo sano della nostra Democrazia. Dove i cittadini, come nell’Atene di Pericle, si incontrano e discutono del presente, ma soprattutto del futuro, pardon: dei futures. Insieme, riuniti nell’Agorà. Cioè, nella Piazza. Affari.» (QUI tutto l’articolo.)

La tecnica retorica è ironia per capovolgimento di senso. Cioè: dice il contrario di quel che pensa lui e di ciò che accade nel mondo, per indurre un sorriso. Sorriso in questo caso amaro, perché la situazione implicata per ironia è negativa, preoccupante.

La stessa tecnica appare nel pezzo di oggi, che s’intitola «Non studiate!» (via Alessandra Farabegoli) e comincia così:

«CARI RAGAZZI, cari giovani: non studiate! Soprattutto, non nella scuola pubblica. Ve lo dice uno che ha sempre studiato e studia da sempre. Che senza studiare non saprebbe che fare. Che a scuola si sente a casa propria.

Ascoltatemi: non studiate. Non nella scuola pubblica, comunque. Non vi garantisce un lavoro, né un reddito. Allunga la vostra precarietà. La vostra dipendenza dalla famiglia. Non vi garantisce prestigio sociale. Vi pare che i vostri maestri e i vostri professori ne abbiano? Meritano il vostro rispetto, la vostra deferenza? I vostri genitori li considerano “classe dirigente”? Difficile.» (QUI tutto l’articolo.)

Ma mentre nel primo pezzo il capovolgimento ironico includeva un’analisi della situazione, ci faceva riflettere sul fatto che le democrazie sono ostaggio della finanza internazionale e noi non ci capiamo nulla, nel caso di «Non studiate!» l’ironia capovolge una sfilza di luoghi comuni: leggendoli, non impariamo nulla di nuovo, è roba che sappiamo già.

Non solo: l’articolo rischia di essere preso alla lettera, come invito a mandare tutto in malora, perché quei luoghi comuni sono ciò che oggi pensano, in modo più o meno confessato, un bel po’ di italiani. Un invito che fra l’altro resta sotto traccia anche se lo si legge ironicamente. Insomma, mentre col primo articolo l’ironia di Diamanti ci dava qualcosa, col secondo non ci dà un bel nulla.

Con l’aggravante che non solo non dà, ma toglie pure qualcosa a quelli che vogliono comunque studiare: il buon umore.

Dunque a che serve? Sfogo per lui stesso. Ma mentre lui si sfoga, gli altri si beccano l’amarezza e il senso di distruzione.

20 risposte a “Perché non mi piace l’ironia del «Non studiate!» di Ilvo Diamanti

  1. Vero. Il capovolgimento funziona se quello che capovolgi è in piedi. Non è il caso di quell’Italia che Maurizio Crozza ha efficacemente ribattezzato Assurdistan.

  2. “Non vi garantisce prestigio sociale. Vi pare che i vostri maestri e i vostri professori ne abbiano? Meritano il vostro rispetto, la vostra deferenza?”

    E’ a questo che serve studiare? Davvero? Non lo sapevo, credevo lo si facesse per una passione, ma si vede che mi sono sbagliato! Quanti anni sprecati! *sarcasm*

    Posso, parzialmente, comprendere il tentativo ironico dell’autore, ma qui è andato un po’ troppo oltre…

    Ha ragione, professoressa: credo che, alla fine di questo articolo, l’unico rischio sarebbe il manifestarsi dell’amarezza. Oltre all’impartire, a mio personalissimo avviso, una lezione pessima che, guarda caso, non andrebbe ‘studiata’.

    Opinione personale. E per fortuna che non la penso così, altrimenti i libri li avrei già accantonati da un pezzo.

  3. Sin dal primo anno di università tutti hanno cercato di scoraggiarmi, dall’alto della loro posizione di giornalisti/professionisti arrivati, col loro carico di “guardate che non troverete lavoro, è difficile, io ho fatto gavetta, ecc. ecc.”. Sono andata avanti per la mia strada e mi sono laureata, con la consapevolezza che trovare lavoro dipendeva dalla mia caparbietà e dalla mia determinazione. Per ora lavoro, tra qualche tempo chissà, però almeno ci provo e almeno sono consapevole di quanto questo paese sia abbandonato nelle mani di chi legifera per ottenere una lobotomia di massa. Studiare mi è servito e mi servirà, se non in Italia, in qualche altro Paese di sicuro.

  4. neanche a me è piaciuto, e pure io mentre lo leggevo questa mattina ho trovato tanti luoghi comuni da far schifo, sopratutto questo:

    Oggi la “cultura” passa tutta attraverso Internet e i New media. A proposito dei quali, voi, ragazzi, ne sapete molto più di loro. Perché voi siete, in larga parte e in larga misura, “nativi digitali”, mentre loro (noi), gli insegnanti, i professori, di “digitali”, spesso, hanno solo le impronte

    Qui l’ironia, se c’è, io non l’ho colta. Anzi, se uno lo legge con la premessa che è ironico è un conto, ma si fa fatica a recepirla. Rischia appunto di venir presso alla lettera.

    insomma.. una boiata. 92 minuti di applausi?

  5. i luoghi di Diamanti saranno anche comuni, ma sono tutti qui intorno e lottano contro di noi. Che poi la tecnica del rovesciamento mancato tendente alla lagna sia discutibile, è un altro discorso.

  6. L’unica attività critica che l’articolo ci suggerisce è contro-ribaltare la letterarietà delle parole di Diamanti per scoprire quale sia il suo vero pensiero. Grattando via l’ironia si va però di male in peggio perché si dipinge un’idea dello studio da Età dell’oro. Per questo l’ironia non funziona, è un problema logico prima che retorico: non si può affermare il contrario di un’inesistenza.
    Diamanti non si sta solo sfogando contro lo sciagurato nome della sua rubrica ormai ridotta a bussola che ha perso la Trebisonda: la sua è una richiesta di aiuto ai lettori perché si è perduto anche lui. Ognuno soffre del proprio mestiere e Ilvo ha chiesto troppo al suo strumento. Certo, Diamanti sa ancora riconoscere la geografia del Nord e i suoi consigli aiutano a raggiungerlo se è questo ciò che si vuole; si badi, è un Nord Magnetico ciò che calamita l’ago. Puoi sfuggire alla sua legge di natura se vali oro perché non basta una volontà di ferro.
    È Diamanti a tradire la bussola e a indicare una dimensione che la nostra non conosce. È lui a cercare retoricamente l’opposto del Nord guardando un punto astratto in alto sullo Zenith.
    Perchè è solo nel suo cielo che puoi scorgere la Città del Sole.

    Povero studio, ma più povero chi lo difende se questo è il suo registro migliore.

  7. Lo sfogo di Diamanti tradisce un forte senso di frustrazione dovuta alla consapevolezza della marginalità cui il proprio ruolo professionale è stato relegato…. sarà per questo che la tecnica del capovolgimento di senso non funziona? Eccessivo coinvolgimento emotivo?
    Certo fino a qualche tempo fa ( lustro?)…… il “professore” poteva contare sul e far contare il peso del proprio prestigio….ora evidentemente non vengono più ascoltati, o peggio s’illudono di trovare qualche interlocutore….
    Peccato!

  8. @giovanni Delfinio
    È colpa di una legge economica inflattiva: troppi professori=meno prestigio per la categoria. O non sono forse diventati troppi? Parliamone. Oggi la qualifica di professore è inflazionata: non vorrei sembrare un laudator però le università sono piene di improbabili insegnanti a contratto che fino a qualche decennio fatto avrebbero fatto storcere il naso anche al più indulgente dei padani della Serenissima. C’è un professore per tutto, addirittura alle primarie fino a oggi erano in tre, peggio dei carabinieri: non mi stupirei più di troppo se venisse indetta la cattedra di Ordinario per fornai, per apneisti o per la supercazzola. Di chi è colpa se il verbo “studiare” è stato disinvoltamente declinato in qualsiasi argomento potesse istituire un Corso di Laurea, di formazione, un seminario, un workshop, o altre amenità buone a spillar soldi?Di chi è colpa se un sacco di laureati è a casa a girarsi i pollici? È colpa di mia nonna? Mi dispiace moltissimo che il Governo abbia ritirato l’eliminazione di riscatto per gli anni universitari dal computo del totale necessario a andare in pensione: se avessero eliminato questa possibilità (ovviamente con anni riscattati col sistema contributivo, non certo retribuitivo altrimenti col cazzo che le persone avrebbero voluto pagare questo solito diritto a spese altrui) forse sul lungo periodo il sistema avrebbe avuto l’occasione di accorciare i tempi formativi invece che dilatarli all’infinito in quanto le persone si sarebbero rifiutate di accettare una formazione scolastica che se completata occupa 18-22 anni – non vorremmo mica farci mancare un dottorato che non si nega a nessunoo il Master, vero? Si sarebbe ricercata la densità: fare in 5 anni ciò che oggi si fa in dieci. Ma Berlusconi non è all’altezza del dittatore che per tutti è e che invece dovrebbe essere.
    Sono già finito in abbondante cacopedia, un gioco inutile perchè la realtà supera sempre la fantasia e Ilvo Diamanti difende un culto affossato in prima istanza da buona parte dei suoi stessi sacerdoti.

  9. Ho letto anch`io l`intervento di Diamanti. Temo che le sue vicende personali `(i problemi di salute di cui ha scritto su Repubblica) lo abbiano irrigidito su una linea immaginaria. Quell`Universita` che descrive e`mai esistita? Concordo con Ugo su questo punto. Sempre Ugo pero`chiama in causa (ancora una volta) i professori universitari, immagino senza distinguere tanto tra assistant, associate, e full. E mi prende una certa amarezza. Come restituire allo studio quella dignita`che ha perso, anche a causa della facilita`di conseguimento del titolo (sempre più frazionato in titoletti vari)? Nel mio piccolo, ho deciso che e`ora di tornare ad una certa selettivita`, di chiedere che solo chi e`in grado di studiare e acquisire certi strumenti vada avanti nel percorso. Facile a dirsi, ma molto meno a farsi, soprattutto considerando le pressioni extra-culturali che gravano su ricercatori e docenti unviersitari, come l`importanza delle tasse universitarie, l`opinione pubblica, i maledetti ranking, ecc.

  10. Sarà ironico e pieno di luoghi comuni, ma tra quei luoghi comuni purtroppo un fondo di verità c’è, ed è palpabile.

  11. Oh che barba!
    @Ugo: scusami, altre volte ti ho detto quanto ammiro il tuo acume e il tuo rigore logico, ma mi sa che stavolta ti sei un po’ fatto prendere dall’emotività Diamanti(na) e tu stesso ci hai fatto capire (!?!) 😛 nel primo commento che di ulteriori invettive sull’inutilità degli studi nel Terzo millennio non abbiamo bisogno…..
    Mio cugino acquisito, fa il Prof associato in Ingegneria elettrica a Manchester da qualche mese, dopo qualche anno di ricerca in Italia e a Londra sui sistemi energetici sostenibili, beh, incredibile a dirsi….pure lui a lamentarsi che studenti cinesi impreparati e con tanti soldi che vengono a specializzarsi anzi meglio, “a prendersi un pezzo di (carta) prestigio” in UK….
    Insomma anche le realtà studentesche più selettive soffrono gli stessi problemi che dal famigerato Bologna Process in poi…sembrano attanagliare senza sosta il mondo accademico italiano….
    Il problema a mio parere non sono i prof..delusi, arrabbiati o iperattivi che siano, ma è la mancanza di punti di riferimento e sopratutto l’amara consapevolezza di non poter esercitare più alcuna influenza su chi in realtà nelle stanze dei bottoni ci mangia e ci dorme…
    Io se fossi un prof come Diamanti, che ne so…. più che farmi pubblicare editoriali di indignazione-frustrazione, a sto punto mi butterei in politica, in quella reale..fatta di voti e compromessi beceri… chissà, può darsi che qualcosa di buono..venga fuori… con qualche intellettuale al Potere….

  12. @Giovanni Delfino
    Beh, la barba è tutta mia. Me la lascio crescere proprio per questo.
    Pensavo di aver detto all’opposto che non c’era più bisogno di ulteriori invettive sull’UTILITA’ di certi studi, ma tant’è 🙂
    In verità gongolo, perché dove non è riuscito il buon senso a eliminare buona parte delle cazzate che vanno sotto l’egida dello studio ci riuscirà la falce della crisi economica, con conseguenze peggiori di quelle che si avrebbero avuto se ciascuno avesse optato prima per un passo indietro. È come la storia delle pensioni, nessuna categoria ora vuole pagare qualcosa e così pagheranno tutti dopo e assai di più.
    Probabilmente mi starò sfogando anch’io (devo pur parodiare Diamanti, o non s’era capito?) ma spiace constatare come l’interesse prioritario della casta professorale non sia statisticamente dissimile da altri. Lamentarsi e favorirsi,inguaiando irresponsabilmente troppi studenti. Il punto è che siccome ci sono caste ben più favorite e abbienti, sembra che il potere politico del mondo scolastico sia poca cosa e invece non lo è per niente, essendo il primo gruppo professionale di riferimento del PD. O non ce n’eravamo accorti? Per questo accetto di ascoltare la parola dei docenti solo se il preambolo è autocritico.

    Non ho capito molto bene dove tu voglia andare a parare con l’esempio di tuo cugino e delle sue lamentazioni che francamente non comprendo. Per quanto concerne gli intellettuali al potere, si consiglia di dare un’occhiata al destino della soluzione platonica. È che l’intellettuale è come il gusto: ciascuno ha il suo e ognuno ritiene il proprio migliore di quello altrui.

  13. @ Ugo: l’esempio del cugino, che sta all’estero e fa il Prof a 34 anni , e che finisce su Report per dire solo una battuta in merito ai vantaggi che il governo inglese avrà dal suo impegno nella ricerca… era solo una storiella per dire che non ci si accontenta mai di nulla, e che lo studio è inutile ovunque ahinoi!
    E scusa, la barba forse non ce l’hai ancora abbastanza lunga, però stavolta ho colto una vena di disillusione nelle tue parole che da te non mi aspettavo!
    Diamanti, tu, io, Giovanna e tutto er cucuzzaro non possiamo fare niente?Allora non ci resta che fare qualcosa… anche di simbolico, tipo una protesta in Aula, due parole contro quello che non condivide…. dimostrare che studiare ancora vale la pena…. piuttosto, che aspettarsi che qualcuno ascolti dall’alto le sue lagne…

  14. @ Giovanni Delfino.

    Il problema è riorganizzare radicalmente l’Università in modo da separare il grano dal loglio, che oggi abbonda e soffoca il grano.

    Sei d’accordo che in Italia, molto più che altrove, molto più che in UK, molte Università, qual più qual meno, sono infestate da tanti parassiti — per restare in metafore agricole — da rovinare largamente il raccolto?

    Se sei d’accordo su questo abbozzo minimo di diagnosi, si può passare a discutere la terapia.
    Che funzionerà solo se caccerà i cattivi, e premierà i buoni. Fra i docenti prima, fra gli studenti poi.

    In Diamanti non c’è ombra né di diagnosi né di terapia, mi pare.
    Solo sterile lamentazione apocalittico-nostalgica, diciamo pure reazionaria, per quel poco che mi riesce di capire.

  15. @Giovanni Delfino
    Hai ragione tu. Tutte le ragioni del mondo non assolvono una disillusione.
    Alle armi, pensatori!
    Cum ira et studio 🙂

  16. Adesso non so se Diamanti volesse fare ironia, sarcasmo o semplicemente sfogarsi. Non so inquadrare bene la forma retorica che ha usato, bene o male… Conoscendo quello che lui scrive di solito, mi pare evidente che il suo sia un registro paradossale. In sintesi: la forma dell’articolo è discutibile, purtroppo il contenuto no. Naturalmente per quello che penso io…

  17. Ciao Giovanna: grazie per aver condiviso sulla mia bacheca (fallo più spesso!) il tuo intervento su Diamanti. Avevo letto il suo articolo. E in effetti, leggendolo, mi ero un po’ immalinconito, quasi depresso ed un po’ anche risentito. Ma alla fine l’ho trovato tutto sommato gradito. Quasi efficace per comunicare uno stato d’animo diffuso di inevitabile declino delle cose e dei pensieri.
    Poi ho letto la tua rigorosa disanima. Che trovo inappuntabile. E condivisibile. Quasi da applauso. Ma… Ma proprio perché le tue staffilate sono retoricamente corrette e vincenti nei confronti del pezzo di Ilvo, mi sono riscoperto a parteggiare istintivamente per il più debole (in questo duello). E cioè per il “povero” sociologo da te affettato. E non ho faticato molto a scoprire il perché di questo schieramento impulsivo: perché anch’io, nel mio piccolo, in quelle poche volte che trovo il tempo per scrivere di scuola e dintorni, mi abbandono alla (facile) (cinica) (onanistica) ironia, spesso al sarcasmo (acido) (arreso) (corrosivo) e talvolta ad uno sfogo incazzoso (ma sono incazzature dai risvolti nichilistici, non futuristi o riformisti o comunque inclini ad inneggiare ai soli d’avvenire). Ma perché credo che ormai il clima della nostra scuola (e non solo) sia questo. Poi lo so che dentro questo clima ci sono alcuni insegnanti (io, per esempio), e alcuni studenti (alcuni dei miei, per esempio), e alcuni bidelli e… che sono belli, bravi, buoni, combattivi… Ma il clima generale è questo. Al di là dalla buona volontà dei singoli.
    E io temo che se non si prende atto – in maniera cinica e crudele – di questo declino allo stadio finale, difficilmente possiamo sperare in una efficiente pars destruens che faccia da anticamera ad una possibile pars costruens. (ma qui mi fermo perché temo che simili elucubrazioni cerchino solo di mascherare il fatto che anch’io, come Diamanti…).

  18. Pingback: Primo giorno di scuola… « fahreunblog

  19. Già, Ilvo Diamanti… uno dei tanti che predica bene e razzola su Repubblica, il giornale dei nuovi padroni… lui che mangia dove sputa… mah!

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