10 considerazioni dopo il voto

IN ORDINE SPARSO:

1. Queste amministrative hanno mostrato per l’ennesima volta che si votano le persone, non i partiti né gli schieramenti. Per gli analisti non c’era certo bisogno di un’ulteriore conferma del fatto che la personalizzazione della politica è ormai cosa assodata, ma vale la pena ribadirlo a fronte di un Pd che continua a fingere che non lo sia, dichiarando – per bocca di Bersani o Rosy Bindi – l’irrilevanza dei leader e l’importanza dei programmi e dei partiti. Falso: il partito è fondamentale per organizzare – anche economicamente – la campagna e il sostegno al/la leader, ma se il/la leader non funziona, non c’è programma né partito che tenga.

2. L’analisi della comunicazione politica è uno strumento predittivo forte: la sconfitta dei candidati del Pdl e della Lega era chiaramente scritta – a saperla leggere – nel modo in cui hanno condotto la campagna elettorale, soprattutto nelle ultime fasi (vedi Vince Pisapia). Detto in altre parole: per fare previsioni non ci sono solo i sondaggi.

3. L’analisi va sempre condotta in modo sistemico: non basta guardare la comunicazione di un singolo candidato, ma occorre esaminarli tutti in relazione gli uni agli altri. È solo così che si può misurare il polso di una campagna, tentando di capire chi vince o perde.

4. Che la comunicazione sia sistemica vuol dire fra l’altro che, se Pisapia e De Magistris hanno vinto, non è perché le loro campagne sono state fantastiche, perfette. Erano semplicemente migliori di quelle del centrodestra. E ci voleva poco, visto che queste sono state un disastro.

5. Le amministrative di Milano e Napoli hanno imposto l’arancione come il colore di quella che potremmo chiamare una «nuova sinistra», una sinistra «appoggiata ma non espressa» dal Pd, una sinistra che finalmente vince. Questo vuol dire che d’ora in poi l’arancione sarà il colore della sinistra che vuole vincere? E che fine farà il verde-bianco-rosso del Pd?

Pisapia sindaco Concerto per De Magistris a Napoli

6. Oltre che sistemica, la comunicazione è contestuale. Ci aveva provato Bologna, nel 2009, a colorare di arancio la campagna del candidato del Pd Flavio Delbono (vedi Candidato arancio), che vinse al secondo turno, ma poi fu costretto a dimettersi, la città fu commissariata e il resto lo sappiamo. In questa tornata elettorale il candidato del Pd Virginio Merola si è guardato bene dal colorarsi di arancio (per evitare ogni scelta, l’hanno fatto variopinto). In compenso si è colorato di arancio, per sbaglio, il civico Stefano Aldrovandi, che ha fallito campagna e previsioni, prendendo solo il 5% e un seggio in consiglio comunale. Perciò a Bologna l’arancione è ancora connotato negativamente: la vittoria a Milano e Napoli cambierà anche Bologna?

7. Che la comunicazione sia sistemica e contestuale è dimostrato, fra l’altro, dal discorso che ieri Nichi Vendola ha fatto a Milano. Troppo enfatico, sopra le righe: «Abbiamo espugnato il fortino», ha detto. Vendola parla così, lo sappiamo. Ma nel contesto di una città che ha scelto la pacatezza e moderazione di Giuliano Pisapia, pareva ancora più enfatico del solito, inadeguato. Fossi in lui, mi darei una regolata.

Vendola ieri in Piazza Duomo (NB: la giornalista stenta a stargli accanto):

8. Molti salutano queste amministrative come l’inizio della agognata normalizzazione della comunicazione politica italiana: basta con i toni urlati e sguaiati, si dice. Ma attenzione: la pacatezza vale per Pisapia a Milano, non certo per De Magistris a Napoli, che si porta appresso una buona dose di populismo antiberlusconiano tipica di Antonio Di Pietro e dell’Idv.

9. Se fossi nei dirigenti del Pd, trarrei dai risultati delle amministrative di Milano e Bologna questa considerazione: è solo alleandosi con Sel (e non con Fini o Casini, per esempio) che il Pd può vincere. Ovvero: senza Sel il Pd non va da nessuna parte. Il che non implica, dal mio punto di vista, che Vendola sia già maturo per essere un leader vincente del centrosinistra nazionale. Per le ragioni che ho detto in Il linguaggio di Vendola (1), Il linguaggio di Vendola (2), Il linguaggio di Vendola (3), Vendola e la retorica dell’accumulo.

10. Un’ultima riflessione «a caldo»: proprio per contribuire alla normalizzazione della politica, in questi giorni la sinistra farebbe meglio a mantenere la calma, evitando commenti troppo «calorosi».

🙂

 

30 risposte a “10 considerazioni dopo il voto

  1. Grazie dell’analisi così dettagliata. Sottoscrivo soprattutto i tuoi punti 7 e 10. Al mille per cento! (Ma come si fa a considerare la comunicazione e il linguaggio di Vendola ‘nuovi’ – come ho letto da qualche parte!?)

  2. Hai perfettamente ragione, soprattutto riguardo all’ultimo punto. Ho sentito ieri dichiarazioni tronfiali (il refuso è voluto). E poi, gli Stormy Six in piazza Duomo, che cantano “Stalingrado”… Allora è un’altra vittoria dei sessantenni?

  3. A volte quando i candidati sono tutti di basso profilo l’esistenza di un partito storicamente forte e consolidato su un territorio ( in Toscana per intendersi ) fa comunque la differenza, per tutti legami di potere e sottogoverno esercitati.
    Un ìanalisi che mi trova d’accordo e che condivido su FB.
    Ti leggo sempre con attenzione e spero di rivederti quest’estate, Giovanna, a Castiglioncello.

  4. Giusto: De Magistris e Pisapia hanno fatto campagne molto diverse. Così come ha fatto Zedda a Cagliari.
    Il dato che li accomuna – amio modesto avviso -non è che vincono perché non sono del PD.
    Vincono (penso) perché il loro modo di comunicare/raccontare risulta credibile, rispetto alla loro storia e al loro profilo.
    La stessa cosa era accaduta, guarda caso, pure a un candidato “istituzionale” del PD come Fassino.
    E’ questo senso di autenticità percepita che contraddistingue le campagne efficaci (a livello locale): i colori, gli strumenti, le parole, il linguaggio, possono variare ma il dato costante sta nella capacità di narrare la politica come un prolungamento credibile della propria identità e non come una maschera di cerone e twitter come accade all’ultimo B.

  5. Secondo me i PDL locali, e forse anche il grande capo, si sono dimenticati di essere un partito di governo e, invece di essere intelligentemente banali e realisti, si sono fatti irretire dall’attacco un po estremistico degli avversari politici ed hanno perso. Se Vendola avesse fatto il discorso trionfalistico prima delle elezioni di Milano, molto probabilmente Pisapia, che aveva tenuto intelligentemente un low profile, avrebbe perso.

  6. Che bello vedere il proprio pensiero espresso e comunicato così bene! Mi piace! 😉

  7. Concordo su tutto tranne che sul punto 6, nel senso che il nesso colore-consenso mi sembra troppo deterministico. Tra l’altro, ai tempi del post su Del Bono arancio avevo scritto che l’arancione era una sorta di colore per tutte le stagioni, adottate a destra come a sinistra. Se c’è una differenza rispetto ad allora, e che adesso l’arancione sembra più connotato non dico a sinistra, ma ai partiti non-berlusconiani. In questo senso, l’arancione potrebbe riprendere la sua connotazione originaria delle rivolte dei paesi post-sovietici contro i regimi semidittatoriali e filorussi (dall’Ucraina in poi); un’immagine che, di fronte alla deriva di Berlusconi di questi ultimi anni, diventa più realistica e meno esagerata rispetto al passato.

    Una notazione sul punto 10: ok mantenere la calma, ma ora meglio mantenere a livelli alti l’entusiasmo per favorire la mobilitazione in vista del referendum 🙂

  8. Complimenti per l’analisi. Leggendo i giornali, ascoltando i commenti dei vincitori, mi pare di rivivere la stessa situazione di quando è stato eletto Obama come successore di George Bush: non era ancora stato fatto nulla in pratica ma il solo fatto di essere il primo presidente di colore gli è valso un’aura di abilità e competenza che il tempo ha fatto scolorire lentamente.
    I toni del centro-sinistra oggi sono trionfali, ma credo che siano un tantino fuori luogo. L’enfasi data alla vittoria, oltretutto, nasce non dal successo del programma elettorale, ma dalla voglia degli elettori di mandare a casa Berlusconi. E questo, secondo me, non costituisce una solida base per migliorare la vita pubblica delle città e del Paese. Ricordate Prodi? Aveva vinto per lo stesso motivo. Poi ha concluso anzitempo il suo mandato proprio perchè non c’era un programma solido che valorizzasse quella vittoria sul centro destra.

  9. Skeight: nessun determinismo da parte mia, per carità. Nella comunicazione non c’è mai nulla di deterministico, è quello che ho cercato di dire parlando di effetti contestuali e sistemici.

    Però i simboli contano. E dopo queste elezioni è interessante capire se e come il problema del simbolismo cromatico sarà risolto dalla sinistra che, una volta fattosi divieto del rosso, è rimasta orfana.

  10. Che i programmi elettorali non contino sia in fase elettorale, ma soprattutto in fase di governo e in fase di post governo, è molto preoccupante.

    Giovanna: da come dipingi la situazione (e corrisponde al vero) sembrerebbe che sia tutto un lavoro costruito sulle apparenze, sull’estetica, più che sui contenuti?

  11. No, cara Ariaora, perché la comunicazione non è apparenza, ma sostanza. Comunicare vuol dire essere capaci di entrare in relazione con gli altri, che, nel caso della politica, sono gli elettori e le elettrici.

    In ogni caso, per quanto riguarda l’apparenza, conta anche quella, eccome: non è sufficiente, certo, ma è necessaria.

    Per quanto riguarda i programmi, tornano importanti nella comunicazione politica permanente, cioè dopo le elezioni. Una buona politica non smette di comunicare dopo che ha vinto. E i cittadini attenti non smettono di farci caso, subito dopo aver votato…

    🙂

  12. Giuliano Cuccurullo

    Questa analisi mi piace e condivido quasi tutto. Dissento sul punto 8, perché credo che a Napoli più che di pacatezza si è sentito il bisogno, secondo me, di una persona che rialzasse la voce. De Magistris ha saputo e sa incarnare la dignitosa rabbia di una delle città più belle del mondo relegate a essere pattumiera per antonomasia. è come se avesse dato voce a chi aveva paura di parlare. C’era bisogno di un sindaco così. Certo il lavoro comincia ora e tutto è d dimostrare, ma il solo pensiero di Napoli nelle mani dell’entourage di Cosentino mi dà ancora i brividi. Poi non sono d’accordo anche sul punto 9. Il PD se vuole vincere ha bisogno anche di IDV, non solo di SEL. Potrà non piacere a molti ma senza IDV non avremmo De Magistris Sindaco di Napoli e non avremmo avuto nemmeno Morcone ma soprattutto non avremmo i referendum che il PD non ha condiviso fino a poche settimane fa. IDV di certo non sarà proprio il massio come partito, ma ora come ora gli va riconosciuto il merito di aver tenuto la Sinistra compatta, mantenendo a Sinistra quegli elettori arrabbiati con la politica. Ovviamente questo è solo il mio pensiero. Un saluto a tutti.

  13. Molto interessante, anche i commenti. Faccio notare che i candidati vincenti hanno fatto campagna sul territorio nella maggior parte dei casi. Cioe`sono entrati in relazione con le persone, e si spera che l`attuazione dei loro programmi sia informata di questa processo di comunicazione.
    Un programma da solo non serve se non e`comunicato, magari direi condiviso, come ha fatto soprattutto Pisapia (a quel che so). La comunicazione del PdL e`stata centralista, e stavolta (anche se per pochi giorni) sembra che i gruppi di interesse siano stati un po`messi nell`ombra, forse anche a causa dei troppi compromessi con i governi targati Berlusconi.
    Dopo la campagna, aspettiamo la politica.

  14. Sono d’accordo su tutto. Aggiungo che però qui a Bologna non credo proprio abbia vinto la persona, che lasciava molto a desiderare, almeno a livello comunicativo. E’ che qui, grazie agli anziani del vecchio pci, ancora il Partito tiene. Penso però che abbia contato comunque la persona, nel senso del candidato sindaco leghista, che oggettivamente in una città come Bologna è (ancora) impresentabile (peggiorato tra l’altro dal comizio di Tremonti, e con Bossi che dice: “Conquisteremo la città”. Eeehh? Quale bolognese ha voglia di “essere conquistato” da fuori?). Insomma non so se nel nostro caso sarebbe bastata Sel se dall’altra parte non avessero completamente toppato sia il candidato sia la campagna.
    Sull’arancione: è un problema che mi sono posta perché sono di sinistra e personalmente detesto l’arancione (de gustibus…); tra l’altro qui era appunto il colore di Aldrovandi, quindi quando sono andata in Piazza al comizio del Pd di fine campagna elettorale e ho visto sventolare tante bandiere arancioni, ci ho messo un po’ a capire di non avere sbagliato appuntamento: erano le bandiere della Sinistra Giovanile, esattamente uguali nel colore a quelle di Aldrovandi. L’arancione non ha niente a che fare con la sinistra, è sbiadito, non lo vorrei proprio…

  15. Giovanna,
    capisco, come si dice: “la pubblicità è l’anima del commercio”; non ho niente contro il commercio, né contro la pubblicità in sé; certamente la comunicazione è necessaria per diffondere i propri prodotti materiali o immateriali, ma usare tecniche persuasive in politica non dovrebbe sollevare quantomeno discorsi etici elevati?
    La comunicazione è un mezzo, chi conosce il funzionamento della psiche umana può usarla come un’arma di controllo, strumento di persuasione?

    Riguardo l’apparenza, purtroppo, hai ragione, conta; anche perché noi siamo immersi in una cultura fondata sull’apparenza, sull’incoerenza, sulla superficialità, sull’istinto (nella sua dimensione meno intelligente).
    E conta anche il malcontento generalizzato ed è facile immaginare un cambio di voto netto quando il malcontento è ampio e diffuso. In questi decenni ne abbiamo visti parecchi di cambi.

    Hai ragione anche che i cittadini attenti non smettono di farci caso alla coerenza tra fatti e programmi, ma quanti sono questi cittadini attenti?

    Sicuramente conosci Edward Bernays meglio di me, cosa pensi dei suoi insegnamenti? lo insegnate a scuola?

  16. Non sono bolognese, però dal quel che ho letto e visto la comunicazione di Merola non mi è sembrata entusiasmante. Tutt’altro. A partire dagli slogan elettorali molto negativi. Credo che si votino prima di tutto le persone; a maggior ragione nelle amministrative, ma anche a livello nazionale perché il leader detta comunque la linea programmatica. Quindi la comunicazione può essere determinante solo se esprime comunque buoni contenuti. A meno che la campagna di Merola non sia stata la “meno peggio” a livello comunicativo.
    Credo che abbiano vinto i candidati che hanno parlato della città e non di politica nazionale, così come hanno fatto Pisapia e De Magistris. E credo che la carta vincente di Pisapia sia stata, come dici tu, la pacatezza; quindi la moderazione nei toni.
    Per quanto riguarda Napoli, credo sia stato più Berlusconi “anti-De Magistris” che il contrario; De Magistris ha parlato di Berlusconi solo in risposta a quello che Berlusconi diceva su di lui (come il fatto che gli elettori che lo votano sono senza cervello). De Magistris non ha fatto una campagna ideologica e lo dimostra il fatto che ha preso il 65% dei voti. Ha vinto a mani basse in tutti i quartieri della città. Credo sia un caso a parte; non ha vinto propriamente la sinistra, anche se De Magistris è una persona di sinistra. Il PD ha preso il 16%, minimo storico. Non avrebbe mai potuto rivincere a Napoli. E’ vero che sono di parte, ma non credo che abbia vinto il populismo – è stato più populista Berlusconi con le sue promesse. De Magistris ha comunicato (perché è) cambiamento e discontinuità. Anche Morcone ha comunicato discontinuità, ma una maggioranza del PD non poteva essere credibile.

  17. Giovanna, una domanda, se posso permettermi: per dirtela in termini propriamente semiotici, non è che hai sovrapposto un po’ troppo comunicazione e significazione?
    Immagino che essendo un blog aperto a tutti, calcare la differenza tra i due concetti sarebbe incomprensibile a molti, però, temo che si corra il rischio di enfatizzare un po’ troppo l’aspetto comunicativo propriamente detto a discapito di altri.
    E temo che questa centralità eccessiva attribuita alla comunicazione (intesa in senso lato e per così dire comune) faccia, involontariamente, anche il gioco di Berlusconi. In questo senso: partendo dalle premesse date per scontate che la comunicazione è fondamentale (per certi è addirittura condizione non solo necessaria, ma quasi sufficiente) e che Berlusconi sia un grande comunicatore, si trae la conclusione che è un’impresa straordinaria batterlo. Che ci vuole chissà quale trascinatore di folle, chissà quale EROE per sconfiggerlo, quando, mi sembra che la realtà sia più prosaica: Berlusconi vince e perde QUASI nella stessa misura, da quando è “sceso in campo”. E perde in certi casi contro personaggi che sono sotto certi aspetti il suo opposto. Personaggi “anticomunicativi”: Prodi, ma anche Pisapia (sono solo io che ho l’impressione che Pisapia sia un po’ impacciato e timido, che non domini il discorso, per così dire, quando parla?).
    Ahimè, questo però si tende a dimenticarlo: e se lo dimenticano anche a sinistra, lavorando così, inconsapevolemente, in favore del mito berlusconiano e di quell’aurea di invincibilità che lo circonda(va).
    E questo può servire anche a rispondere a chi ha messo in rilievo l’euforia che domina oggi la sinistra e che ha portato lo stesso Vendola ieri, parlando a braccio, a esagerare… Se ti eri convinto di aver di fronte il drago e lo sconfiggi, è ovvio che ti senti San Giorgio…

    Personalmente, la vera grandezza di Berlusconi (che è connessa con la difficoltà che ci sarà nello sconfiggerlo definitivamente) io la vedo nel fatto che lui sia, ancor più che un grande comunicatore, un grandissimo seduttore. E non è questione di lana caprina: il seduttore è uno che vuole il consenso, vuole piacere, vuole “far innamorare”, ma che quando ha raggiunto il suo scopo abbandona l’oggetto della sua seduzione, salvo poi ritornare quando comprende che a questo oggetto è passata l’infatuazione. Ritorna e lo riconquista, lo riabbandona e lo riconquista fino a che o la vittima non si “sveglia” e non ci ricade più oppure… arriva il convitato di pietra e si porta il seduttore all’inferno…

    PS. Riguardo all’analisi sistemica: giustissimo allargarla agli altri candidati, ma perchè non prendere in considerazione anche la comunicazione dei mass media (compresa quella web, ancorchè la ritenga ancora poco influente)? Credo che ne scopriremmo delle belle… Una polifonia di voci e, infine, una certa impotenza della comunicazione politica propriamente detta.
    Ecco, in questo caso, se l’analisi si allargasse a tutto il discorso sulla politica e non si limitasse solo al discorso della politica, mi sentirei di sottoscrivere in pieno l’importanza essenziale della comunicazione.

  18. Eccellente analisi, grazie, concordo su tutti i punti ma in particolare il punto 4 e soprattutto il punto 9.
    Riguardo il “caso” De Magistris, sarebbe preferibile aspettare i suoi primi 100 giorni da sindaco, sulla sua candidatura ed elezione ci sarebbe molto da dire, ma l’elettorato è sovrano, come è sovrana la grande astensione al voto dei napoletani (!)
    E il PDL? Il grande sconfitto è la leadership, il Leader Berlusconi, sta pagando tutti i suoi errori, soprattutto quello di aver sottovalutato i suoi nemici e aver offerto il fianco alla magistratura soprattutto quella di Milano che non gli concederà nessuno sconto e di conseguenza l’opposizione troverà il “tappeto rosso” per vincere le elezioni amministrative (il tuo punto 4) ma anche i referendum (raggiungimento del quorum).
    In entrambi gli schieramenti ci sarà molto da lavorare, la sinistra che deve, a mio avviso confluire nel SEL di Vendola, e non viceversa, e nel PDL ricostruire un grande partito popolare di centro destra cattolico, cominciando a fare pulizie al suo interno partendo dai coordinatori regionali (Cosentino in Campania) e perchè no ascoltando il consiglio di Giuliano Ferrara cominciando attraverso le primarie ad eleggere i prossimi leader.
    Un cordiale saluto.

  19. Oltre alla comunicazione, contano poi anche i contenuti, come hanno detto altri.

    Berlusconi è stato molto votato anche perché prometteva o faceva sperare in una rivoluzione liberale almeno parziale – meno burocrazia, meno Stato, meno tasse – che a molti piaceva per buone ragioni. Rispetto a un’opposizione che appariva, e anche spesso era, più statalista.

    Adesso Berlusconi perde consenso anche perché quelle promesse, dopo 15 anni, non sono state mantenute. Nonostante che le opposizioni offrano poco di attraente per chi non ne può più di uno Stato sotto molti aspetti troppo costoso, intrusivo e inefficiente: piccoli imprenditori, artigiani, liberi professionisti, commercianti, lavoratori autonomi, e chi, magari in famiglia, ne ascolta e condivide le ragioni.
    Ormai costoro percepiscono – aspetto comunicativo questo! – che alle sue promesse non ci crede più neanche lui.

  20. non condivido il punto su Vendola (mentre concordo con alcune delle cose che avevi scritto sulla comunicazione di Vendola), quelle parole erano quelle che in tanti volevano sentire esplicitate, uno sfogo dopo una campagna elettorale perfetta ed equilibrata, quasi una liberazione, un prendere il fiato e lasciarsi andare. Stava parlando a una platea molto più ampia di quella che era in piazza a Milano, mandando un segnale a dire che la strada del nuovo centrosinistra è quella.

  21. Cara Giovanna,
    per quanto riguarda il tuo primo punto, proprio ieri ho messo giù una considerazione attinente all’elezione di De Magistris. Spegneva un po’ l’entusiasmo e i facili sentimentalismi dell’elettorato di Rifondazione che rivendica un ruolo attivo in questa tornata elettorale. Non a caso mi è stato risposto di non considerare i NUMERI e di pensare a festeggiare. Insomma un attestato di stima. La mia considerazione è la seguente:

    Va riconosciuto come merito di Rifondazione l’appoggio al candidato dimostratosi vincente così come va riconosciuto al PD l’ennesimo errore strategico. Stando ai numeri però Rifondazione ha preso il 3,66% (SEL 3,97%), quindi anche senza il suo appoggio De Magistris sarebbe approdato al ballottaggio. Tenuto conto anche del numero di preferenze personali raccolte al primo turno da De Magistris (59.781) credo sia stato lui (o la sua persona/personalità/personaggio) il vero artefice della vittoria, non a caso Lettieri può vantare su 179.575 voti solo 2.674 preferenze personali.
    Se sbaglio mi “corrigerete”!

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  23. Per quanto riguarda Vendola, ho letto quello che ha detto Pisapia oggi nell’intervista al Corriere: “quando si va in una città che non si conosce, più che parlare bisognerebbe ascoltare”. Una lezione che spero che il presidente pugliese impari al più presto.

  24. (Così come dovrebbe imparare quella che un grande leader politico non parla solo al sistema simpatico dei suoi militanti, ma a tutto il Paese).

  25. Come disse René Magritte,
    “Questa non è una pipa”

  26. Magritte-pipe
    Come disse René Magritte,
    “Questa non è una pipa”

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  28. Sono d’accordo su tutti i punti, e lo scrivo anche nel mio blog, ma non sul 7 e sul 9… Non con ciò che dici di Vendola. Teniamo presente che Vendola non si presenterebbe mai come leader autocratico del nostro paese, e la sua specificità sta proprio nel dire ciò che pensa con eleganza. Infatti, nel suo discorso dal palco di Milano, ha parlato anche di questo: “ha vinto l’Italia dell’eleganza e delle passioni”, e parlava a Milano, la capitale della moda e delle Cinque Giornate, contestuale no? Vedi, Giovanna, se si estrapola una sola frase di un discorso è facile fraintendere. Ma ogni tanto lasciamo ai politici anche la possibilità di dire la loro gioia e la loro speranza, e ci renderemo conto della differenza tra l’uno e l’altro, di ciò che sono davvero. Le gioie e le speranze di Berlusconi le conosciamo fin troppo bene, di altri vediamo solo la maschera… E questi estremi non mi piacciono.

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