Ho ricordato qualche giorno fa quanto sia utile, nella comunicazione politica, la capacità di stamparsi in faccia un sorriso quando serve: se non esce spontaneo, anche finto è meglio di niente.
È una regola elementare che conoscono anche i venditori di spazzole. Ricordi i sorrisi a trentadue denti di Berlusconi, buoni per tutte le occasioni? A volte esagerava, certo, ma con i sorrisi è meglio sbagliare per eccesso che per difetto.
Ebbene, più o meno da un anno quei sorrisi non ci sono più. Lo notavo anche il 6 ottobre scorso (vedi La faccia di Fini e Berlusconi).
Ma la faccia peggiore gliel’ho vista nella conferenza stampa che domenica ha tenuto all’ospedale Niguarda di Milano, dove si trovava per fare visita a Luca Barisonzi, l’alpino ferito in Afghanistan, quando ha commentato le parole di Bossi a Pontida.
Occhi sbarrati, sguardo fisso verso il basso: pareva un animale braccato.
Ora, poiché Berlusconi ha sempre dato prova di saper simulare, anche nelle situazioni più difficili, tutti i tipi di sorriso, l’assenza di questa espressione dal suo volto può essere presa come un indicatore attendibile della crisi profonda in cui versa: come politico, come comunicatore e anche, credo ormai, come uomo.